37 - Leone

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Non riuscivo a smettere di tremare, perciò tenevo la mano al di sotto del tavolino, sperando che nessuno se ne accorgesse. Seguii col volto Warren, che si stava dirigendo al nostro ombrellone con lo sguardo iracondo. Non aveva tutti i torti: Leo l'aveva provocato e io sapevo quanto Warren fosse irascibile quando qualcosa non gli andava bene, perché, nel suo mondo, o si era come lui o ti avrebbe fatto capire che gli stavi antipatico.

Tuttavia, non volevo rovinare la vacanza, già dal primo giorno, soltanto perché Leo ci aveva provato con me e aveva cercato di fare il cavaliere che salvava la donzella in pericolo. Io non avevo di che temere e Leo non era il cavaliere che volevo mi salvasse. Se fosse davvero successo qualcosa per cui sarei diventato una principessa in pericolo, allora era Warren colui che doveva proteggermi.

Non potevo che rimarcare il mio sentimento nei suoi confronti, mi piaceva da impazzire. Forse era anche qualcosa di più, ma ero spaventato di pronunciare quelle parole, mi avrebbero legato in maniera indissolubile a una persona che non mi voleva. Non nel modo in cui lo volevo io.

«Che maleducato» disse Leo.

Lo guardai, per poi tornare con gli occhi su Warren, ormai aveva raggiunto l'ombrellone e aveva aperto la mia borsa. «Sei tu che hai esagerato» risposi con durezza. «Warren è una brava persona, ti abbiamo detto che stava scherzando, ma tu hai continuato a ribattere. Per cosa, poi?»

«Non mi pare di aver esagerato. È lui che ha iniziato a blaterare di assurdità e...»

«Vado da lui.»

Non attesi che finisse, non mi importava nulla e non gli avrei dato ragione in ogni caso. Kevin fece un cenno d'assenso e mi scusai con loro, prima di correre da Warren. Lo raggiunsi, si stava infilando i pantaloncini, mostrando la curva del sedere. Mi distrassi e feci cadere l'occhio su di esso: era perfetto al di sotto del costume blu notte con strisce bianche, che gli stringeva sulle cosce e gli avrebbe fatto rimanere il segno dell'abbronzatura. Deglutii un paio di volte, prima di alzare lo sguardo.

«Che vuoi?» domandò furioso. «Tornatene da quel Leo che ti sbava addosso e non vede l'ora di portarti a letto. Che ci fai con il mostro omofobo che tutti odiano?»

Se non fossi stato sicuro della sua eterosessualità, quella sarebbe potuta somigliare a una sceneggiata di gelosia. Un lieve calore si espanse nel petto e mi avvicinai di un passo. «Potevi evitare di sottolineare davanti a tutti i sentimenti di Leo, non è stato carino.»

Perché lo dissi? Non ero forse corso da Warren per non farlo andare via? Tutto ciò che mi premeva sapere era se fosse arrabbiato con me, ma ero diventato improvvisamente imbranato e avevo virato su un discorso di cui nemmeno mi importava. Perché ero così agitato? Dov'era finita la mia spavalderia? Distrutta, annientata, dilaniata dall'anima di Warren. Era lui che doveva ristabilirla in me, doveva plasmarmi da capo, creare un nuovo Rory.

«Se l'ho capito io, credimi, l'hanno capito anche tutti gli altri, persino Trey. Quel tipo non fa altro che mostrarsi attento a ogni minima cosa che ti riguarda, e mi fa imbestialire.» Rinunciò a mettersi la maglia, l'accartocciò per la rabbia e la gettò sul lettino. «Come si permette di giudicare il mio modo di scherzare e il mio rapporto con te... Come se il suo fosse l'unico corretto!»

Non capii come mai Warren si fosse imbestialito così tanto per qualcuno che neppure conosceva. C'entravo io? Smettila di costruire castelli di carta. Warren non è interessato a te, ingoiai ancora.

«Sai come sono» continuò lui. «Non ti ricordi il nostro primo incontro al locale? Non ho peli sulla lingua, dico quello che mi passa per la mente, ogni singola cazzata. Se puoi conviverci, bene, altrimenti non possiamo essere amici. Questa è la mia filosofia di vita.»

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