43 - Bramosia

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«Non giochi più?»

Rory si avvicinò e si inginocchiò al mio fianco; spuntava con solo mezzo busto dal mare e guardava gli altri tre, intenti nella sfida a pallavolo, mentre lasciava che i palmi delle mani scivolassero sulla superficie dell'acqua. «Non credo che sentiranno la mia mancanza: Warren e Leo stanno giocando da soli, persino Trey se ne sta in disparte.»

Guardai Trey e sorrisi. Da quando avevamo chiarito, tutto si era ribaltato: Trey era tornato il ragazzo di cui mi ero innamorato, con quel sorriso a metà tra l'imbarazzato e il malinconico e il rossore sulle guance che metteva in risalto le lentiggini. Non ci eravamo ancora separati da quella sera, perciò mi ero perso qualche dettaglio sul mio migliore amico, ma avrei rimediato subito.

«Non vuoi più andare dai nonni e hai persino dormito abbracciato a Warren... C'è qualcosa che devo sapere?»

Nel profondo del cuore pregavo che Rory avesse trovato la sua dose di felicità, ma il suo volto si rabbuiò all'istante. Perché la vita non poteva scorrere serena per tutti? Perché doveva esserci sempre qualcosa che ostacolasse la felicità completa?

Rory lisciò la treccina e la bagnò. C'era qualcosa di diverso in lui. Dov'era il ragazzo spigliato che se ne fregava di dire qualche oscenità in pubblico, dov'era quello che rideva e scherzava per ogni cosa, con sempre il sorriso sul volto e lo sguardo malizioso? Volevo il mio Rory, non quella versione sconsolata e triste.

Rory giocò ancora con la superficie del mare, increspandola e lasciando che le goccioline salate cadessero dalle sue dita e formassero dei piccoli cerchietti, poi cominciò a parlare: mi rivelò della passeggiata silenziosa fino alla spiaggia libera, la canzone suonata da Warren, il loro successivo discorso e la nottata passata insieme.

Non avevo capito che fosse coinvolto così tanto da Warren, fino a quel momento. Non assomigliava affatto al sentimento che aveva provato per me, qualcosa mi diceva che era più profondo, più doloroso, più concreto. Ciò che univa me e Rory era un'amicizia complice e affettuosa e poteva essere equivocata, ma ciò che mi stava confessando era ancora di più. Se Rory era arrivato al punto di scavare una fossa per nascondere i suoi sentimenti e il suo carattere, allora doveva essere di più.

Presi una sua mano tra le mie e gli accarezzai il dorso col pollice, cercai di instillargli un briciolo di sicurezza e lui rispose con un bellissimo sorriso.

«Sono un caso disperato» disse.

«Lo siamo un po' tutti» ribattei.

«Ma se le cose tra te e Trey vanno stupendamente... Sono geloso» mise su un broncio adorabile, «dovevo essere la madre dei tuoi figli, invece diventerò la vecchia pettegola e sola che non vuole accaparrarsi nessuno e che si accontenterà di riempire d'amore i figli che hai fatto con qualcun altro.»

Scrollai il capo con una risata. «Non credo proprio che rimarrai da solo, prima o poi la persona giusta si accorgerà del tuo splendore.»

«Tu hai visto quello di Trey.»

«E qualcuno vedrà il tuo» insistetti.

«Perché non può essere Warren?»

«Perché lui è uno stupido troglodita col fumo nel cervello.»

Rory non rise come sperai, si limitò a fare spallucce e ad abbassare il capo. Sospirai e porsi di nuovo la mia attenzione a Trey, fermo immobile nell'aspettare un pallone che non gli sarebbe mai arrivato. Si accorse di avere i miei occhi puntati contro e mi sorrise, così si avvicinò.

«Anche tu hai rinunciato a giocare?» domandai.

Si grattò il collo e rispose: «Credo che non si ricordino nemmeno di avere dei compagni di squadra.»

Come Guardare il SoleWhere stories live. Discover now