67 - Vigilia

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Se a quella cena ci fosse stato qualcuno a fare da spettatore, non avrebbe pensato che fossimo una famiglia completamente disastrata. Certo, non eravamo nemmeno una famiglia normale, ma io ci stavo mettendo tutto me stesso per essere allegro e spensierato sotto quelle vesti che non mi calzavano a pennello.

Oliver, non appena era arrivato, mi aveva abbracciato e mi aveva sussurrato all'orecchio che sarebbe stato dalla mia parte e che avrei potuto contare su di lui, se mi fossi sentito inadatto. Lo avevo ringraziato, e in seguito mi aveva presentato alla fidanzata, Julia, ancora più bella di quanto non fosse nella fotografia nel loro salotto. I miei erano corsi a salutarla e io mi ero rattristato nel vedere il modo in cui la trattavano: sembrava che lei facesse parte della famiglia, al contrario di me. In fondo avrei dovuto aspettarmelo, ci sarebbe voluto molto tempo perché mia madre mi guardasse con affetto e mio padre con orgoglio.

Dovevo resistere.

Per fortuna, la presenza di Oliver e Julia aveva alleggerito i toni della cena: gli argomenti spaziavano e, sebbene riguardassero quasi unicamente loro due, almeno si poteva dire che riuscissi a respirare. Ogni tanto intervenivo e gli occhi azzurri di Oliver erano contenti nel parlarmi.

«Quando ci darete dei nipotini?» domandò mia madre, sorseggiando del vino rosso. Le era sempre piaciuto e conservava in cantina una scorta di vini pregiati, del quale io non ero un estimatore e nemmeno un appassionato.

«Mamma, è ancora presto!» esclamò Ollie, imbarazzato, e si assicurò che non lo fosse anche Julia, che ridacchiò.

«Prima dovete sposarvi» commentò papà masticando un boccone di arrosto.

«Tutto a suo tempo. Conviviamo solo da un anno!» Oliver abbozzò una risata. Cercò il mio sguardo, come se potessi essere il suo salvataggio, e lo stomaco cominciò a gorgogliare di euforia.

«E tu, Greg?»

La voce di mio padre mi fece scattare. Era la prima volta, in quella cena, che qualcuno che non fosse mio fratello si rivolgeva direttamente a me. «Io...?» biascicai.

«Non vuoi sposarti e avere una famiglia?»

Il cuore mi batté forte, mi venne l'istinto di rigirarmi la treccina tra le dita, ma resistetti. Non avevo nemmeno il trucco a celare la mia espressione. Ero nudo e vulnerabile... e terribilmente a disagio. Dovevo abbattere quel muro, dovevo dimostrare chi ero diventato in quegli anni e far capire che non ero più soggiogato dalla paura.

Basta nascondersi.

«Sarebbe bellissimo» dissi. «Ancora non ho pensato a qualcosa come il matrimonio, ma credo di aver trovato qualcuno che mi rende davvero felice, e potremmo sposarci, un giorno...»

«Non dire sciocchezze» mi interruppe mia madre. Sul suo volto c'era disprezzo, lo stesso che mi aveva riservato troppe volte. La paura stava tornando. «Come puoi sposarti, tu?»

«Adesso è possibile» sussurrai. Cercai un appiglio in Oliver, così come prima aveva fatto lui, allungai il braccio sotto al tavolo e gli strinsi la coscia.

«Mamma, andiamo» intervenne subito, poi si rivolse a me: «Come si chiama?»

«Warren.» Bastò pronunciare il suo nome per calmarmi e ridarmi la forza. Avevo un'infinita voglia di sentirlo, ma avrei dovuto aspettare ancora un po', soltanto un po'. «Lui è etero, sapete?» Mi guardarono smarriti e io scoppiai a ridere.

«Non credo di essere un'esperta» fece Julia, pensierosa, sembrava cercare le parole adatte, «ma come può essere etero, se sta con te?»

Risi per l'ennesima volta e risposi: «Dice che ho l'esclusiva, che io sarò l'unico ragazzo della sua vita perché non è attratto da altri maschi.» Giocai col perimetro del bicchiere, lisciandolo con un polpastrello. «Mi ripete sempre: "Sono etero al cento percento, meno il Rory percento"» provai a imitare la sua voce calda e roca, però non mi riuscì molto bene. «Non chiedetemi quale sia il risultato di quest'operazione, considerando che la mia percentuale di omosessualità è del centodieci percento.»

Come Guardare il SoleWhere stories live. Discover now