61 - Nonni

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Rory raggirò una sbarra automatica per poter entrare in una corte privata e io lo seguii, l'intero perimetro era delineato da villette che sembravano avere almeno un secolo, alcune di esse avevano persino l'intonaco che cadeva a pezzi o sbiadito, altre la ruggine sui cancelletti o sulle inferriate delle finestre, eppure quei pochi metri quadrati ti facevano sentire al sicuro.

Lo scricchiolio della ghiaia sotto ai piedi era rilassante, ma lo stesso non potevo dire del mio petto: batteva incessante, rumoroso, assomigliava al fastidioso trapano che ti svegliava troppo presto al mattino, quando c'erano lavori in corso nel palazzo.

Stavo per incontrare i nonni di Rory. Sapevo che erano le persone più importanti nella sua vita e che erano la sua famiglia, ma non sapevo altro. Non ero nemmeno a conoscenza di cosa fosse successo ai suoi genitori e, sebbene fossi curioso del suo passato, non l'avrei mai costretto a parlarmene, se voleva evitarlo.

Tuttavia, l'ansia non era dovuta soltanto all'imminente presentazione: dovevo cercare di contenermi, non parlare a sproposito, evitare battute indecenti e non flirtare troppo con Rory davanti a loro. Ne sarei stato capace? Ma, soprattutto, sarei piaciuto ai nonni? Sembrava di andare al patibolo... o all'incontro coi suoceri. In un certo senso, lo era.

«Non ce la faccio più con tutte queste valige!» esclamai per fuggire alle seghe mentali di un ragazzo nel panico. «Potevi portare meno roba.»

«Ti ricordo che starò via un mese intero» mi rimbeccò Rory. Si avvicinò a un cancelletto e posò il mio borsone a terra, decisamente più leggero rispetto alla sua valigia e allo zaino enorme che portavo sulle spalle.

«E hai davvero intenzione di usare tutto?»

«Tutto.»

Rory ammiccò e suonò il citofono.

Ci volle qualche secondo affinché la voce di un'anziana signora provenisse dall'interfono e, in men che non si dica, fui accolto dall'odore di mobili a me sconosciuti, un profumo invitante proveniente dalla cucina e una leggera fragranza di vaniglia. I miei occhi si posarono ovunque: sul divano consunto ma dall'elegante copertura a fiori; sul tavolo dove svettava un vaso di girasoli finti; sulla credenza nella quale erano messi in bella mostra piatti in ceramica decorati, alcuni sicuramente da un bambino.

Sorrisi e il mio indagare fu interrotto da Rory che si lanciò a braccia aperte sulla nonna, una signora più bassa di lui, coi capelli ricci e ormai ingrigiti, sebbene ci fossero dei rimasugli di tinta; aveva attorno alla vita un grembiule blu pieno di margherite e altri petali erano cosparsi sul vestito al di sotto. Era tutto così floreale che mi fece sorridere ancora.

«Amore mio, mi sei mancato.»

«Anche tu, nonna.»

Vederli abbracciati mi provocò una dolce stretta allo stomaco. Erano belli.

«Piacere di conoscerla.» Allungai la mano destra, quando si staccarono, tuttavia lei mi prese per gli avambracci e mi stampò un bacio su entrambe le guance, con la risata di Rory in sottofondo.

«Il piacere è tutto mio. Chi rende il mio piccolo Gregory felice è sempre il benvenuto.»

Mi fece strano sentire qualcuno chiamarlo col suo nome intero. Io l'avevo scoperto soltanto dopo mesi e Rory mi aveva vietato assolutamente di usarlo, forse era una prerogativa dei suoi nonni e basta.

«Dov'è il nonno?» domandò Rory.

«Nell'orto, sta raccogliendo le pesche e le albicocche.»

Gli occhi cerulei di Rory si illuminarono.

«Perché non sistemate le valige» disse ancora lei, «così dopo mi aiutate a preparare la tavola.»

Rory acconsentì e mi prese per mano. «Ti mostro anche la casa, nel frattempo.»

Come Guardare il SoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora