Capitolo 43

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-No, io su quel coso non ci salgo. Scordatelo.- la voce di Edoardo mi giunse alle orecchie mentre ero di spalle.

Mi voltai verso di lui sorridendo, vidi il suo naso ipersensibile arricciato, infastidito dall'odore pungente della stalla.

-Dai, il proprietario non ha voluto niente per prendere anche il secondo cavallo. Sarà divertente.- dissi io speranzosa mentre mi avvicinavo al box del cavallo che montavo abitualmente.

Presi la mano di Edoardo nella mia e la feci avvicinare lentamente al muso del bellissimo sauro degli occhi scuri.

-Lui è Oriente, il mio bestione.- dissi io, incapace di smettere di sorridere.

-Sono io il tuo bestione.- disse lui borbottando.

Incassai il colpo sperando di non arrossire troppo mentre scuotevo la testa rassegnata.

-Ti voglio portare in un bel posto!- replicai io effervescente.

Edoardo sbuffò per la milionesima volta. Era già qualche giorno che volevo portarlo con me a cavalcare, ma ogni volta aveva trovato una scusa. Un giorno eravamo addirittura andati a fare shopping in un centro commerciale e né io né lui eravamo appassionati di shopping.

-Va bene.- disse alla fine, mantenendo un'espressione imbronciata e alzando gli occhi al cielo.

Esultai saldando e battendo le mani, spaventando a morte il mio cavallo.

Feci vedere ad Edoardo tutti i passaggi per sellare i cavalli, da che lato farlo, come tranquillizzarli. Lui aveva un cavallo leggermente più grande di Oriente e con un manto scuro, Attila.

Era un cavallo docile, di quelli con cui facevano scuola per i bambini. Ma ad Edoardo questo non lo avevo detto.

Avevo con me uno zaino frigo riempito di cibo per un pic nic e di coperte. Non vedevo l'ora di arrivare.

Lo aiutai a salire in sella e, una volta a cavallo anche io, gli spiegai i rudimenti. Attila sapeva di dover seguire quello davanti, e fortunatamente io sapevo gestire il mio cavallo.

Dopo qualche intoppo iniziale, le staffe troppo corte, la difficoltà nell'impartire la direzione, Edoardo capì che doveva soltanto farsi trasportare. Al resto ci pensavamo io e i cavalli.

Non appena si rilassò, cambiò tutto. Parlammo del più e del meno. Della sua infanzia, della quale non mi aveva mai fatto parola. Di sua sorella, sempre nei suoi pensieri.

Tornò sulla problematica relativa al padre. Nonostante tutti gli sforzi era ancora disperso. Ad Aurora mancava molto suo padre ed era fermamente convinta della sua innocenza. Edoardo non sapeva più che pensare.

Passavamo in mezzo ad alti alberi dal colore dell'autunno. Arancione e marrone ornavano il nostro cammino. Il cielo celeste e freddo, privo di nuvole era segno dell'imminente inverno.

La pesante giacchetta nera da cavallo mi abbracciava mantenendo il mio calore corporeo, mentre i pantaloni attillati lasciavano passare dei refoli di vento gelato.

-Siamo quasi arrivati.- dissi dopo circa una mezz'ora che passeggiavano tranquilli, avvolti dal folto del bosco.

-Devo dire che mi sto quasi abituando.- disse Edoardo, più per farmi piacere.

-Mmh-mmh- mugugnai io poco convinta, ma prezzando il tentativo.

Dopo pochi passi il piccolo sentirò sul quale eravamo si aprì. Di fronte a noi una radura ricoperta di foglie colorate fece capolino, il dolce rumore del fiume fresco ci giunse alle orecchie.

Quel posto aveva un odore così familiare che mi emozionai. Si sentiva la terra bagnata dal ruscello, il respiro degli alberi, le foglie che stavano morendo.

Scesi dal cavallo agilmente e andai ad aiutare Edoardo, di modo che non si facesse male né lui né il cavallo.

Presi entrambi gli agili destrieri per le redini e li portai fino al fiume, legandoli a due alberi, di modo che fossero abbastanza distanti. Solitamente lasciavo Oriente libero quando andavo lì ma non sapevo che avrebbe fatto Attila, quindi mi ritrovai costretta a legarli.

Quando mi girai vidi che Edoardo aveva già cominciato a stendere le due coperte a scacchi rossi e blu. Lo raggiunsi e presi lo zaino dal quale cominciai ad estrarre il cibo.

Pasta fredda, insalata di pollo, mele e torta rigorosamente al cioccolato. Avevo cucinato tutto a casa quindi era una sorpresa per lui.

-Questo posto è spettacolare.- disse lui, affascinato, mentre guardava i grandi alberi che ci sovrastavano offrendoci l'ombra.

-Visto? Ne è valsa la pena.- dissi io entusiasta.

-Mmh- disse lui- la prossima volta sarò io a portartici, faremo molto prima.-.

Alzai gli occhi al cielo rassegnata. Tenendo conto di tutto il suo cavallo si era comportato molto meglio di lui.

Edoardo poggiò le sue dita calde sul mio mento, facendomi voltare verso di lui e costringendo il mio sguardo nel suo.

-Sei stanca, non hai dormito bene stanotte?-chiese lui, tutto a un tratto serio e preoccupato.

Quella notte ero rimasta a dormire a casa mia mentre lui era in albergo. Si era incontrato con Luigi, che era venuto a portargli di persona notizie dal branco.

-Tutto okay.- gli dissi- Immagino che tu non abbia dormito.- dissi tentando di cambiare discorso.

Lui annuì.

-Non mi stai raccontando tutto Margherita, lo sai che lo vedo.- disse inquisitorio.

Alzai nuovamente gli occhi al cielo e cominciai a mettere la pasta bei piatti biodegradabili che avevo portato con me, abbinati a bicchieri ugualmente biodegradabili e posate in bambù.

La conversazione cadde nel dimenticatoio una volta che ebbe assaggiato la mia pasta fredda, ma rimase nell'aria una sensazione strana. Bugie.

Quando avemmo mangiato anche il dolce, con le pance piene ci sdraiammo accoccolati sulle coperte spesse e morbide, prendendone un'altra dallo zaino che ci coprisse. Io sentivo freddo, lui no.

I cavalli muovevano le code docilmente mentre si guardavano curiosamente intorno. Oriente era nel suo elemento, Attila invece guardavo tutto con occhi enormi. Piaceva a tutti quel posticino.

-Ti va di parlarmene?- chiese Edoardo accarezzandomi distrattamente i capelli.

Io rabbrividii al suo tocco, come accadeva sempre.

La sua insistenza mi metteva a disagio,mi sentivo costretta. Quando non mi sentivo libera il mio umore crollava, e io volevo solo passare una bella giornata.

-Edo per favore, lasciami in pace.- dissi io, cercando di trattenermi e pensando alle parole che dovevo dire.

Lui sbuffò piano e si alzò. Lo vidi camminare verso il ruscello, era nervoso. Si tolse le scarpe e i calzini e immerse i piedi nel fango freddo appena lambito dall'acqua. Lo vidi disegnare distrattamente con l'alluce.

Lo stavo infastidendo con il mio comportamento, ma non sempre in una storia si è entrambi pronti nello stesso momento. Lui voleva ascoltare ma io non avevo alcuna intenzione di parlare.

-Tanto me lo dirai prima o poi.- mugugnò lui sottovoce.

Lupo di mareWhere stories live. Discover now