Capitolo 19 ♠️ One Way Out

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«Christopher!»

Mi inginocchiai accanto a lui ed estrassi la freccia dal suo corpo. La fissai per qualche

secondo, era impregnata di sangue e aveva lasciato una ferita poco superficiale.

Il suo respiro si stava facendo irregolare e affannoso.

«Chris...» Sussurrai, prendendogli il viso fra le mie dita e girando la sua testa in modo che i suoi occhi fossero puntati su di me. «Tu non morirai. Non ti azzardare ad andartene.»

Ma lui non rispondeva, gli anni socchiusi e la bocca semiaperta. Stava perdendo conoscenza, non potevo permetterlo.

Sperai che la forza che mi aveva guidata prima mi invadesse di nuovo, ma non la percepivo. Mi girai verso mio padre, ancora in piedi accanto a me. Non aveva mai smesso di guardarsi attorno, non aveva mai abbassato la guardia.

Dovevamo uscire di lì, ad ogni costo.

«Papà, vedi qualche via di fuga? Dobbiamo sbrigarci.» Dissi, tenendo Christopher ancora tra le braccia.

«Credete davvero di poter scappare via correndo?» Ci derise il bastardo che sembrava comandare i vampiri.

Una piccola parte di me percepiva ancora quella forza, ma era solo un frammento di ciò che avevo sentito prima. Nonostante questo, mi aggrappai a essa, girando il polso con uno scatto. Istantaneamente, spezzai l'osso del collo della maggior parte dei vampiri, i quali caddero a terra, incoscienti. Le loro teste girate in una posizione innaturale.

Guardai, soddisfatta, gli ultimi superstiti rimasti nella stanza. Mi osservavano come un branco di leoni con una gazzella.

«Come hai osato?» Urlò uno di loro, in preda alla rabbia. I muscoli delle sue spalle si tesero visibilmente, rendendo la maglietta che indossava molto più attillata.

Abbassai lo sguardo verso Christopher, semi cosciente dopo l'accaduto, la sua ferita pulsava e da essa sgorgava ancora sangue, troppo sangue. «Chris... guardami.» Gli ordinai, ma i suoi occhi rimasero privi di coscienza. Ormai lo tenevo sul mio grembo, era l'unico modo per sentire se respirava ancora correttamente.

Non era così. Il suo respiro non poteva definirsi tale, era un ansito continuamente interrotto, come se avesse raffiche di singhiozzo.

«No, no, no!» Gli accarezzai una guancia. «Incendia!» Gridai, ormai preda della disperazione.

Si creò un muro di fiamme che divise noi tre dai vampiri. Uno di loro provò ad avvicinarsi, ma il fuoco si alzò di due metri. Mi fissò dall'altra parte, gli occhi illuminati dalle fiamme, in una muta promessa di vendetta. Mio padre, che nel frattempo era corso verso la parete ovest della stanza, continuava a fissare e tastare il muro di fronte a lui.

«Che stai facendo?» Chiesi allibita, mentre le mie mani avevano involontariamente iniziato ad accarezzare le spalle di Christopher.

«Ricordo che una volta qui c'era un altro corridoio, è da lì che mi hanno fatto entrare la prima volta» La prima volta? Quante volte era stato trascinato da una parte all'altra come un giocattolo? Continuò a toccare la parete, fino a quando non si sente un tonfo dall'altra parte. La superficie di pietra scivolò di lato lentamente e rumorosamente, rivelando un passaggio abbastanza spazioso, ma che terminava in un altro muro.

Tornò indietro per aiutarmi, sorridendo trionfante. Sollevammo Christopher all'unisono e zoppicammo fino alla nostra nuova via di fuga.

Quando oltrepassammo il varco, la parete si richiuse alle nostre spalle.

Senza perdere tempo, osservai i miei dintorni e notai che il pavimento si interrompeva pochi metri avanti a me, lasciando spazio all'acqua. Era una piscina naturale, circondata da rocce.

«Quest'acqua porta al lago, non è così?» Chiesi a mio padre.

«Quest'acqua è il lago.» Si avvicinò a Christopher, ormai quasi del tutto incosciente.

Intuii immediatamente cosa voleva fare. «Come farà sottacqua? Affogherà!»

«Abbiamo scelta?»

Non risposi, provai a pensare a una qualunque alternativa valida, ma sapevo che aveva ragione. Non lo volevo ammettere. Lo aiutai, in silenzio, e pian piano Christopher scomparve sott'acqua. Mi tuffai immediatamente dopo di lui, cercando di raggiungerlo il più in fretta possibile.

Tenni gli occhi aperti, nonostante ciò mi procurasse un po' di fastidio. Quando sfiorai la sua spalla, strinsi la presa su di essa e lo tirai verso di me, nella speranza di arrivare presto in superficie.

Nuotai verso quello che speravo fosse l'ingresso di un tunnel subacqueo, faticando a causa del peso di Christopher che mi rallentava.

Avevo perso di vista mio padre, così mi girai un attimo a guardarmi indietro e lo vidi mentre nuotava lontano da noi. Andando avanti, notai dei massi sul fondo che andavano ad aumentare sempre di più, formando una salita ripida.

Iniziai quindi a nuotare verso l'alto, con i polmoni che iniziavano a bruciare per la mancanza d'aria e la vista si offuscava a ogni secondo che passava. L'istinto di sopravvivenza stava prevalendo sulla ragione, ebbi il desiderio irrefrenabile di aprire la bocca ed inalare una boccata d'aria. Lo stavo per fare, ma improvvisamente mi sentii tirare da un braccio e strattonare verso l'alto.

Il dolore era lancinante, era come se mille coltelli mi stessero lacerando la carne del polso. Tentai di gridare, ma la mia voce fu soffocata dall'acqua. Mi dimenai nel tentativo di sottrarmi a quella presa, ottenendo soltanto un aumento del dolore.

Non riuscivo a vedere cosa lo causasse. Tenni gli occhi serrati e sperai che quella tortura finisse al più presto.

D'un tratto l'aria tornò, così come la luce accecante del sole. Non appena ebbi aperto la bocca, sputai acqua e inalai quanto più ossigeno possibile.

Mi sentii più leggera, come se mi fossi liberata di un macigno dal petto.

Altri strattoni, e il dolore non osava diminuire. Quando finalmente raggiungemmo la riva, mi decisi ad aprire gli occhi.

«Tu?!»

HunterWhere stories live. Discover now