Capitolo 6 ♠️ Hunter

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Vampiri.

Decine di vampiri avanzavano lentamente, seguendo un uomo dalla carnagione biancastra.

«Ma buongiorno ragazzi! Com'è che riuscite a stare alla luce del sole senza arrostirvi?» Ironizzai.

«Magia. Tu più di qualunque altro cacciatore dovresti conoscerla.» Rispose un giovane ancora seminascosto dagli alberi. Ricevette uno schiaffo da un altro, probabilmente per aver parlato troppo.

«Io, cacciatore? Ma sei pazzo?» Finsi una risata innocente. «Sono solo una ragazza che ha visto abbastanza cose da saper riconoscere una creatura soprannaturale quando la vede, niente di più.»

«Ora basta!» Gridò l'uomo che precedeva gli altri. «Tu adesso vieni con noi.» Aggiunse avanzando.

«L'importante è che sia convinto tu.» Mi scagliai addosso a lui, brandendo il pugnale. Mostrò le zanne. Concentrata sulla minaccia principale, la bocca, fui lenta nell'accorgermi del pugno che arrivò al mio stomaco, facendomi piegare in due più per la sorpresa che per il dolore.

Appunto mentale: i vampiri furbi non usano solo i denti.

Non appena fece per prendermi, sollevai il busto di scatto e lo trafissi al cuore, guardando impassibile i suoi compagni da sopra la sua spalla. Quando si accasciò a terra, gli altri trasalirono e uno, coraggioso ma stupido, corse verso di me.

«Fratello!» Urlò.

Con la mano aperta lo colpii allo sterno, facendolo finire con le gambe all'aria. Quando fu per terra, mi abbassai e lo afferrai per il bavero della sua giacca.

«Dì' ai tuoi amici che la vendetta va servita fredda su un piatto d'argento, oppure con un bel bicchiere di acqua santa.» Alle mie parole, indietreggiò strisciando e si alzò a fatica, correndo verso gli alberi, seguito a ruota da tutti gli altri.

Recuperai il pugnale dal petto del vampiro che avevo ucciso e lo sciacquai nel lago, guardando il sangue staccarsi da esso e mescolarsi all'acqua. Alzai lo sguardo verso la riva opposta del lago e tra gli alberi intravidi una casa e delle persone al di là delle finestre. La vista si acuì sempre di più, fino a quando non raggiunse i livelli di un falco. Spostando lo sguardo a sinistra, vidi un ragazzo dall'aspetto familiare... e aveva gli occhi puntati proprio su di me. Christopher.

Sogghignai rendendomi conto che doveva avermi vista uscire dallo scontro di prima senza neanche un graffio. Mi raddrizzai e alzai la mano in segno di saluto.

In risposta lui sollevò il mento una volta, sorridente. Era in piedi alla finestra spalancata, con le braccia incrociate al petto.

Feci roteare il pugnale che avevo in mano e, con un movimento rapido, lo riposi nello stivale.

«Stalker.» Dissi ad alta voce. Non appena la parola uscì dalle mie labbra, vidi il licantropo scuotere la testa con un sorrisetto compiaciuto. Come se mi avesse ascoltato. Feci una smorfia, la cosa mi inquietava non poco. Poi ebbi un lampo di genio: udito da licantropo.

«Puoi sentirmi, non è così?»

Annuì, stavolta con un sorriso intero a illuminare il suo viso. Mi accorsi che era appoggiato con le gambe ad una scrivania solo quando si staccò da essa per avanzare verso di me. Sciolse le braccia per infilarle nelle tasche dei pantaloni subito dopo e, non sapevo perché, ma il gesto gli conferì un'aria più attraente.

«Ho l'impressione che abbiamo iniziato col piede sbagliato–

«Con la zampa sbagliata.» Lo interruppi.

Mi guardò impassibile. «Non fa ridere.»

«Oh sì che fa ridere.» Sghignazzai mentre lui squoteva la testa.

«Dicevo... penso che dovremmo cenare insieme e seppellire l'ascia di guerra.»

Assottigliai lo sguardo. «Ma non mi sono ancora divertita abbastanza.»

«Oh andiamo, preferisci un amico o un nemico come vicino di casa?»

«Dipende da cosa cucini.» Feci la sospettosa.

