72 - Sole

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«Guida piano, Trey.»

«Sì, mamma» risposi e infilai i guanti da moto stringendo un paio di volte i pugni.

«E non siate troppo tristi, oggi.»

Incastrai gli occhi nei suoi e annuii. «Non lo facciamo per rattristarci, ma per ricordarlo col sorriso.»

Mia madre mi accarezzò la guancia con dolcezza e mi sorrise. «Siete dei bravi amici.»

«È un'idea di Kevin.»

«Quello è un bravo ragazzo» disse papà, che sopraggiunse dal corridoio reggendo il portatile. «Ha avuto una splendida idea per non rammentare l'accaduto solo come una tragedia.» Si sedette sul divano, posò il computer sul tavolino basso di fronte e lo attaccò alla presa.

Fu sufficiente quella frase per scaldarmi il cuore e farmi sorridere genuinamente.

Le cose tra me e mio padre erano cambiate negli ultimi tempi, e in meglio: ero tornato dai miei circa un mese dopo la riconciliazione tra me e papà, nella quale avevamo deciso di riprovare a essere una famiglia.

All'inizio avevo pensato di continuare a vivere con Kevin, però era stato proprio lui a convincermi di fare un passo indietro. Aveva usato come argomentazioni il fatto che non dovevo sprecare altro tempo senza i miei genitori, io che ne avevo l'occasione; che era molto più importante ristabilire il rapporto con loro prima che fosse irrecuperabile; e che io e lui avremmo avuto una vita davanti per una casa tutta nostra.

Con il volto in fiamme, avevo acconsentito e mi ero ritrasferito nella mia vecchia villetta.

Per i primi tempi era stato complicato, mi ero dovuto reinserire con cautela tra quelle quattro mura che mi erano diventate ostili; poi però, un passo dopo l'altro, le cose si erano sistemate in gran parte.

Papà non aveva ancora del tutto accettato il mio essere, ma, perlomeno, non dovevo più nasconderlo. Inoltre, aveva avuto modo di conoscere Kevin (ormai era ospite fisso almeno una volta alla settimana) e, dopo i primi imbarazzi e contrasti, papà era arrivato alla conclusione che non era un cattivo ragazzo. Quello era abbastanza per me, così come il fatto che i litigi si fossero ridotti.

Chissà se e quando sarebbe stato d'accordo con le mie scelte e l'avrei reso orgoglioso di me.

«Ricordati le caramelle» mi ammonì mia madre. Indicò il sacchetto sulla poltrona e lo presi subito, prima di dimenticarlo per davvero e sentirne di ogni da Kevin. Da quando mia madre aveva cominciato a viziarlo con pacchetti di caramelle, le sue preferite per giunta, se la prendeva con me quando mi presentavo a mani vuote.

«Non gli fanno bene» commentai. «Se continua così diventa uno zucchero dipendente.»

«Le dividete tra voi» spiegò lei. Appoggiò una mano sulla mia spalla e sospirai sconsolato.

Dopo di che fui pronto per uscire. Mi misi in sella alla moto e feci rimbombare il motore, poi partii sfrecciando per le strade; attorno a me c'erano bambini travestiti da mostri, supereroi e creature magiche, ognuno con un sacchetto tra le mani e il sorriso pieno di dolci. Alcune case erano addobbate con zucche e festoni, l'atmosfera era festaiola; persino noi avevamo intagliato una zucca e l'avevamo messa di fianco all'ingresso, con all'interno una candela profumata che risplendeva attraverso gli occhi vuoti.

Fui presto a casa di Kevin, mi feci aprire e parcheggiai la moto all'interno. Salii al secondo piano, dove la porta era stata lasciata socchiusa apposta per me, e annunciai la mia presenza.

Mi accolse Lottie, avvolta in un abito dalle maniche lunghe di un nero lucente, una cintura fucsia aggiungeva un tocco luminoso, così come i leggins dello stesso colore. «Il tuo bello sta finendo di prepararsi» disse e mi diede due baci sulle guance per poi scomparire in cucina.

Come Guardare il SoleWhere stories live. Discover now