Capitolo 39

2.7K 113 1
                                    

Ero uscita. Ero libera. Non sapevo cosa altro fare. Ero da sola nascosta tra l'erba con il sole che scendeva a picco molto velocemente. Presto non ci sarebbe stata alcuna luce. Ero un'umana indifesa. Non facevo un vero pasto da almeno due giorni ed ero esausta.

Presto mi avrebbero trovata, in fin dei conti erano dei lupi quelli che mi cercavano. Io avevo un odore molto peculiare come naturale, in più ero stata marcata da un Alfa. Questo mi rendeva visibile come se fossi stata vestita dalla testa ai piedi con un materiale fluorescente.

Non potevo fare alcun rumore perché si erano accorti della mia assenza, quindi mi avrebbero trovata troppo facilmente. Il mio cervello correva alla ricerca di una soluzione, ma non ce n'era alcuna.

Scovolai lentamente e silenziosamente sull'erba, poco lontano si ergeva un bellissimo abete sul quale mi sarei potuta arrampicare. Quella era la mia meta.

Quando però cominciai a muovermi notai qualcosa di strano. Nella casa c'era agitazione, era evidente. Ma nessuno usciva. Anzi, i pochi ragazzi che avevo visto la mattina stessa di guardia non erano presenti.

Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo. Perché se avevano capito che ero scappata nessuno era venuto a cercarmi? Capii il motivo poco dopo.

Intenzionata a non lasciarmi sfuggire l'occasione, mi mossi quatta quatta nell'erba fresca e mi avvicinai al limitare del bosco. La ferita sull'addome aveva ripreso a sanguinare quando ero saltata dalla finestra e bruciava come nel momento in cui mi era stata inferta. Nonostante avesse avuto del tempo per cicatrizzare non era riuscita a chiudersi, immaginavo ci volessero dei punti.

Inoltratami nel bosco di poco più di qualche metro sentii nettamente dei movimenti vicino a me. Mi avevano individuata. Mi mossi fulminea come avevo imparato al campo e centrai in pieno petto il rapitore con un calcio potente.

Nel tempo a mia disposizione tirai fuori il coltello dal teatro dei miei pantaloni e lo agguantai saldamente con la mano destra, nella sinistra il coltellino svizzero.

Il cuore batteva a mille, l'adrenalina mi scorreva nelle vene. Guardai a terra dove la persona stava tossendo silenziosamente fino a che la mia attenzione venne attratta da un piccolo particolare, di enorme importanza.

Al suo collo brillava una luce color smeraldo. Mi inginocchiai al suo fianco per accertarmene. Era Lorenzo, un lupo di Edoardo. Lo guardai mortificata e confusa mentre lui sorrideva tranquillo.

Si alzò in piedi e lanciò un ululato acuto mentre si trasformava davanti a me. Abbassò la testa inchinandosi e avvicinandosi alla mia mano tuffò il suo nasone umido sul mio palmo. Entrai in contatto con i suoi pensieri, ma non solo quelli. Vedevo quello che avevano visto i suoi occhi. Ma non solo quello, anche cioè che avevano visto gli altri appartenenti al branco.

Edoardo straziato, inginocchiato in spiaggia. Aurora triste che confortava il fratello. I piani del branco per venirmi a prendere. L'effetto che aveva avuto la telefonata da parte di Alberto.

Vidi tutto in modo nitido dentro la mia testa. Poi sentii Lorenzo che comunicava con me.

"Devo portarti al sicuro, sali su di me.".

Poggiai la mano destra nel folto del suo pelo scuro e inspirai profondamente per calmarmi. Stavano accadendo troppe cose contemporaneamente. Nonostante Lorenzo fosse più piccolo di Edoardo era comunque enorme rispetto ad un lupo normale.

Mentre scalavo il fianco di Lorenzo, indolenzita in vari punti sentii scoppiare delle grida. Mi voltai velocemente e vidi più lupi che avevano accerchiato l'edificio nel quale ero rinchiusa fino ad un attimo prima.

Quello che attirò la mia attenzione fu un bellissimo esemplare di lupo rosso, enorme, con al collo una luce rossa accecante. Il mio Lupo.

