Capitolo 23 ≈ Monashee Mountain

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La strada sterrata si allungava ancora per chilometri e chilometri davanti a me, non avevo nessun casco, quindi il vento scompigliava tutti i miei capelli, mandandomene alcune ciocche in bocca. Una cosa che proprio non sopportavo.
Il sole stava sorgendo, ma non avevo nessuna intenzione di fermarmi a fare soste di alcun genere, a meno che non fosse strettamente necessario. Dopo due ore di viaggio, iniziai a sentir male al fondoschiena. Il cellulare iniziò a vibrare improvvisamente, distraendomi dal dolore all'osso sacro, così decisi di accostare e rispondere.
-Chi è?-
-Signorina Storm, é un piacere constatare che il suo numero corrispondeva a quello trovato nella rubrica dell'Alpha Christopher.- Sentire il mio cognome risveglió in me una miriade di ricordi legati alla mia infanzia, ma cercai di rimanere impassibile.
-Dottore, sono felice per lei. Ha chiamato solo per questo?-
-In realtà no, signorina.-
-Allora perché non mi spiega il suo motivo?-
-Beh, sarebbe alquanto spiacevole dover abbandonare la bella moto che ha preso in prestito alla prima occasione, quindi mi sono permesso di introdurmi nella sua stanza e infilare nella tasca sinistra dei suoi pantaloni la chiave della moto che ha così prevedibilmente preso in prestito.-

Infilai una mano nella tasca interessata e sentii subito il freddo metallo a contatto con la mia pelle. Estrassi una chiavetta dalla lunghezza pari a poco più di metà del palmo di una mano. -Ma come...-

-Mentre lei era incosciente, ho avuto modo di conversare con suo padre, un mio amico di vecchia data, e mi ha raccontato molte cose su di lei. Della sua indole ribelle e della sua testardaggine, così mi è venuto istintivo pensare che avrebbe rubato la moto dell'uomo che l'ha tenuta prigioniera. Jonah mi ha lasciato intendere che è immensamente orgoglioso di lei, e che ha sentito molto la sua mancanza.-

-E...- Mi interruppi, faticavo a respirare. -Mia madre?-

-Erikah... Jonah non sa più niente di lei da... mesi.-

-Mesi?!-

-Mi spiace, signorina...- Riagganciai e rimisi il cellulare in tasca. Spensi e riaccesi la moto con la chiave e ripartii.

****

Ero lì, ferma ai piedi del Monte Monashee da almeno dieci minuti, indecisa su dove iniziare a cercare. Le strade erano prevalentemente in salita, come in ogni montagna, e portavano tutte in direzioni differenti. Anche qui, scelsi quella che mi ispirava di più. Imboccai il sentiero che conduceva a sinistra, mantenendo comunque una velocità abbastanza bassa.

Percorsi sentieri e stradine piene di erbetta, fango e terra, fin quando potei finalmente dire di trovarmi in un fitto bosco di montagna. Scesi dalla moto e la spensi, per evitare di far rumore.

Mi passai una mano fra i capelli, sospirando, e presi a camminare in mezzo agli alberi, pieni zeppi di funghi e cespugli di bacche. In lontananza, un piccolo cerbiatto tentava di staccare delle bacche da uno dei cespugli di fronte a lui, con pochi risultati. Questo perché usava le zampe anziché afferrarle con il muso, di conseguenza erano poche quelle che riusciva a prendere. Mi avvicinai per aiutarlo, stando attenta a non spaventarlo.

Quando fui a pochi passi da lui, al contrario delle mie aspettative, si girò a guardarmi con curiosità. Doveva essere nato da molto poco, per non considerarmi da subito un pericolo. Sotto il suo sguardo, mi abbassai a raccogliere più bacche possibili e le misi tutte sul palmo di una mano, allungandola poi verso l'animale.

Lui si avventò su di essa, divorando i piccoli frutti colorati che conteneva, una volta che ebbe finito, spinse il musetto contro l'altra mia mano, cercandone ancora.

-Eh no, adesso basta. Altrimenti poi diventi una palla!- Gli accarezzai il collo, facendogli socchiudere gli occhi.

Improvvisamente, qualcosa di grosso e peloso sbucò fuori dal nulla e scaraventò il povero cerbiatto contro un albero con una rapidità incredibile.

Un lupo color caffellatte stava davanti alla sua preda che, terrorizzata, aveva chiuso gli occhi per non vedere in faccia la propria morte. Il lupo, con un veloce morso sul collo, lo uccise all'istante. Colpì proprio il punto dove lo avevo accarezzato poco prima. Dopodiché spostò il suo sguardo su di me, camminava lentamente, e cercava di fare uno sguardo intimidatorio.

Ma con me non funzionava.

Mi raddrizzai dalla posizione in cui ero rimasta e lo guardai negli occhi, sfidandolo apertamente. Lui non demorse, sembrava quasi divertito dalla situazione creatasi.

-Ho bisogno di parlare con il branco che abita questi boschi, potresti portarmi da qualcuno che ha voce in capitolo nelle decisioni da prendere?- Rimase immobile. -Ora, se possibile.- Aggiunsi. Il lupo emise un ringhio, qualcosa simile ad una risata, squadrandomi da capo a piedi. Non sembrava avermi presa sul serio. Ero un po' dispiaciuta... per lui.

La gamba partì ancor prima che me ne rendessi conto, diretta verso la sua gola, l'impatto mi causò una leggera fitta di dolore alla caviglia, aveva più muscoli di quanto pensassi. Persino la gola era paragonabile ad un muro. Tuttavia, il colpo provocò l'effetto desiderato: guaì leggermente, barcollando all'indietro, si accucciò a terra e ringhiò.

"Perché non ho portato neanche un pugnale d'argento?" In una frazione di secondo, mi ritrovai schiacciata contro il terreno, il lupo sopra di me. Tentò di azzannarmi il collo, ma rotolai di lato appena in tempo, cercando di allontanarmi carponi. Percepii un dolore atroce al fianco destro, mi aveva morsa.

Quando si va a caccia di licantropi, è importante ricordare ogni tipo di protezione per evitare i morsi. Mi tornò in mente mio padre quando, a cinque anni, gli avevo chiesto come mai si imbacuccava dalla testa ai piedi durante le notti di plenilunio. Possono risultare fatali, se inferte troppo profondamente, perché causano delle emorragie sia interne che esterne, provocando un dolore lancinante. Aveva continuato, quando parlava del suo lavoro era sempre serio e diplomatico, non importava quanti anni potevi avere.

Aveva ragione, il dolore era insopportabile. Pensai a quanto fossi stata stupida a non prendere alcun tipo di protezione. Mi accasciai al suolo. "Incosciente!" Mi ripetevo nella mia testa questa parola, perché era carica di verità.

"L'ho fatto per Christopher, lungi da me pentirmene."


HunterWhere stories live. Discover now