Capitolo 42

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-Comunque oh, questa non è mai stata con nessuno, arriva lui e dopo due mesi che lo conosce ci va praticamente a convivere.- disse Lucia dopo un po' che parlavamo.

Stavamo aspettando le nostre ordinazioni. Io avevo preso una cioccolata calda fondente con panna abbondante, Edoardo, Tommaso e Michela un vin brûlé, mentre Lucia e Luca un te aromatizzato al frutto della passione.

Io mi misi una mano davanti al viso, imbarazzata dalle parole della mia amica.

-Beh, magari non lo avrei detto con questi termini ma si, in effetti, sei molto presa.- disse Michela, stringendosi nella spalle.

Mi voltai verso Edoardo, per vedere come prendesse quelle affermazioni. I suoi occhi celesti riprendevano il colore freddo del cielo, ma erano ridenti. Si divertiva con i miei amici.

-Oh- cominciai io, rendendomi conto di non sapere come continuare- è così-.

Fortunatamente venni salvata dal cameriere ma non sfuggii allo sguardo curioso di Edoardo. Cosa ci trovavo di speciale in lui? Era questa la domanda che leggevo nei suoi occhi. Tutto, era la mia risposta.

Il dolce profumo della cioccolata stuzzicò le mie narici e venne coperto da quello inebriante del vin brûlé. Storsi il naso a quell'odore alcolico mentre Michela e Lucia ridevano.

-Nessuno riuscirà mai a raddrizzarla.- disse ridendo Lucia mentre Michela continuava- te e l'alcol non andrete mai d'accordo.-.

Io gli feci il verso, toccando con le mani fredde il caldo della ceramica della tazza fumante, mi scaldai subito. Anche il resto fu servito. Il te in delle tazze simili alla mia ma accompagnato dalla teiera, il vin brûlé invece in dei simpatici bicchieri che sembravano essere stati scavati nel legno scuro, con bastoncini di cannella e pezzi di frutta che uscivano dal bordo.

Rubai fulminea il bastoncino di cannella del mio ragazzo e lo infilai nella mia cioccolata bollente, sul viso un espressione dolce di scuse. Lui roteò gli occhi al cielo, si avvicinò al mio orecchio e bisbigliò.

-Stasera te la farò pagare.-.

Cinque parole che mi scaldarono più velocemente della cioccolata nella quale tuffai il viso, per nascondere il rossore delle mie guance.

Passammo il pomeriggio così, tra amici a chiacchierare. Era davvero strano vedere il ragazzo-lupo a suo agio in mezzo alle persone.

Verso le 18 stava ormai calando il sole, l'arancio e e il rosa invasero il cielo dando a quel bar un'atmosfera magica. Le nuvole si colorarono di tutti i colori e si resero più evidenti quelle scure che minacciavano pioggia. Decidemmo di alzarci, pagare il conto rigorosamente alla romana e fare quattro passi per poi andare a cenare in un ristorante sempre in centro.

Feci vedere a Edoardo i punti salienti della città. I palazzi storici, le chiese, il duomo. Edoardo girava con il naso all'in su, ipnotizzato. La mia mano era saldamente legata alla sua.

Ero felice di vederlo rilassarsi, non pensare a quello che si era lasciato al mare. Le sue spalle non erano più tese, sorrideva senza minimamente pensarci. Stavo finalmente conoscendo l'Edoardo-ragazzo, non solo l'Edoardo-quasi-Alfa.

-Guarda la luna, sta calando.- disse affascinato.

Ovviamente in quanto licantropo aveva un legame speciale con la luna, inoltre per noi era particolarmente importante il giorno in cui sarebbe stata di nuovo piena, anche se sarebbe avvenuto dopo circa tre settimane.

-Lo so- dissi- è bellissima.-.

Avevo imparato ad apprezzare la luna e le sue fasi, seguendola con attenzione e vedendo i cambiamenti che portava su Edoardo. Anche se non avevo mai avuto modo di vedere l'effetto della luna piena su di lui.