Mi sentii quasi mancare dal sollievo che provavo per quella vista. In quel momento Lorenzo partì velocemente al galoppo, sottraendomi alla vista del branco.

******

Le sue forti braccia mi circondavano, tenendomi al sicuro. Non so da quanto tempo fossimo così. Sapevo che eravamo stati lontani per tre giorni e tanto mi bastava per voler passare il resto del mio tempo in quella posizione.

Lorenzo mi aveva portato nella casa nel bosco dove ero stata quel 15 agosto in cui tutto era cambiato. Li avevamo aspettato per qualche ora che il resto del branco ci raggiungesse, mentre lui connesso con gli altri lupi mi aggiornava su cosa stesse accadendo.

Avevo scoperto il motivo per cui non mi avevano dato la caccia fuori dalla tenuta. Edoardo era arrivato e aveva richiesto che venissi liberata, in cambio non ci sarebbero state ritorsioni.

Il branco di Alberto però non voleva assolutamente farlo e aveva mandato i suoi lupi a prendermi per potermi torturare nuovamente, ma stavolta lo spettacolo sarebbe stato dal vivo. Peccato che non mi avevano trovata nel loro scantinato in quanto io ero appena scappata.

Avevano cercato di bluffare fino a che Lorenzo non mi aveva trovata e aveva dato il segnale. A quel punto si era scatenato il putiferio. Il Branco del Sole, capitanato dal suo quasi Alfa aveva attaccato la tenuta.

Lorenzo mi diceva tutto quello che stava accadendo fino a che, verso le 21 non mi aveva detto che stavano tornando. Non avevano avuto perdite, solo qualche ferito.

Il branco rivale aveva perso due lupi. Me ne dolasti, in fin dei conti erano solo ragazzi aizzati da un alfa codardo. Alberto si era rintanato nel bosco appena aveva capito che non avrebbe avuto chances.

Singhiozzai nuovamente sul petto muscoloso di Edoardo.

-Shhh, va tutto bene.- mi sussurrò con le labbra a pochi millimetri dal mio orecchio.

Gli altri erano fuori nella sala mentre io ed Edoardo eravamo in una piccola stanza, arredata con un bel divano.

-Mi dispiace così tanto.- mi disse lui staccandosi da me per potermi guardare negli occhi.

-Non è colpa tua.- dissi io, persa nel blu profondo delle sue iridi.

-Dovresti farti controllare quelle ferite.- mi disse gentilmente.

Sapevo che erano venute anche delle Mezzane con lui, Mezzane che erano in grado di guarire le ferite di licantropi e non.

Annuii impercettibilmente perché l'addome e i piedi mi bruciavano senza tregua. Senza staccarsi da me si alzò dal divano tenendomi in braccio. Aprì leggermente la porta della camera e sentii che il chiacchiericcio veniva sostituito dal silenzio. Il Branco era in apprensione per la sua Nuova Luna.

-Matilde, per favore, puoi venire a controllarla?- chiese gentilmente con la voce stanca.

Una ragazza sui 20 anni si alzò dal divano, era alta e affusolata, davvero stupenda. Si mosse velocemente e silenziosamente.

Edoardo mi poggiò sul divano e rimase a vigilare con occhi attenti.

-Edoardo, puoi uscire per favore?- chiese educatamente Matilde.

Edoardo scosse la testa, non aveva intenzione di lasciarmi neanche per un istante. Ma io avevo bisogno di un po' di privacy.

-Per favore Edo, aspetta qui fuori.- dissi io.

Lui mi fissò per qualche istante e poi, contrariato, uscì cautamente dalla camera, chiudendosi la porta alle spalle. Ero conscia che avrebbe comunque sentito tutto.

-Come ti senti, Nuova Luna?- mi chiese gentile la ragazza.

-Principalmente mi fanno male i tagli che ho qui- dissi indicandole l'addome e il costato- e il piede destro. Non ho potuto disinfettare nulla, solo sciacquare con l'acqua.-.

Lei annuì seria e prese dalla borsa tutto il necessario. Con poche e semplici manovre mi rimise in sesto. L'alcol bruciava sulle ferite ma era un bruciore bello, giusto. Mi sentivo finalmente al sicuro.

Lupo di mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora