Capitolo 35 ~ Back On My Steps

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    C'era una brezza fresca e leggera in strada, presumevo fosse l'aria notturna della montagna: non ci ero mai stata. Quando ero piccola mio padre andava spesso a pattugliare i boschi ai piedi dei monti, ed era capitato che gli chiedessi di andare con lui. Lo vedevo di rado e volevo passare più tempo con lui, anche se sapevo che non era possibile per colpa del suo lavoro, o meglio, della sua natura. Essere un cacciatore dal sangue puro era una costante richiesta di adrenalina da parte del corpo. Io lo sapevo bene, anche se non ero del tutto come lui.
In ogni caso, dubitavo che le sue gite in montagna si sarebbero ripetute: ne aveva passate tante, undici anni nelle mani dei vampiri dovevano essere stati destabilizzanti; tuttavia ero sicura che nulla avrebbe potuto spezzarlo, non sul serio.
«Finalmente. Sei riuscita a farti ascoltare?» La voce del vampiro mi riportò alla realtà con una velocità straziante, volevo pensare a mio padre ancora per un po', anche se era ancora doloroso pensare com'era stata la mia vita senza di lui, e senza la mamma. Ma i problemi, quelli attuali, mi stavano chiamando a gran voce. Mio malgrado dovevo rispondere.
«Sì, diciamo che hanno accettato di non farmi indossare la camicia di forza.» Replicai sarcasticamente. Lui fece un piccolo sorriso, anche se questo non raggiunse i suoi occhi. Non era molto bravo a mentire, o almeno non si stava impegnando in quel momento. 
Mi sedetti sulla panchina accanto a lui, anche se questo mi costò molta forza di volontà: era comunque un vampiro. L'ultima volta che ero stata così vicina ad un vampiro, quest'ultimo era già morto... quindi quello era già un piccolo traguardo. Forse. 
 Si girò a guardarmi con quegli occhi verdi, non erano vitrei come quelli di tutta la sua specie, nessuno di loro li aveva così vivi, così umaniLa cosa mi inquietava un po' in effetti, non era normale, per quanto "normale" potesse essere un vampiro.
«Perché vuoi aiutarmi?» Chiesi, confusa.
Prima di rispondere fece un lungo sospiro, come se stesse cercando le parole giuste per spiegarsi. «Non hanno fatto altro che usarmi, da quando sono nato la mia vita è stata una sola, unica bugia. Non voglio più dargli alcuna soddisfazione, mi capisci?» Certo che lo capivo, anch'io ero stata ingannata, non dai miei genitori, ma dai vampiri. Comprendevo perfettamente la sensazione di avere lo stomaco in fiamme e le lacrime sul punto di uscire. La rabbia repressa era un sentimento fin troppo comune nella mia vita. Ogni giorno minacciava di uscire, come un drago che a stento riesce a trattenere il fuoco. «Voglio aiutarti perché so che li farebbe incazzare di brutto, vorranno uccidermi.» Fu la sua risposta. Annuii soltanto.
«Dove si trova questa cura?» Chiesi cambiando discorso, diventava un discorso pesante alle volte e non mi andava di tornare sull'argomento, per un motivo o per l'altro.
«Se te lo dico, poi dovrei ucciderti.» Disse lui, sorridendo senza umorismo. Feci una piccola risata, per niente spontanea. Di solito ero io che facevo battute del genere, erano la mia specialità se si univano alle abilità ninja. A proposito, non mi allenavo da secoli ormai, mi mancava l'adrenalina della corsa e il tiro a segno con l'arco. Il rumore della corda tirata era un antistress eccellente per i miei nervi. Pensai che forse avremmo potuto andare d'accordo, se non avessi dovuto ucciderlo. Aspettai che rispondesse alla domanda che gli avevo posto precedentemente, ma non accadde. Parlava seriamente? Probabilmente la mia espressione rispecchiava in pieno la mia sorpresa, perché si mise a ridere. Ridere! Della mia faccia! L'avrei ucciso più presto del previsto. Però aveva una risata contagiosa, se era quello il termine giusto con cui avrei dovuto definirla.
«Dai, seriamente, dove si trova?» Era il momento di tornare alla realtà. 
Fece un sorriso. «Lo scoprirai presto.» Voleva fare il misterioso?
«Basta che non sia troppo lontano.» Mormorai. Lui trattenne a stento un'altra risata. Mi prendeva per il culo? Probabilmente.
«Prima, però, devi aiutarmi a fare una cosa...» Mormorò, abbassando lo sguardo. Era mai possibile che avessi già un brutto presentimento?
«So già che me ne pentirò.» Sospirai, alzandomi dalla panchina sulla quale, senza rendermene conto, mi ero accasciata. Mi accorsi, solo in quel momento, di quanto ero stanca. Da quanto tempo non facevo una dormita decente? Le mie dodici ore filate di sonno erano diventate come un'oasi nel Sahara: irraggiungibili. «Cosa ti serve che faccia?» Chiesi infine.
