Capitolo 1 ♠ Memories

20.8K 716 34
                                    

Eccoti lì.

Sfrecciando sui tetti delle case di Manhattan, vidi un'ombra attraversare i vicoli delle strade. Ogni volta che raggiungevo il limite di un tetto, saltavo su quello successivo senza mai distogliere lo sguardo dal mio obbiettivo. Il vento sferzava la parte esposta del mio viso e una ciocca di capelli neri fuoriuscì dal cappuccio. Si è fermato. Sul mio volto si formò un ghigno divertito. Scivolai sulle tegole di una casa e saltai giù, atterrando sul corrimano di una scala esterna e scivolai ancora, fino a raggiungere direttamente la strada. Ricominciai a correre. Svoltai in un vicolo buio e lo trovai di spalle, immobile.

«Hai commesso un errore.» Dissi, il ragazzo si girò di scatto. «Mi deludi Aaron, ormai dovresti aver imparato che non puoi prendermi in giro.» Ridacchiai.

«Alexys! Sono innocente, lo giuro!» Implorò.

«E ora stai mentendo. Non credo che uccidere un umano e bere tutto il suo sangue ti renda innocente, o sbaglio? Almeno sii più furbo e non farlo in uno dei locali più famosi di New York!» Lo presi in giro e gustai il rapido lampo di paura apparso nei suoi occhi.

«Non mangiavo da tre giorni, cerca di capire!» Era terrorizzato. Decisi di abbassarmi la maschera, scoprendomi completamente il viso. Avanzai e mi fermai a pochi passi da lui.

«Le leggi scritte mille anni fa vanno rispettate e mi dispiace, ma tu non fai eccezione.» Indietreggiò fino a che non si ritrovò con le spalle al muro di mattoni di uno dei due edifici che costituivano la via. Aveva i minuti—no, i secondi—contati. E lo sapeva bene. Scoprì le zanne e cercò di mordermi. Spostai il busto di lato e, dopo avergli sferrato una gomitata in gola, presi uno dei miei paletti di legno e gli trapassai il cuore.

Emise un gemito di dolore, accasciandosi su di me. Lo trascinai in fondo al vicolo e lo nascosi dietro ad un cassonetto della spazzatura. All'alba scomparirà senza lasciare tracce. Sollevai la mia maschera e mi inoltrai nella notte.

Una volta arrivata al mio appartamento, mi tolsi l'arco dalle spalle, così come la cintura con le armi e i pugnali da lancio. Appoggiai il tutto su una mensola in soggiorno, troppo stanca per arrivare fino al loro nascondiglio.  Avrei pagato il giorno dopo per la mia pigrizia. Mi riabbassai la maschera e il cappuccio, mi levai del tutto la tenuta e mi misi un semplice paio di pantaloncini con una canottiera, dopodiché presi una coperta e mi misi rannicchiata in un angolo del divano. Allungandomi verso il telecomando, accesi la televisione e aprii Netflix.

Vivevo da sola, in questo c'erano sia aspetti negativi che positivi: quelli positivi erano il fatto di non dover aggiornare nessuno dei propri movimenti durante la giornata e non dover dividere le proprie cose con altri, gli aspetti negativi non erano non poter parlare con qualcuno o dover cucinare sempre io, ma la consapevolezza di non aver amici perché nessuno si fidava di me, solo i miei genitori lo facevano. Ma il punto era anche questo: i miei genitori morirono dodici anni fa, quando avevo solo sette anni. Furono uccisi da alcuni vampiri, i loro volti impressi nella mia memoria.

Dodici Anni Prima

«Ancora! Ancora! Ancora!» Mia madre mi aveva appena mostrato come far volare dei pezzetti di carta strappata.

«Tesoro, avevi promesso di andare a nanna quando l'avrei fatto, è già la terza volta che chiudo un occhio. E cosa ti hanno insegnato la mamma e il papà?» Chiese accarezzandomi la guancia. «Quando fai una promessa, nulla deve impedirti di infrangerla, non se hai abbastanza coraggio e forza di volontà.» Ripetemmo all'unisono.

«Ma io non ho detto di voler dormire!» Azzardai. Lei mi lanciò uno sguardo di sfida.

«Ah sì? Forse posso convincerti io? Se non dormi entro trenta secondi, ti appendo a testa in giù al lampadario. A te la scelta.»

«Ma questo è ricatto!» Riprovai. «E va bene. Sei una noia mortale.»

«Ne terrò conto.» Sorrise. E così dicendo uscì dalla stanza, lasciandomi sola. Mi rigirai tra le coperte, cercando inutilmente di prendere sonno. Avevo uno strano presentimento, capitava spesso in quei giorni, era come se avessi un nodo allo stomaco, ed ero incapace di scioglierlo.

Un'ora dopo sentii uno schianto al piano di sotto, rotolai giù dal letto e corsi alle scale. Mi accucciai vicino alla ringhiera e guardai dall'alto quanto stava succedendo. Tre uomini erano all'ingresso e, guardandoli bene, ciascuno aveva un paio di denti più lunghi del normale.

Vampiri.

Dietro di loro, ancora oltre l'uscio, una donna aveva appena finito di pronunciare un incantesimo.

Strega.

Alzarono lo sguardo e, quando puntarono i loro occhi su di me, uno di loro chiese. «È lei? Sicura?»

«Si, è lei. E' sia strega che cacciatrice.» Fu la strega a rispondere.

«Bene. Per legge non possono esistere ibridi, ma potrebbe servirci in futuro, quindi non possiamo permetterci di perderla, intesi?» Gli altri annuirono. «Prendete i trasgressori e portateli via.» Mi accorsi solo in quel momento che poco più in là erano stesi a terra due corpi. Erano mamma e papà.

Una lacrima mi rigò la guancia, raggiunse il mento e finì per terra. Non avevo saputo reagire, la paura si era impossessata di me e non avevo nemmeno provato a cercarli o ad aiutarli.

E sapevo che quello che era successo in parte era anche colpa mia.

Piansi fino ad esaurire le lacrime, non avevo nessun altro a cui tenevo per cui piangere, quindi non avrei pianto per nessuno. Solo in memoria dei miei genitori.

E mentre fissavo il vuoto che la porta sfondata aveva creato, decisi che il mondo non aveva bisogno di altre creature assassine.

***

Mi addormentai così, con una lacrima sull'orlo di uscire e il ricordo delle dolci parole che ogni notte la mamma sussurrava al mio orecchio prima di dormire.

HunterWhere stories live. Discover now