Capitolo 18 ♠️ Hold On

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Anni e anni di caccia a vampiri, di incubi e mezzi ricordi avevano portato a questo momento. Il momento in cui, finalmente, potevo di nuovo guardare negli occhi mio padre.
Ormai doveva avere una cinquantina d'anni, ma non era cambiato affatto dall'ultima volta che l'avevo visto. Gli occhi azzurri erano più luminosi che mai, e le palpebre erano circondate da piccole rughe di espressione.
«Quanto sei cresciuta?»
Dunque anche lui stava cercando delle differenze. Caddi in ginocchio, le gambe non erano più in grado di reggermi in piedi.
Le corde che lo tenevano immobilizzato alla sedia sembravano difficili da sciogliere, ingarbugliate con così tanta cura che dovevano esserci volute delle ore per completare l'opera.
Afferrai un coltello, che tenevo sempre con me, e tagliai il tutto in pochi minuti. Dovetti stare attenta a non ferire lui nel frattempo. Si rimise in piedi a fatica, così mi alzai anch'io per aiutarlo.
Da quanto tempo lo tenevano rinchiuso in quella stanzetta angusta?
Impiegò la maggior parte delle sue energie per stringermi in un abbraccio, e fu come se l'universo avesse finalmente ascoltato le mie preghiere.
Tra le mie braccia avevo ciò che più desiderano al mondo. Ricambiai con foga, non ricordavo l'ultima volta che avevo abbracciato qualcuno, ma doveva essere passato molto tempo. Lo dimostrava il fatto che, per una volta, ero io l'impacciata della situazione.
«Mi sei mancato così tanto, papà.» Ripetei quella parola all'infinito, come per ancorarmi alla realtà.
«Anche tu mi sei mancata molto, raggio di sole.» Disse asciugando le lacrime che non mi ero accorta di aver versato. «Non ne hai idea.»
«Com'è possibile? Ho visto il tuo corpo e quello della mamma a terra, come puoi essere qui ora?»
«Quella notte...» Sospirò. «Dobbiamo aver perso i sensi, perché ci siamo risvegliati sotto terra, circondati da vampiri. La prima cosa a cui abbiamo pensato sei stata tu, così piccola e fragile...»
«Non sono mai stata fragile.»
«E testarda, come dimenticarselo.» Mi prese il viso tra le mani. «Sei uguale a tua madre.»
«A proposito, dov'è la mamma?»
Alle mie parole, il suo sorriso scomparve. «Lei—» Delle risate catturarono l'attenzione di entrambi, si avvicinavano sempre di più.
Senza aggiungere altro, ci precipitammo dietro la porta ancora aperta, aspettando.
«Dov'è il prigioniero?!» Urlò uno di loro, entrando di corsa nella stanza. «Che è successo qui?»
«Oops... colpa mia!» Esclamai ad alta voce, attirando la sua attenzione. «Avete una donna delle pulizie? Perché servirà, se volete sistemare questo disastro.»
Il suo sguardo si soffermò prima su di me, poi su mio padre. «Tu... ci assicureremo che tu soffra le pene dell'inferno prima della tua morte. Ci implorerai di farla finita.» Ringhiò.
«Ehi, abbassa la cresta, troglodita!» Ribattei a lui, in risposta, emise un ringhio ancora più forte.
Con una velocità sovrumana, mi raggiunse e avvolse una mano attorno alla mia gola.
Colpii il suo polso con tutta la mia forza, ma non accennò a muoversi, la sua presa di ferro si strinse ulteriormente.
Ma perché miravano tutti alla gola?
Sentii il respiro farsi difficoltoso, poi qualcosa mi sfiorò il fianco. Improvvisamente, la stretta alla gola scomparve e il vampiro era a terra, morto.
Quando mi girai, trovai mio padre che teneva in mano uno dei miei paletti di legno. L'ultimo disponibile ed era insanguinato, mi aveva salvata.
«Era tutto calcolato.» Dissi, cercando di recuperare la calma e il sangue freddo.
Fece un sorrisetto, come a dirmi che non credeva a una parola, passandomi poi il paletto.
Quando un altro si avvicinò pericolosamente a me, non esitai a usarlo per trapassargli il cuore da parte a parte.
Tuttavia il paletto, una volta usato non era più riutilizzabile. In poche parole, eravamo a corto di armi efficaci contro i vampiri.
«Dovremo fare alla vecchia maniera!» Esclamai.
Un vampiro dai capelli neri come la pece corse verso di me mostrando le zanne. Facendo leva sulla gamba sinistra, sollevai l'altra in un calcio che arrivò direttamente alla sua mascella. Il colpo lo mandò a sbattere contro la parete, facendogli perdere i sensi. Senza indugiare oltre, gli spezzai l'osso del collo.
Non avrebbe risolto definitivamente il problema ma avrebbe aiutato quantomeno a limitarlo.
Uno è andato, manca il secondo.
Feci la medesima cosa con i vampiri rimasti in piedi, non avendo a disposizione mezzi alternativi. Era l'unico modo.
E come la più perfetta delle idiote, avevo scordato l'acqua Santa.
«Dobbiamo andarcene da qui!» Fece mio padre, dirigendosi verso la porta che avevo spalancato poco prima.
