Capitolo 37

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Mi ritrovavo legata ad una sedia di legno molto scomoda. Mi avevano portato in un seminterrato scuro e maleodorante, le pareti gocciolavano di umidità e sembrava quasi che fosse fuso con una grotta sotterranea.

Ad Alberto si erano uniti altri due ragazzini tatuati, i loro orecchini brillavano in quello spazio mal illuminato. Li osservavo attenta e decisamente impaurita.

Difronte a me si trovava un treppiedi con sopra montata una telecamera, il che non faceva presagire nulla di buono. I tre, poco lontani, parlottavano tra di loro accanto ad un grosso tavolo di legno che alloggiava strani aggeggi appuntiti.

Il tovagliolo che mi avevano infilato in bocca si inumidiva con il tempo che passava, avevo molta sete mentre la fame era assolutamente assente. Gocce di sudore freddo mi solcavano la schiena, scivolando sotto al tessuto pesante della giacca di Edoardo.

-Allora, Margherita. Abbiamo allestito davvero una bella scenetta. Tu sarai la nostra protagonista, non ti senti elettrizzata?- chiese Alberto con voce gracchiante.

I miei respiri si fecero sempre più corti mano a mano che si avvicinava. L'unica cosa a cui pensavo era che non dovevo assolutamente perdere conoscenza, altrimenti chissà cosa mi avrebbero potuto fare.

Si accese una luce forte e fredda che rese visibili gli arnesi sul tavolo. La vista non fu piacevole. Mi sentii mancare.

Uno dei ragazzi estrasse un telefono dalla tasca posteriore dei pantaloni e lo passò ad Alberto.

-A cosa devo il piacere?- disse con voce mielosa.

Non sentii la risposta all'altro capo del telefono ma vidi il ghigno di Alberto farsi più grande.

-Cosa posso fare per te? Non so dove una naturale possa essersi cacciata.-.

Quando il mio cervello comprese il possibile interlocutore all'altro capo del telefono cominciai a gridare. Nonostante il fazzoletto probabilmente riuscii a farmi sentire.

Alberto chiuse il telefono infastidito e lo scagliò a terra, mandandolo in mille pezzi. Si avvicinò a me e mi strinse dolorosamente le guance con la mano destra.

-Cosa pensavi di fare?- chiese adirato.

-Questo ha solo anticipato il nostro piano, non pensare neanche per sogno che ti lasceremo andare così facilmente.-.

Così detto si diresse verso la telecamera e l'accese, dietro questa si trovava un pc. Dopo pochi secondi sorrise soddisfatto.

-Sorridi, Margherita. Edoardo ti vede.-.

Guardai con occhi sbarrati la telecamera, pregando che mi trovasse velocemente.

Durante quei momenti di distrazione non mi accorsi di quello che accadeva vicino al tavolo. Uno dei due ragazzi aveva preso un lungo coltello con la lama scintillante.

Questo si avvicinò a me sorridendo, quasi ridendo. Una volta avvicinatosi mi strappò la maglietta sul davanti con facilità, lasciandomi l'addome e il torace scoperti.

-Bene, bene principessa. Mi dispiace che questo debba capitarti per colpa di uno stupido cane che non è stato in grado di difenderti.- disse questo facendo scorrere la lama gelida sulla mia pancia.

Il respiro mi si fermò in gola, mentre il mio cervello non era in grado di rispondere.

-Se non sentissi il suo fetore da cagnaccio su di te, non mi limiterei ad usare questo coltello su di te.-disse ridendo.

-Gino sbrigati, non siamo qui per fare conversazione.-disse Alberto secco.

Il finto Alfa si fece avanti in modo da entrare nell'inquadratura e si fermò.

-Caro futuro Alfa, siamo qui in compagnia della tua dolce metà. Una naturale. Sai bene quanto questo sia scorretto. Ognuno dei nostri branchi per entrare nel patto dei Sette, ha firmato. Ognuno di noi ha rinunciato a qualcosa. Tu hai appena infranto il patto e questo noi non lo accettiamo.-Alberto parlava con tono formale, come se fosse in tribunale.

La pressione della lama sul mio addome cresceva al crescere dell'enfasi nel discorso di Alberto. Stava diventando doloroso.

-La tua Compagna, una mera naturale, è qui con noi adesso. Penso che le piacerà la permanenza qui.
Devi rinunciare al tuo posto nel Patto dei Sette e lei ti verrà restituita. Nel frattempo giocheremo un po'.-.

Detto questo Alberto si girò e annuì verso Gino. La lama penetrò nella carne fresca tesa sopra le mie costole bruciando come fuoco vivo. Il sangue caldo gocciolava dalle ferite come le lacrime dalle mia palpebre, mentre io mi stringevo le labbra tra i denti per non urlare.

Disegnò linee dritte lungo il mio sterno mettendo sempre più forza fino a che non urlai. A quel punto si ritenne soddisfatto.

Stiravo le corde che mi legavano i polsi, bruciandomeli. Non avevo idea di come affrontare la situazione. Sentivo il panico crescere dentro di me ad ogni secondo.

Si avvicinò l'altro ragazzo con un nuovo telefono in mano e me lo appoggiò all'orecchio.

-Margherita!- la voce straziata di Edoardo mi ferì l'orecchio.

Mugolai qualcosa di incomprensibile in risposta. Il suo tono di voce mi straziò il cuore, non volevo che fosse in pena per colpa mia.

-Bene, ora che hai parlato con lei capisci che stiamo facendo sul serio.- chiuse secco la telefonata il secondo ragazzo.

Pensavo ad Edoardo. Io suoi bellissimi occhi azzurri avevano sicuramente cambiato colore. Il blu tormentato e profondo aveva preso il sopravvento a causa della preoccupazione e della rabbia.

Cercai di capire come fare a liberarmi da sola da quella situazione ma non vedevo alcuna via d'uscita. Ero da sola contro tre licantropi, anche con tutta la fortuna del mondo non sarei riuscita a fare niente.

In più ero legata e ferita. Fortunatamente le ferite non sembravano gravi, bruciavano fortissimo ma, a parte il taglio più profondo, le altre avevano già smesso di sanguinare.

-Ti farà piacere sapere- disse Alberto rivolto a me- che il padre del tuo dolce fidanzatino ci ha dato le informazioni necessarie per la tua cattura.-.

Mi si fermò il respiro in gola a quelle parole. Non era possibile, mi odiava ma non poteva essere caduto così tanto in basso.

Scossi la testa, certa che l'Alfa fasullo che mi trovavo davanti stesse mentendo.

-Non mi credi? Secondo te come facevamo a sapere della vostra Unione? O dove vivessi in città? Oppure di come trovarti all'accampamento di quei sudici del Branco del Sole?-.

Ci pensai su per un attimo e mi resi conto che non ci avevo mai riflettuto. Come faceva il branco di Alberto ad essere sempre un passo avanti a noi? Doveva per forza avere un informatore all'interno.

Dante non mi sembrava il tipo ma allo stesso tempo lui odiava l'idea della nostra Unione. Perché non ci avevo mai pensato prima?

-Vedo dal tuo sguardo che stai rimettendo insieme i pezzi.- disse Alberto.

Improvvisamente la certezza che Dante avesse tradito il suo stesso figlio mi colpì. Mi sentii distrutta da quello che aveva fatto, come poteva odiarmi a tal punto?

Sbiancai di colpo e sentii il mio respiro accelerare. Stavo per avere un attacco di panico.

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