Capitolo 16

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Ero tornata a casa da quasi una settimana ormai. Avevo deciso di farmi dare un passaggio da Michela e Luca in macchina, di modo che potessi mettermi a studiare per l'esame imminente che avevo e per rimettermi in sesto dall'incendio.

O almeno queste erano le scuse che avevo rifilato ai miei genitori perché mi lasciassero andare e alle mie amiche per non farle preoccupare.

La realtà era ben diversa. Dire che ero terrorizzata, completamente impaurita, era davvero poco. Non ero ancora riuscita ad assimilare ciò che era successo. Non credevo proprio che fosse possibile.

Bastava partire dal primo fatto: i lupi mannari esistevano. Questo era già assurdo di per se'. Ma se si aggiungeva pure che Edoardo era un licantropo allora diventava tutto completamente irreale.

Avevo deciso quindi di scappare e di fare finta di niente. Vivevo la mia vita tranquillamente senza alcun intoppo. La mattina andavo a studiare in biblioteca e il pomeriggio ripetevo a casa. Era tutto molto semplice.

Tranne per il piccolo particolare che di notte ero tormentata da incubi in cui venivo inseguita da belve immense con occhi blu. Mi svegliavo sempre di soprassalto con il sudore gelato addosso e mi stringevo forte alle lenzuola per fare in modo che tutto finisse.

Riuscivo a mantenere la mia sanità mentale solo grazie alla routine che mi ero prefissata. Fortunatamente in quei giorni avevo incontrato un ragazzo, Matteo, che doveva preparare il mio stesso esame e quindi avevamo deciso di studiare insieme.

-Marghe?- mi risvegliò dai miei pensieri, mi voltai verso di lui con sguardo interrogativo.

-È da 10 minuti che stai guardando la stessa slide, tutto bene?- insistette lui bisbigliando, per evitare di dare fastidio agli altri studenti.

La biblioteca era già piena di ragazzi e ragazze intenti a studiare nonostante fossero solo le 9 del mattino.

-Penso di aver bisogno di una pausa.- risposi io, ancora sovrappensiero.

-Affare fatto- disse lui alzandosi e prendendo il portafogli per comprare qualcosa dai distributori.

Percorremmo lo stretto corridoio che ospitava le macchinette e ci mettemmo in fila per aspettare il nostro turno.

-Hai sentito? stasera vanno tutti al Night, ti va di andare?- chiese lui mentre cercava gli spicci per il caffè nel portamonete.

-Non lo so, se poi si fa tardi...- dissi io, non avevo tanta voglia di andare a ballare ed ero anche piuttosto stanca a causa degli incubi che interrompevano il mio sonno.

-Eh dai, vieni per un po'. Poi quando ti stanchi vai via.- disse lui guardandomi e sbattendo le palpebre con aria di supplica.

-Va bene, va bene. Ma non resto molto, lo sai che in questo periodo dormo poco e niente.- gli avevo raccontato nelle nostre pausa caffè dei miei problemi di insonnia, non scendendo nei particolari ovviamente.

Lui premette il tasto del caffè nero soddisfatto, mentre io cercavo in tasca le monete per prendermi un té al limone dato che il sapore del caffè non mi era mai piaciuto.

******

Fu così che alle 23:30 mi trovavo difronte ad un edificio industriale basso dal quale usciva una musica assordante. Nel pomeriggio mi era presa una strana voglia di uscire e così mi ero superata nel vestirmi.

Indossavo un vestitino svolazzante rosso scuro con una bella scollatura a V. Ci avevo abbinato i miei immancabili anfibi neri e uno zainetto in simil-pelle.

-Hey! Sei arrivata- mi disse Matteo venendomi incontro dall'ingresso del locale.

-Ciao!- dissi io in risposta- stai molto bene.- aggiunsi poi notando il suo abbigliamento casual ma al tempo stesso elegante e notando per la prima volta un'orecchino brillare di una luce azzurra sul suo lobo sinistro.