Si girò verso di me e mi diede un bacio sulla tempia. Il suo braccio scivolò attorno alle mie spalle, stringendomi e scaldandomi.

-Ehi piccioncini, che ne dite di fare un salto al belvedere?- chiese Luca, abbracciato a Michela.

-Si dai!- dissi io agitata, a Edoardo sarebbe piaciuto sicuramente.

Così raggiungemmo il punto del centro dal quale si poteva ammirare l'intera città ai nostri piedi. Le infinite luci di vari colori che disegnavano nel buio della notte strane costellazioni.

Edoardo guardava tutto estasiato, quasi rapito. Adoravo vedere il mondo in piccolo, pensare a tutto ciò che accadeva lontano da noi, illuminato da quelle piccole lucine era come fosse un presepe.

-Che ne dici?- chiese Tommaso a Edoardo, dandogli una spallata amichevole.

-È davvero stupefacente- disse lui, abituato ad una cittadina sul mare, dove difficilmente si poteva vedere quello spettacolo dall'alto.

Venni tirata da parte da Michela, mentre si avvicinava ad Edoardo anche Luca.

Guardai le mie amiche interrogativa.

-State sempre appiccicati, non possiamo parlarti in privato neanche per un secondo!- disse Lucia, dando voce ai suoi pensieri in modo schietto, come sempre.

Michela si chiuse nelle spalle, segno che anche lei si associava al pensiero dell'amica anche se lo avrebbe espresso con parole leggermente diverse.

-Inoltre- aggiunse la bionda -Luca e Tommaso devono fare il ruolo di fratelli maggiori.-.

-Ehi, io ho un fratello...e non voglio che mettano in soggezione Edoardo, dai.- dissi io, già in ansia al solo pensiero.

-Beh deve avvenire e poi noi dobbiamo chiacchierare liberamente.-.

******

Avevamo appena finito di cenare, io e gli altri eravamo fermi all'uscita dal ristorante, immobili.

Al di fuori imperversava il diluvio universale. Sembrava quasi che gli inquilini al di sopra del ristorante stessero buttando fuori dalle finestre secchiate d'acqua.

-Arriveremo fradici.- conclusi io.

Erano già dieci minuti che aspettavamo che spiovesse ma sembrava rinforzare sempre più il mal tempo invece che arrestarsi.

Ognuno di noi si guardò negli occhi e così decidemmo di affrontare il mal tempo. Ci salutammo a suon di baci schioccanti sulle guance e poi ci lanciammo in una corsa disperata per raggiungere le macchine.

Ovviamente quelli con la macchina più lontana dal ristorante eravamo noi, che l'avevamo messa dalla parte opposta del centro. Ci aspettava una bella doccia.

Aprii l'ombrellino che avevo fortunatamente preso dalla macchina prima di scendere e lo diedi ad Edoardo, mentre mi buttavo sulla testa il cappuccio del giacchetto impermeabile.

Corremmo a perdifiato, nonostante sapessi che il mio ragazzo si stesse limitando a stare al mio passo. Quando arrivammo alla macchina eravamo completamente fradici.

L'acqua mi colava addosso come un fiume in piena, i vestiti mi si erano appiccicati come una seconda pelle. Staccai i capelli da davanti alla faccia in modo da poterci vedere.

Rabbrividivo mentre tentavo di accendere la macchina e attivare il riscaldamento. Al mio fianco, sul sedile del passeggero, Edoardo era ugualmente bagnato fradicio, ma insensibile al freddo.

Mi guardava con occhi scuri, incantato dalle mie forme particolarmente evidenziate dai vestiti bagnati.

-Appena arriviamo in albergo ci penso io a scaldarti.- mi disse con voce roca.

La chiacchierata con i miei amici non gli aveva nuociuto.

Lupo di mareWhere stories live. Discover now