Capitolo 22 ≈ One Chance

6.5K 464 17
                                    

In fase di correzione.

Una luce accecante mi colpì in viso, mentre ero ancora in ginocchio. Tutti gli uomini nella stanza si girarono verso di me, non comprendendo il fatto che io fossi lì, o semplicemente cosciente. Io, però, non li avevo degnati di una sola occhiata: il mio sguardo era fisso su un punto ben definito. Sul letto al centro della stanza, così tranquillo nel mondo dei sogni, le palpebre rilassate e le mani lasciate molli lungo i fianchi, c'era Christopher. Un uomo mi afferrò rudemente per un braccio, facendomi alzare dal pavimento freddo sulla quale ero caduta.

-E tu cosa ci fai qui, eh?- Era lui, la sua voce era quella che avevo sentito mentre non riuscivo ad aprire gli occhi, un odio profondo crebbe dentro di me con una velocità assurda. Come osava provare a darmi delle droghe per tenermi lì, immobile e senza la possibilità di difendermi, programmando la mia morte?

-Datemi una siringa.- Riprese a parlare, con un tono alquanto irritante, quello che solitamente si usava con i bambini capricciosi. Con una rapidità che non sapevo di possedere, mi liberai dalla sua stretta, afferrai il braccio dell'uomo e, ruotando su me stessa, lo feci passare sopra la mia testa, bloccandolo dietro la sua schiena. Gemette dal dolore, insultandomi nel peggiore dei modi, il che non mi toccò minimamente, strinsi di più la presa, stritolandogli le ossa. Gli altri, tutti licantropi, saltarono indietro. Mollai l'arto e con un gesto veloce gli spezzai l'osso del collo, uccidendolo all'istante.

-Qualcun altro?- Mi guardai intorno, notando solo facce dalle espressioni sollevate. Che fossero stati tutti costretti da quell'uomo? Era possibile, in effetti, non sembrava uno che chiede favori a qualcuno, dava più che altro l'aria di uno che li pretendeva.

-Signorina Alexys, è un piacere fare la sua conoscenza.- Un uomo dall'accento buffo mi salutò. Pronunciava la S in modo strano, e non poté che ricordarmi il faraone di Una Notte Al Museo 2, uguale. Sghignazzai, tanto che l'uomo mi riservò un'occhiata confusa, poi sembrò capire il perché. La sua espressione mutò e divenne infastidita, così decisi di smettere.

-Ehm... Come sta Christopher? Vi prego, ditemi almeno che starà bene.- Chiesi, la risata di prima era ormai un lontano ricordo.

-Purtroppo ci troviamo costretti a dissentire, vede, signorina, l'Alpha Christiopher ha subito numerosi danni alla spalla, ai polmoni ma soprattutto al cuore, causati principalmente da "Strozzalupo".- Spiegò un altro in modo professionale.

-Strozzalupo?-

-Esattamente, si tratta di una sostanza altamente nociva per i licantropi, ricavata da una pianta che cresce in montagna e sulle sponde del fiume: l'Aconitum Napellus, comunemente detta Erba Tora, Risigallo, Erba Riga o Radice Del Diavolo. Ma da noi viene chiamata solamente Strozzalupo.- Continuò a spiegare, come se nulla fosse.

-So cos'è lo Strozzalupo, solo non capisco come potesse averne in corpo.-

-Vede, il coltello che ha ferito il nostro Alpha non aveva una lama qualunque, questa al suo interno era cava, e i vampiri l'hanno riempito di Strozzalupo, tramite un piccolo foro situato sulla punta, dalla quale poi è fuoriuscito il liquido una volta sotto pressione nel suo corpo.- Iniziò a spiegare, mostrandomi il pugnale e le parti che descriveva. -Il cuore è stato quindi intaccato dalla sostanza, così come le arterie principali e qualche vena. La sua circolazione è molto lenta, quindi ci vorrà ancora un bel po' prima che i vasi sanguigni vengano distrutti completamente. Purtroppo non esiste un antidoto vero e proprio.- Concluse.

Ero troppo sconvolta, cosa voleva dire? Che Christopher non sarebbe sopravvissuto? Che... che...?

-Cosa intende per "non esiste un antidoto vero e proprio"?-

-Si vocifera che in cima al monte Monashee ci sia un branco che ha sviluppato una particolare tolleranza verso lo Strozzalupo, ma nessuno sa dove si trovi di preciso, si nascondono. Tutti quelli che sono andati a cercarli per scoprire il loro segreto, si sono persi nei boschi o sono stati travolti da delle valanghe, nessuno è mai tornato indietro.-

-Quanto tempo credete che gli resti?- Chiesi, indicando Christopher con il capo, sperai vivamente che fosse tanto tempo.

-Non è facile stabilirlo, potrebbe essere una settimana, un giorno oppure di più. Fatto sta che in ogni caso non potrebbe salvarsi...- Mormorò abbassando il capo.

-Cosa?! No! Andrò a cercare questo branco sul monte Monashee e porterò qui qualcosa che possa aiutare Christopher, nessun altro deve morire.- Dissi a denti stretti, poi spostai lo sguardo verso il ragazzo nel letto, la fronte molto rilassata.

Mi avvicinai, sotto lo sguardo degli altri, che si facevano da parte per permettermi di passare. Mi sedetti accanto a lui, prendendogli una mano fra le mie. Non era da me, ma non potei farne a meno.

"Troverò l'antidoto e te lo porterò in tempo, è una promessa." Mi alzai, posando delicatamente la sua mano sul letto, e mi diressi verso la porta. Prima di varcare la sua soglia, mi rivolsi un'ultima volta a quegli uomini tanto gentili quanto strani.

-Grazie di tutto. Se vi è possibile, tenetemi aggiornata sulle sue condizioni di salute. Il mio numero potete trovarlo nella rubrica del cellulare di Christopher, anche se francamente non so come abbia fatto ad averlo. Sarò di ritorno fra qualche giorno, se riesco tornerò persino domani, so premere molto bene su un acceleratore.- Loro annuirono, ma non aggiunsero altro.

Uscii dalla stanza e corsi fuori, dove trovai qualche macchina parcheggiata in mezzo al cortile. Guardando bene, in mezzo a tutti quei veicoli, era situata una splendida moto nera. Una di quelle sportive, semplicemente bellissima. Un'idea sbucò con un Diin nella mia testa, mentre sulle mi labbra si formava uno di quei sorrisetti malefici. Mi guardai intorno, cercando qualcuno che potesse beccarmi, poi corsi in casa e schizzai nella camera in cui mi ero svegliata. Ribaltai tutti i porta-penne, alla ricerca di un paio di graffette. Aprendo un cassetto, ne trovai una scatola piena, ma a me ne bastavano solo due. Scelsi quelle che mi ispiravano di più, come facevo sempre per scegliere qualcosa.

Ritornai alla moto e aprii le graffette, inserendole nel quadro delle chiavi. Ci lavorai per cinque minuti buoni, prima di sentire un Tac, alzai quindi la gamba sinistra e montai sulla sella, abbassando poi, con il piede destro, la pedivella. Sentii subito un rombo sotto di me, sulla parte centrale del veicolo. Sorrisi, soddisfatta del mio lavoro, girando il manubrio e lasciando il freno.

Partii spedita come non mai, verso il monte Monashee, verso quello stramaledettissimo branco, l'unica speranza di sopravvivenza di Christopher.

HunterWhere stories live. Discover now