Il suo sguardo mi accarezzò la pelle, scorse dal viso appena truccato con una riga di eye-liner e un po' di rossetto, al collo dove avevo sempre la mia immancabile catenina, fino poi al seno scendendo fino ai fianchi e alle gambe lasciate nude.

-Beh, anche te non sei niente male-mi disse avvicinandosi per baciarmi entrambe le guance.

Mi prese delicatamente il gomito e mi condusse all'interno del locale. All'ingresso un ragazzo grosso mi fermò per chiedermi il nome e poi mi stampò un timbro sul dorso della mano sinistra, una mezza luna circondata da alcune stelle.

Dentro il nero regnava sovrano. Era un unica sala gremita di ragazzi e ragazze, di fronte a noi era presente un palco sul quale un dj era intento a mixare varie canzoni, con l'aria che hanno sempre i dj, le cuffie calcate sulla testa e le mani in aria.

-Vuoi qualcosa da bere?- mi chiese Matteo, avvicinando le sue labbra al mio orecchio per permettermi di sentire sopra al suono delle casse. Feci cenno di sì e aggiunsi che non volevo nulla di alcolico.

-Marghe!- la voce dolce e melodiosa di Michela mi raggiunse ovattata. Mi voltai e me la trovai di fronte in tutta la sua splendente bellezza.

-Miky! Non sapevo venissi!- urlai io per farmi sentire.

-Lo sai che non me le perdo le feste! Mi piace troppo ballare.- mi rispose lei.

Avevo evitato di dire loro che ci sarei stata, in quel periodo preferivo vederli il meno possibile, soprattutto Michela. Ero certa che avrebbe capito che qualcosa non andava con un semplice sguardo.

Ci mettemmo a chiacchierare fino a che non mi raggiunse Matteo, con un bicchiere pieno di un liquido giallo denso dal quale sbucava uno spicchio di ananas e una cannuccia rosa acceso.

Lo guardai con lo sguardo interrogativo mentre me lo porgeva e mi sussurrava "Piña colada senza rum". Mi voltai subito verso Michela che mi guardava basita, come se mi fosse appena cresciuto un terzo occhio in mezzo alla fronte.

Capendo che stava per mettermi in imbarazzo mi affrettai a fare le presentazioni, indicando Matteo come il mio nuovo compagno di studi e Michela come la mia migliore amica.

Sperai di evitare i commenti di Michela e fui felice nel contattare che lasciò perdere, anche se immaginavo che mi avrebbe chiesto tutto più tardi.

Mentre i due chiacchieravano, ancora mi meravigliavo della facilità di Michela di parlare tranquillamente con tutti, assaggiai il mio cocktail . Un esplosione dolce di succo di ananas e cocco mi saturò le papille gustative. Era un po' troppo dolce per me ma effettivamente era proprio buono.

Piano piano cominciammo ad avvicinarci alla pista e a muoverci a tempo di musica. Michela attirava lo sguardo di tutti con le sue movenze morbide e posate. I suoi capelli biondi rilucevano rispecchiando la luce fievole della discoteca.

Stare vicino a lei e muovermi, nonostante io fossi negata nel ballare, invece che mettermi a disagio mi incoraggiava a lasciarmi andare. Era sempre stato così. Nonostante fossimo diverse, con attitudini completamente opposte, ci incoraggiavamo a vicenda e la nostra vicinanza ci rendeva più forti invece che più insicure, come succede in tante "amicizie".

Fu per questo probabilmente che mi lasciai andare e smisi di guardarmi intorno. Non vedevo la gente che ci circonda a se non come una massa confusa di persone. Quando quindi sentii una mano sulla mia spalla quasi non me ne accorsi, fino a che non mi girai e incontrai degli occhi del colore del ghiaccio.

Lupo di mareWhere stories live. Discover now