Mi mossi per seguirlo, tuttavia mi sentii costretta a fermarmi. «Aspetta, devo prima trovare un ragazzo qui dentro.»
Mi guardò come se fossi impazzita, così aggiunsi, «L'ho trascinato io in questo casino, non posso lasciarlo a morire.»
Mi aspettavo un rimprovero da lui, che mi trattasse come fossi una bambina. Invece fece esattamente l'opposto: sorrise.
«Questa cosa ti fa onore, Lexie.» Il suo sguardo mi disse qualcosa in più, sono fiero di te.
Ricambiai il sorriso, facendogli cenno di seguirmi e mi diressi verso il corridoio, che
pareva essere tornato deserto.
A eccezione, forse, del corpo senza vita di un uomo, irriconoscibile nell'oscurità.
Presi in mano una fiaccola e l'avvicinai al suo volto.
«È morto, tesoro. Dobbiamo sbrigarci.» Mi disse mio padre, mettendo una mano sulla mia spalla.
Quando riconobbi l'uomo che avevo di fronte, fui scossa da un brivido lungo tutta la spina dorsale.
Prima di correre via da quel corridoio, sussurrai qualcosa che mai mi sarei aspettata di dire.
«Mi dispiace, Cole.»

~~~

Il corridoio era appena terminato quando udimmo un urlo squarciare l'aria oppressa che c'era lì dentro.
Che stessero torturando qualcuno?
Non era da escludere, sperai soltanto che non fosse Christopher.
Iniziammo a correre, sbucando poco dopo di nuovo nella sala circolare.
Tutti i vampiri si girarono a osservarci, alcuni con sorpresa e altri con fame.
La seconda mi piacque meno, a essere sincera.
«Vedi il tuo amico? » Sussurrò mio padre, guardandosi intorno.
In realtà non lo vedevo da nessuna parte. Era come se fosse scomparso nel nulla.
«No. » Risposi, saltando con lo sguardo da un vampiro all'altro nella speranza di vedere Christopher comparire fra di loro. Non sapevo perché, ma non riuscivo a sopportare l'idea di perderlo.
«Finalmente, la famosa cacciatrice di cui tutti parlano! Ti stavamo aspettando.»
Un uomo si distinse dalla folla e avanzò verso di me, sorridendo. Sembrava avesse vinto alla lotteria.
Mio padre si girò verso di me, guardandomi come a dire "Ma che diavolo hai fatto in questi anni?"
Gli sorrisi con aria innocente, prima di tornare a rivolgere la mia attenzione sul succhiasangue.
«Dovete essere proprio masochisti allora.» Dissi. «Da me non avrete altro che la morte.»
Il sorriso non scomparve dalle sue labbra come invece mi aspettavo, anzi, si allargò ulteriormente, come se trovasse l'intera situazione divertente.
«Ma tu ci darai quello che vogliamo, altrimenti il licantropo morirà sotto i tuoi occhi.» Alzò un braccio, facendo un cenno ai vampiri dietro di sé. Questi buttarono un uomo nel mezzo della stanza.
Christopher. Aveva le mani e i piedi legati, mentre la bocca era stata sigillata da del nastro adesivo. La sua camicia, solitamente impeccabile, era stracciata, mentre i pantaloni erano imbrattati di sangue. Pregai che non fosse il suo.
«È così appagante, sai?» Continuò con nonchalance. «Vederti ritrovare tutto, solo per perderlo una seconda volta.»
Mi si gelò il sangue nelle vene.
«Non ti azzardare a toccare mio padre» La mia voce era ferma, fredda.
La calma che precedeva la tempesta.
Sentivo la stessa forza che mi aveva guidata prima, aleggiava intorno a me, e il mio corpo fremeva, mi implorava di cedere a quell'istinto.
Quando quei mostri si mossero, puntando l'uomo che mi aveva cresciuta finchè aveva potuto, lasciai entrare la forza. Le lasciai prendere il controllo, mi abbandonai a essa. Questa volta, le mie mani si chiusero di scatto a pugno.
L'effetto fu immediato. Tutti i vampiri che erano avanzati ora erano in ginocchio, urlanti. Li stavo frantumando, pezzo dopo pezzo, osso dopo osso.
E quando parlai, a stento riconobbi la mia voce. «Il prossimo sei tu.»
«Credi di potermi uccidere così?» Ridacchiò.
«Chi ha mai parlato di ucciderti?»
Finalmente, finalmente quel sorriso schifoso si cancellò dalla sua faccia. Fu sostituito però da un'espressione trionfante.
«Voglio che tu te ne vada di qui con la consapevolezza che siamo stati noi a renderti quella che sei oggi.»
«Voi mi avete rovinato la vita.»
Le sue labbra si incresparono in una smorfia di disappunto. Non aggiunse altro, tuttavia, limitandosi a fare un cenno con la testa ai vampiri che tenevano sotto sorveglianza Christopher.
Questi lo spinsero verso di me e io lo afferrai per le spalle, controllando se fosse ferito. Mentre lo tenevo tra le mie braccia, crollò al suolo con un sussulto, un fiotto di sangue che gli sgorgava dalle labbra.
Solo allora mi accorsi della freccia d'argento che spuntava dalla sua schiena, vicino alla scapola sinistra.
Dov'era situato il cuore.

HunterWhere stories live. Discover now