Capitolo 35

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-Tra un giorno sarete Uniti! Non posso ancora crederci.- disse Aurora urlando di gioia.

Io sorrisi imbarazzata e mi girai verso Edoardo, stava fulminando la sorellina con il suo sguardo ghiacciato. Non sarei voluta essere nei suoi panni, odiavo quando riservava a me quegli occhi.

Bianca, la madre di Edoardo, mi passò il vassoio del primo. Pasta al forno. Io la ringraziai e misi le porzioni nei piatti.

Il mio sguardo cadde sul posto vuoto a capo tavola. Il padre non c'era. Mi incantai per un momento, fino a che Edoardo mi poggiò una mano sulla spalla.

-Non ci pensare.- disse lui, ma dal suo tono si capiva che era ferito.

Cominciammo a parlare come se niente fosse, ignorando l'assenza del padre. Parlammo dell'abito da cerimonia (la madre l'aveva visto e non riusciva proprio a contenere l'entusiasmo), poi discutemmo della cerimonia.

-Ma quindi cosa avverrà?- chiesi io.

-Edoardo ma come ti ho cresciuto?- rispose la madre- Perché non le hai detto niente?-.

-Voglio che sia una sorpresa- disse lui stringendosi nelle spalle.

-Uno conto è una sorpresa, un conto è che questa povera ragazza non sappia niente.- concluse la madre con un sguardo contrariato.

Alla fine cambiammo argomento, con l'Alfa non si discute. Una volta conclusa la cena mi alzai per aiutare a sparecchiare ma mi fu ordinato di andare a dormire.

Così Edoardo mi cinse la vita con un braccio e mi accompagnò a casa. Durante la via del ritorno le sue labbra più di una volta si poggiarono sulla mia pelle, facendomi sfuggire sospiri e risolini.

Una volta sulla porta di casa venimmo interrotti dalla suoneria del mio cellulare. Alzai gli occhi al cielo mentre Edoardo staccava lentamente la sua bocca dal mio collo, sospirando.

-Pronto?-.

"Sei in viva voce!" sentii Lucia urlare in lontananza mentre Michela diceva "Ciao Marghe! Come va?".

Ci sentivamo per messaggio ogni giorno praticamente ma era una vita che non facevamo una chiamata. Mi voltai verso Edoardo, feci un sorriso di scuse e mi incamminai verso il retro della casa per avere un po' di privacy.

-Bene ragazze, voi?- chiesi io interessata.

"Benissimo!" sentii di nuovo Lucia.

-Ma siete ubriache?- chiesi ridendo.

"Beh, tesoro, è sabato sera. Manchi solo tu!"

Io scossi la testa nel buio ridendo.

-Ma se nemmeno bevo.- risposi io.

"Ma speravamo che il tuo bel ragazzo ti avesse dato una svegliata, finalmente." mi raggiunse la voce di Luca, anche lui brillo.

-Chi siete?- dissi io continuando a ridere.

"Mmmh, siamo noi quattro, poi c'è Agnese, Sara, Carlo e Simone. Poi basta penso." Rispose Michela, lentamente.

-Mm mm.- risposi io.

Ero talmente assorta nella conversazione che quando Edoardo mi strinse tra le braccia lanciai un urletto acuto. Lui mi baciò sulla testa mentre mi giravo a guardarlo, facendo segno con un dito che tra un minuto avrei chiuso.

"Che è successo?".

-Niente, tranquilla.- risposi un po' imbarazzata.

"Beh vedo che hai piani interessanti per la serata, quindi ti lascio andare." disse Michela, poi sentii che prese il cellulare in mano e lo avvicinò al gruppo di ragazzi "Salutate Margherita.".

Un coro unanime di saluti mi raggiunse, io risposi e poi chiusi la telefonata.

-C'era Simone?- domandò lui, come se niente fosse.

Io mi irrigidii, pensavo avessimo superato la sua assurda gelosia.

-Si, è un amico.- dissi io, calcando sulla parola "amico".

-Lo so.- disse lui, distaccato.

-Edo, non stiamo riprendendo questa discussione vero?- chiesi io, frustrata.

-Oh, assolutamente no. Ho altri piani per stasera e in nessuno di questi urlerai il mio nome perché sei incazzata.- disse lui, cambiando umore nel giro di un attimo.

Io strabuzzai gli occhi e gli diedi un colpetto sullo sterno.

-Edoardo!- dissi poi imbarazzata.

Lui mi prese per la vita e i miei piedi non toccarono più il pavimento. Mi trascinò in casa senza alcuno sforzo e mi mise a sedere sul letto.

Molto lentamente mi prese i piedi, mi slaccio le scarpe e poi tolse i calzini. Salì con le mani fino ai pantaloncini e li aprì. Le sue mani calde lasciavano strisce di energia sulla mia pelle.

-Voglio che diventi la mia Luna domani.- disse inginocchiandosi tra le mie gambe, posandomi le mani sui fianchi- voglio passare il resto della mia vita così.-.

Per il resto della sera non servì dire più niente.

******

Ero dannatamente nervosa, la luna era alta nel cielo e le mancava un microscopico pezzo per fare sì che fosse completamente piena. Mancavano meno di 24 ore e sarei diventata parte del branco.

Osservavo dalla finestra della casa di Edoardo il cielo scuro, incapace di dormire. Il dolce suono del respiro del mio compagno cercava di tranquillizzarmi.

Mi alzai e cercai a terra tra i vestiti il reggiseno, i pantaloncini e la maglietta che indossavo fino a un paio di ore prima. Poi presi dall'appendiabiti vicino alla porta di casa la giacca militare di Edoardo. Il suo profumo mi avvolse deciso e confortante.

Uscii di casa facendo il minimo rumore possibile anche se sapevo che molto probabilmente lui si sarebbe svegliato comunque, lo svantaggio di dormire con un lupo.

Andai verso il mare, gelandomi i piedi sulla sabbia fredda. Avevo bisogno del rumore delle onde per smettere di pensare a quello che sarebbe successo il giorno dopo.

Mi strinsi forte le braccia attorno al corpo per reprimere un brivido che mi percorse tutta la schiena. Le temperature si erano abbassate anche lì al mare.

Da Nuova Luna sarei passata ad essere la Grande Luna, una guida sia per i lupi che per le Mezzane. Ma non sapevo che cosa avrei guidato dato che sapevo davvero poco di quel mondo. Rebecca fortunatamente si era mostrata molto disponibili nei miei confronti e aveva detto che mi avrebbe insegnato tutto quello che c'era da sapere nei mesi a venire.

L'altra preoccupazione invece derivava dallo scontro che ci aspettava con gli altri branchi, non sarebbe stato affatto facile.

-Problemi a dormire?- la sua voce profonda mi raggiunse, distraendomi dalle mie preoccupazioni.

Io mi strinsi nelle spalle, senza girarmi. La sua mano trovò il mio fianco e la mia schiena si posò sul suo petto.

Mi sentii improvvisamente strana, come se qualcosa non andasse. Appena realizzai però era troppo tardi.

Una mano, assolutamente non quella di Edoardo, si chiuse sulla mia bocca con forza inaudita. Tentai di gridare ma non riuscii a mettere nulla se non un flebile mormorio.

Sentii il cuore schizzarmi in gola, le gambe cedermi mentre un pizzicore mi si diffondeva sul braccio destro. Pensai che mi avessero drogata e ne ebbi la conferma quando non vidi ne sentii più nulla.

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