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Jimin's pov

Quelle due pozze di petrolio erano come veleno ed il mio corpo non aspettava altro che essere contagiato dalle sue tossine.
La mia mente, più lucida di uno specchio, trasmetteva segnali di fuga in vano ai miei arti antrofizzati.
Con quale pudore la mia anima non provava altro che desiderio per quella bestia mascherata?

Il mio corpo iniziò a tremare come ogni volta che quella maledetta barricata vacillava, non ero mai riuscito a fissarla definitivamente, forse non avevo mai voluto.

I capelli mori così perfettamente allineati come da uno stampo ammaliante, in cui avevo immerso le mani più e più volte per sorreggere la mia lucidità.
Quelle labbra. Le sue labbra. Un sapore che si attacca come colla, ed ogni volta che ripassi la lingua lungo quel pezzo di carne, ti passa per la calotta cerebrale solo una voglia contorta di collegare le vostre anime.
Più che un collo quello era territorio di guerra, minato da azzannamenti colorati come simbolo di disperata conquista.
Il suo tocco bipolare non permetteva fuga e le sue mani da che dolci contenitori di miele, si infuocavano sulla tua brace corporea fino a farti dubitare della tua dipendenza da esse.

Sembravano passati i secoli dall'ultima volta che riuscì ad infiltrarsi al mio interno entrando dagli occhi. La mia paralisi lo portava a sfoggiare quel sorriso strafottente che si cerca di strappare via a morsi, credendomi intrappolato tra il suo pollice e indice.

L'eco sordo di chi mi aveva spinto giù dal piedistallo appartenutomi rimbombò persistente. La sua viscida bocca cercava in tutti i modi di rimembrare che adesso era lei ad essere in cima alla scala.

Il mio esofago era disgustato quanto la mia mente, non persi tempo e come una cenerentola che aveva perso un principe anziché la scarpetta, mi diressi al di fuori del loro raggio coscienziale.

Con un calcio aprii la porta della toilette e ancorai le mani al lavandino in marmo chiaro.

《Porca puttana!》

Avrei dovuto aspettarmelo che avrebbe colpito quando sarei stato completamente disarmato, tra tutti i momenti in cui il mio cervello poteva darsi una lieve preparata, proprio durante la sera che andava più goduta in tutto il mio ciclo vitale.

Non era bastato averlo urtato inconsciamente con una spalla, facendo riaffiorare sensazioni corporee sepolte, avevo anche dovuto assistere al marcamento dell'un tempo mio suolo personale.

Le mie nocche si colorarono di un bianco giallastro per la forza con cui stringevo il lavabo, il ricordo di quella Giuda entrata in contatto con la nostra tana che era stata luogo d'affetto e passione.

Sollevai lo sguardo e ciò che vidi furono momenti che scorrevano sullo specchio elegante, ormai erano scappati dalla loro gabbia e circolavano liberamente per le vie della mia memoria.
Il flusso fu interrotto da una figura che comparve alle mie spalle, la quale anche da un occhio solo avrei riconosciuto.

《Ciao Jimin.》

Non mi voltai, non osai. Incastrai gli occhi nei suoi attraverso la superficie cristallina, rendendomi conto di come fosse cambiato durante i mesi. Era più adulto, più cresciuto ma anche più provocante; pregai i miei piedi di non cedere a voltarsi verso il suo petto e scagliarmici contro. Ciò che lo impedì fu lo spillo al petto che ancora continuava a spingere in profondità.

《Stammi lontano Jungkook.》

Il mio tono serio non sembrò scalfire la sua espressione compiaciuta.

《E se non volessi Jiminie?》la sua voce languida diramò una nebbia che occultò la mia lampadina.

《E se volessi avvicinarmi...》

Loving beast [jikook] Donde viven las historias. Descúbrelo ahora