«Non ho intenzione di cucinare: ordino la pizza.» Fu la sua risposta.

Non resistivo alla pizza. «Quasi quasi...»

«E le patatine.»

«Venduta, signori!» Sorrisi e iniziai a camminare lungo la riva del lago, per farne il giro e andare da Christopher.

Quando arrivai, trovai Ray ad accogliermi.

«Tu che ci fai qui?!» Ringhiò.

«Rilassati.» Ribattei. «Mi ha invitata Christopher.»

Sgranò gli occhi. «Lui?»

Feci spallucce. «Ha sorpreso anche me, ma così è la vita, no?» Sorrisi ironica.

«Avrai quello che ti meriti, stronza.»

«A parte il ramo in testa, c'è qualche motivo particolare per cui mi odi così tanto?»

«Quello che sei! Cacciatrice! Stai lontana da questo branco o giuro su tutto quello che ho che ti uccido.» Gli occhi ormai illuminati di un giallo intenso, segno che la rabbia stava per fargli perdere il controllo. Avrebbe fatto una strage.

«Adesso calmati. Non sono qui per voi.» Sollevai le mani con i palmi verso di lui. «Non mi sono autoinvitata, prenditela con Christopher se la cosa ti disturba tanto.» Stavo alzando la voce senza volerlo.

«Non fare la vittima. Vattene, qui non ti vuole nessuno.» Avanzò pericolosamente verso di me. «Non ti avvicinare mai più a noi, nemmeno a scuola. Se ci incontriamo nelle aule o nei corridoi, tiri dritto e non alzi lo sguardo.»

Mi stavo innervosendo. «Chi ti credi di essere per dirmi cosa devo fare? Nemmeno io sono una vostra fan, ma almeno ho la decenza  di tenermelo per me!»

«Sono quello che ti renderà la vita impossibile se non segui gli ordini!»

Ero ufficialmente fuori di me. Nessuno mi dice cosa fare. Nessuno decide per me.

«Ma stai zitto, Dentone!»

«Cosa? Dentone?» Oh oh. «Ma cosa ti sei fumata?» L'espressione incredula sulla sua faccia bastò a convincermi che avesse abbassato la guardia. Senza pensarci due volte, gli saltai addosso e lo feci cadere per terra, ruzzolando insieme sulla ghiaia.

Quando ci fermammo, io ero sopra di lui con una mano stretta a pugno e il braccio sollevato, in modo da dare la carica al colpo... che fu interrotto da un paio di mani che mi afferrarono i fianchi, staccandomi da Ray e lanciandomi al suolo. Atterrai poco lontano dal ragazzo che stava per perdere il naso.

«Ma dico, siete impazziti?» Christopher non nascose lo stupore. «Che vi prende?» Si passò una mano fra i capelli mentre porgeva l'altra a Ray per aiutarlo ad alzarsi.

Quest'ultimo, una volta in piedi, mi lanciò uno sguardo di fuoco. Mi misi anch'io ben stabile sulle mie gambe e lo fissai con un'intensità mai usata prima.

Tutto era immobile, il silenzio regnava sovrano. Poi lo vidi sussultare, un'espressione confusa si dipinse sul suo volto mentre si portava una mano alla tempia.

Iniziarono le urla. Erano laceranti. Non sapevo cosa fare, né cosa fosse quella forza che sentivo crescere dentro di me. Sempre di più, sempre di più. Fino a quando non resistetti più e crollai, serrando gli occhi. Percepivo a malapena la ghiaia che penetrava nelle ginocchia.

Li riaprii solo quando sentii una mano afferrarmi con forza i capelli.

«Che cosa sei?» Mi ritrovai alla mercé di un Alpha furioso, incredulo e spaventato.

«Cosa?» Faticavo a capire cosa mi stesse dicendo.

«Cosa. Sei.» Scandì le parole.

«Io non... io non lo so.» Abbassai lo sguardo, sfinita.

Lo sentii sospirare pesantemente. «Ti conviene capirlo in fretta. Ora è meglio che te ne vada.» Disse lui. «Capirai anche tu che non è il caso di cenare insieme.»

«Lascia perdere la cena, non è importante.» Me ne andai a casa, con un nodo alla gola così stretto che non avrei toccato cibo in ogni caso.

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