23 - Supereroe

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Perché mi trovavo di nuovo insieme a Bryan? Com'ero finito con quello stronzo patentato che non faceva che pensare a prendermi con violenza nei bagni del locale... Semplice: avevo cercato qualcosa con cui distrarmi dopo la fine della Kevory.

Avevo il cuore diviso a metà, nonostante fossi stato proprio io quello a lasciare Kevin. Sapevo che era la cosa giusta da fare, non poteva andare avanti ancora per molto, quando il suo cuore non apparteneva a me e mai sarebbe appartenuto a me.

Avevo sperato sul serio che diventasse mio, che potessi essere felice con una persona bella come lui... ma era ovvio che sarebbe dovuto succedere qualcosa che si intromettesse nella mia felicità e che me l'avrebbe portata via. Quando mai non accadeva?

Non potevo nemmeno dare la colpa a Trey. Non potevo farci niente se lui era diventato così speciale agli occhi di Kevin, potevo solo rimanere in silenzio e soffocare la tristezza dietro a un finto sorriso.

Ma avrei dovuto farlo tra le mura di casa mia, non assieme a Bryan. Avevo sperato che potesse trasformare una serata di merda in divertimento puro, ma non avevo affatto voglia di divertirmi. Lui non faceva che provarci con me e io lo allontanavo. Aveva provato a portarmi nei bagni, ma ero riuscito a evitarlo, dicendo che sarebbe stato più intrigante tenere il meglio per ultimo. Mi aveva dato retta ed eravamo rimasti nella saletta a berci qualcosa.

Purtroppo, però, era parecchio insistente.

«Non ho voglia, dai...» Lo respinsi ancora, mentre cercava di infilare la mano al di sotto dei miei jeans neri strappati sulle ginocchia.

«Andiamo» mi scoccò un'occhiata maliziosa, «per quale altro motivo sei voluto uscire con me?»

Giusto, per quale altro motivo? Perciò, io ero quello che la gente credeva che ti chiedeva di uscire perché voleva darti il culo.

Perché sono una puttana.

Mi si fermò il cuore. Era inutile, non riuscivo mai a non pensarci. Era radicato in me, usciva con sempre maggior prepotenza, sebbene mi sforzassi di credere il contrario. Ma forse ero io che davo modo alla gente di crederlo. Chissà se non lo facessi apposta e non volessi essere ritenuto quella puttana di cui ero stato dipinto più volte.

No.

Non volevo esserlo. Ero soltanto un ragazzo che voleva che qualcosa girasse per il verso giusto.

«Non dirmi perché provi qualcosa per me» continuò Bryan. «Giuro che vomito.»

Nemmeno fra vent'anni, volli ribattere. Me lo scrollai di dosso, quando osò un contatto sulla mia schiena lasciata nuda dalla profonda scollatura della maglia, e vidi la sua espressione mutare repentinamente. Mi fece quasi paura, credetti che mi avrebbe fatto del male, non volevo sperimentare di nuovo di essere picchiato... o peggio.

«Ma che cazzo ti prende?» ruggì rabbioso.

E io non mi trattenni, ero troppo instabile per tenere la bocca cucita. «Posso non avere voglia di sentire le tue luride mani addosso?»

«Prima mi preghi di uscire con te e poi fai il difficile? Guarda che sono pieno di ragazzi che fanno la fila per venire a letto con me, tu sei solo uno dei tanti. Non credere di poterti montare la testa soltanto perché ti permetto di venire a casa mia o cazzate del genere.»

Perché sono con Bryan? La mia mente non faceva che domandarselo. Con tutti quelli che potevo chiamare, proprio il peggiore. Sarei potuto uscire con qualche amica dell'università, con qualche amico del giro gay, ma no... A quanto pareva, volevo complicarmi la vita più di quanto non fosse già.

«Ma vacci con quelli che fanno la fila per te!» esclamai. «Quei poveri sfigati che non hanno nessun altro con cui trastullarsi e scelgono il primo puttaniere che gli capita sotto gli occhi.»

Come Guardare il SoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora