capitolo 35

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Eugene ci aveva mentito. Mentito così tanto ad arrivare a lasciare i nostri compagni, le persone che mi avevano accudita per ogni mio capriccio e che non avevano aspettato un solo attimo per tendermi una mano di aiuto nel momento in cui pensavo di cadere. L'uomo che amo è tra quelle persone, e mi manca come l'aria. Le sue labbra, i suoi occhi, la rughetta carina sulla fronte; il suo modo di fare, gli sbuffi involontari, lo sguardo minaccioso e le occhiate cruciali.
<<Non vedo l'ora di rivederti, Daryl.>> Mormorai a voce bassa solo tra me e me, e institivamente mi toccai le labbra scordando l'ultima volta che lo avevo baciato sulla bocca.

Ora non ci restava che tornare indietro alla chiesa e sperare con tutto il cuore, che gli altri non se ne siano andati.
Nel nostro cammino abbiamo trovato un auto dei vigili del fuoco ed era perfetta per tutto il gruppo. Mi misi nei sedili di dietro, guardando fuori dal finestrino e appoggiano la testa al vetro non feci a meno di pensare che tra poco avrei rivisto la mia famiglia, e con il sorriso sulle labbra rosse e screpolate mi addormentai con sottofondo le battute squallide di Abraham, ma al momento ero fin troppo esausta per ridere.

Fu una leggera dormita senza sogni, senza significato, ma solo semplice buio. Sembrava di aver chiuso gli occhi, e subito dopo di averli aperti come un battito di ciglia lunghe e nere. Avevo mal di testa e le orecchie tappate e doloranti per il tragitto in macchina, oserei dire lungo tragitto.
Mi svegliai spaesata e ancora più stanca di prima, come se il mio riposo non fosse servito a nulla. Mi resi solo conto inseguito del fatto che avevo dormito sulla spalla di Rosita, con la mano attorcigliata al suo braccio per farmi calore. Mi alzai e quando stavo per chiederle scusa per essere stata di disturbo, notai che lei era nel mondo dei sogni, così riposai il capo sulla sua spalla e ripresi a dormire sperando che il mal di testa passi.

Nemmeno in quel lasso di tempo riuscii a dormire bene, a stare benedettamente tranquilla senza essere disturbata dall'ansia e dalla paura. Venni svegliata da Maggie, e al mio risveglio Rosita si era alzata, mi ero raggomitolata su me stessa dal freddo e una copertina era stato avvolta al mio corpo. Scostai la coperta rossa e stiracchiandomi per pochi secondi mi alzai, mi grattai le tempie e mi legai i capelli in una coda alta e disordinata, con i soliti ciuffetti che non volevano sapere di stare ordinati e tirati dall'elastico rovinato.

Le tempie mi scoppiavano ancora più forte e mi maledissi di aver continuato a dormire. Mi toccai la cintura assicurandomi di avere tutti e cinque i pugnali, guardai che ci fosse la pistola e il proiettile -L'unico proiettile- e infine la mia spada.
<<Siete qua! Dovete aiutarci!>> Era la voce di Michonne, che non mi diede nemmeno il tempo di mettere fuori il piede dal veicolo che mi trovai catapultata in uno scontro con i vaganti.
Sbadigliai e tirando fuori due pugnali, mi stiracchiai ancora un po' le braccia. Decisi di non voler sporcare subito la Katana.

Mi avventurai tra la massa di decomposti che avevano accerchiato Glenn, e mi precipitai ad infilzare la lama ad ognuno di loro con velocità, cercando principalmente di fare in fretta e di non essere afferrata da uno di loro, non notai niente che mi potesse far senso, così continuai. Due vaganti mi stavano afferrando, ma riuscendo a spingerli fui in grado di abbatterli. Il loro sangue mi schizzò più che mai sui vestiti e sputai un grande nodo di saliva quando, il sangue mi finii in bocca. Il sapore era orribile, ed ero sul punto di vomitare tutti i fagioli che avevo mangiato la sera prima. Mi piegai e misi le mani sulle ginocchia, e in quella frazione di secondo in cui mi ero distratta, un vagante che strisciava non avendo gli arti inferiori, mi tirò e caddi all'indietro.
<<Merda.>>
Avevo sbattuto e strinsi gli occhi dal dolore che mi invase tutto il corpo. Il vagante continuava a strisciare, così gli tirai semplicemente un calcio e alzandomi, infilzai il pugnale nella testa. Feci un piccolo sforzo; tirare fuori la lama da quel coso era impossibile. Misi un piede sopra, e contai sino a tre, poi riprovai e tirarlo. C'erano altri morti, e i miei amati pugnali mi avevano stancata ancora più di quanto non lo fossi già, così mandai semplicemente la mia decisione di non sporcare la spada a fare in culo. La tolsi dalla fodera e tagliai a metà i crani di alcuni morti che si erano avvicinati, e poi esclamai: <<Così si che si ragiona.>>

With you is Impossible - Daryl Dixon Tempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang