Capitolo 3

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Erano già tre giorni ormai che la routine si ripeteva uguale. Ci svegliavamo la mattina abbastanza presto, o meglio, io mi svegliavo presto e facevo colazione, poi svegliavo Michela che dormiva nella sua tenda accanto alla mia. L'avevamo montata subito il giorno che era arrivata. Poi sistemavamo un po' di cose, lavavamo le tazze e andavamo al mare.

-Marghe, me lo prendi tu il telo?- mi chiese Michela, biascicando le parole poiché teneva stretto tra i denti gli occhialini. In mano aveva una sdraietta da spiaggia, un tubo galleggiante e le creme solari.

-Si si faccio io, non ti preoccupare- risposi tranquilla, dato che non amavo molto fare il bagno non avevo nessun oggetto da portare e quindi avevo le mani liberissime.

Solitamente in questi giorni lei andava a farsi una nuotata mentre io restavo seduta sul bagnasciuga fino a che non tornavamo su per il pranzo.

-Margherita! Oggi devi pensare tu al pranzo- mi disse mio padre, risalendo dal market con in mano una busta bianca di plastica- io e tua madre andiamo sul gommone a cercare una caletta dove restare fino al pomeriggio.-.

-Ma, ma al cane pensate voi vero?- l'ansia nella mia voce traspariva pienamente.

-Si si la prendiamo con noi.- rispose mio padre entrando in roulotte.

Raggiunsi Michela che era qualche passo più avanti, intenta a non far cadere niente di ciò che aveva in mano.

-Miky, siamo io e te a pranzo, quindi dobbiamo salire un po' prima per preparare qualcosa...pasta fredda?-domandai per sapere le sue preferenze per il pranzo.

-E chiedi pure?-.

****

Scendemmo le scalette per arrivare in spiaggia, ma lei era talmente carica di roba che inevitabilmente cadde, ruzzolando fino al nostro ombrellone. Corsi da lei per sincerarmi che non si fosse rotta niente e poi scoppiammo entrambe a ridere.

-Oddio scusa, ahahahah, non avevo visto quello scalino!- mi disse lei con le lacrime agli per le risate.

-Ma figurati, devi imparare a portarti dietro meno roba o la prossima volta puoi romperti davvero qualcosa.- la rimproverai subito, gentilmente.

Alzò gli occhi al cielo, lasciò ciò che aveva accanto all'ombrellone e si precipitò in acqua. Io mi misi ad aprire l'ombrellone e a riordinare quello che avevamo portato. Le lanciai il tubo in acqua in modo che potesse divertirsi un po' e mi sedetti all'ombra sul mio telo giallo e rosa. La osservai mentre si muoveva scomposta facendo finta di nuotare a delfino e risi. Il bikini blu le stava un'incanto anche se aveva le movenze di un pesce fuor d'acqua.

Era strano che fosse così sgraziata dato che erano anni ormai che faceva danza ed era anche piuttosto brava. Io dal canto mio aveva iniziato con lei quando avevamo 13 anni, ma dopo due anni avevo capito bene che la cosa non faceva per me ed ero passata ad altro, equitazione.

Adoravo i cavalli, il loro manto, il loro muso e i loro occhi che sembravano mostrare emozioni come quelli umani. Avevo con il tempo imparato a sellarli, strigliarli e accudirli in generale. Montarli era semplicemente stupendo, liberatorio. Una volta sopra quell'animale ero libera di fare ciò che volevo.

Persa in quelle riflessioni non mi accorsi dei segni che mi stava facendo Michela, che uscì dall'acqua e si diresse a passo spedito verso il mio asciugamano, dato che la sabbia bruciava come lava. I miei occhi si ingigantirono quando videro i suoi piedi pieni di sabbia posarsi sul mio asciugamano intonso. Aprii bocca per dirgliene quattro, odiavo la sabbia sull'asciugamano, ma lei mi precedette.

-Hai visto chi è appena arrivato?- mi disse lei indicando spudoratamente il nuovo venuto.

Mi girai per seguire il suo dito e la prima cosa che notai furono i suoi occhi. Occhi di un color azzurro ghiacciato incorniciati da dei riccioli neri che già conoscevo.

-Edoardo, che cavolo ci fa qui?- chiesi più a me stessa che ad altri. Non era solito venire in spiaggia, non la mattina almeno. Stava scrutando con quegli occhi di ghiaccio la spiaggia in cerca di qualcosa o di qualcuno. Dopo pochi secondi, in un turbinio di colori, arrivarono altri ragazzi che riconobbi come facenti parte della sua Combriccola. Cominciarono a correre tutti insieme sulla sabbia bollente per raggiungere il bagnasciuga e dirigersi verso una porzione di spiaggia dove la sabbia non era occupata ne da ombrelloni ne da persone intente a prendere il sole.

Si fermarono davanti a un gruppo di scogli e cominciarono ad arrampicarsi per tuffarsi da lì. I loro corpi erano tutti perfetti. Muscolosi ma non troppo, alti, molto alti. Si muovevano alla perfezione, con una grazia assoluta. Sembrava che avessero provato milioni di volte questa sequenza per poterla mettere in scena così perfettamente.

La cosa che notai, e che mi sembrò subito strana, fu che tutti, ragazzi e ragazze, portassero al collo una collana simile a quella che avevo visto qualche giorno prima a Edoardo. Ma ognuno aveva un metallo diverso, fosse oro, argento o ferro, e una pietra diversa, come rubino, lapislazzulo e diamante.

Dopo pochi tuffi fece il suo ingresso un gruppetto di ragazze tra i 18 e i 25 anni, tutte ridacchianti, che si diressero verso la Combriccola con fare civettuolo. Si misero sedute sulla sabbia incitando i ragazzi a tuffarsi da sempre più in alto. Riconobbi alcune di quelle ragazze, erano sempre state presenti nel campeggio, alcune erano le figlie o le nipoti dei proprietari e questo dava loro sicurezza nell'atteggiarsi come se tutto fosse loro.

Alcuni ragazzi si staccarono dagli scogli per andare a pomiciare tranquillamente con le proprie ragazze sotto lo sguardo a dir poco schifato di Edoardo, che sembra sul punto di andarsene. Accanto a lui, una figura più piccola scrutava quegli adolescenti stesi sulla sabbia con fare corrucciato. La riconobbi come la ragazza che, appena qualche giorno prima, mi aveva colpito con una spalla mentre tornavo in piazzola.

Io e Michela guardavamo quella scena come rapite. Stavamo spudoratamente fissando quell'agglomerato di colori dato dagli sgargianti costumi che indossavano. In quel momento lo sguardo di Edoardo si posò su di me, ma non riuscii a leggere niente sul suo volto poiché accecata dalla luce riflessa dal rubino che portava al collo.

Questo mi risvegliò e guardai l'orologio scoprendo che erano già le 11:30. Se volevamo preparare il pranzo era meglio andare a farci una doccia e comprare qualcosa al market. Così misi Michela al corrente dei miei piani e ci dirigemmo verso le docce fredde vicino alla spiaggia.

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Ciao! Mi chiamo Martina e ho 20 anni. Sto scrivendo questa storia per staccare un po' dallo studio.

Fatemi sapere se vi piace come sta procedendo. Vi chiedo in caso di stellinare e commentare⭐️
Se trovate qualche errore sarei felice se me lo faceste notare in modo che io possa correggerlo😉

Cercherò di aggiornare periodicamente il giovedì e la domenica, poi andando avanti vedremo.

Grazie!♥️♥️

Lupo di mareWhere stories live. Discover now