Lui mi imitò, ritrovandosi a sovrastarmi di una decina di centimetri. «Devo salvare mia sorella, è prigioniera del branco da cui sei scappata.»
Il branco Monashee? Di nuovo quegli squinternati? «Perché la tengono lì? Voglio dire, pensavo che tenessero rinchiusi solo i potenziali membri del branco,» Non capivo, davvero. «Sai, la storiella del "vivi nel branco o muori".»
«Sì beh, non so perché lo abbiano fatto, ma sono riuscito a vedere lo studio dell'Alfa. Ci sono stampate delle foto che raffigurano me e mia sorella al bar di mattina e altre in cui mostro le zanne...» I vampiri andavano al bar? Li avevo sempre visti nei locali notturni alla ricerca della preda piùsemplice da agganciare. Lui stava ancora elencando le situazioni in cui era ritratto nelle foto, ma io avevo disconnesso le orecchie dopo le parole "di mattina". Come diavolo aveva fatto a stare in un bar sotto al sole mattutino?
«Io e mia sorella non siamo vampiri comuni.» Fu allora che mi resi conto di aver espresso i miei pensieri a voce alta. Stavo impazzendo? Non riuscivo più a separare la mente dalla lingua. In ogni caso non compresi a fondo il significato della sua ultima frase.
«Che intendi dire? Anche tu usi la magia per sopportare i raggi solari?» Chiesi, confusa.
«Non proprio...» Fu la sua risposta alla mia domanda. Feci per riprendere a chiedere spiegazioni, quando un rumore mi distrasse prima di poter continuare la conversazione. 
Mi girai di scatto, i miei sensi schizzarono a mille, pronti per affrontare qualunque cosa mi aspettasse alla mia sinistra. Sentii l'adrenalina accumulata in quei cinque secondi scemare tutto d'un colpo, quando notai che la fonte del rumore era Joe. Aveva pestato qualcosa e continuava a controllare la suola delle scarpe. Ancora una volta nonsapevo dove avessero tirato fuori i soldi per quelle scarpe, qualcosa misuggerì di non chiedere.    
Sentii Gabriel dietro di lui parlare con sarcasmo, «Lo sai che porta fortuna?» Dopodiché si mise a sghignazzare, girandosi verso di me, e riprese in tono canzonatorio: «Ha pestato una merda! Ha pestato una merda!» 
«Ma che ho fatto di male?» Chiesi a qualunque santo in cielo che mi stesse ascoltando, mi presi poi la parte alta del naso con pollice e indice, esasperata.
Il vampiro accanto a me, saggiamente, si astenne dal fare commenti. Gliene fui silenziosamente grata, altrimenti avrebbero iniziato a fare storie come dei bambini appena usciti dall'asilo, sempre che raggiungessero quell'età (mentalmente, s'intende). Guardai di traverso il vampiro e mi resi conto che non sapevo il suo nome, così glielo chiesi, in parte per curiosità e in parte per sviare l'argomento cacca calpestata con qualsiasi spunto mi saltasse in mente. Non rispose subito, piuttosto rimase qualche secondo ad ammirare i due idioti poco lontano da me. Poi lo sentii mormorare "Mike". Quindi quello era il suo nome. Continuava a fissare Gabriel come se avesse avuto un castoro che ballava sulla sua testa.
«Sono scappati da un istituto psichiatrico qualche tempo fa e non sono più riuscita a liberarmene.» Finsi di giustificarmi, dando vita ad un altro sorriso da parte sua. Secondo me avevano davvero bisogno di alcuni farmaci, specialmente Gabriel, che era di sicuro il più schizzato dei due.

***

Avevo perso il conto dei giorni in cui ero rimasta in quella canottiera disfatta e quei pantaloni altrettanto messi male, ma non avevo soldi per prendere qualcosa di più decente e, nonostante Mike si fosse offerto di pagare per un paio di jeans e una maglietta, ero decisa a continuare con quei vestiti. Il motivo principale era il non voler andare a spasso vestita uguale a Gabriel e Joe.
Ad ogni modo, avevamo raccolto tutte le nostre cose (come se ne avessimo molte) ed eravamo usciti da quell'hotel una volta per tutte.  Naturalmente avevo fatto prendere tutto ai miei uomini, non ero in vena di sollevare pesi. Avevamo preso a camminare da una mezz'ora, e iniziavo a scocciarmi.
«Mi spiegate perché non mi fate salire sulla vostra schiena pelosa?» Chiesi, rivolta ai miei due amici. Joe mi guardò male, del tipo "mi prendi per il culo?", mentre Gabriel si limitò a sbuffare prima di parlare.
«Prima di tutto, non sono un taxi. Secondo, dove li metto i vestiti nuovi?»
«Puoi sempre darli in mano a me,» Risposi io, «se lo fai, ti prometto che prenderò in giro Joe insieme a te per la storia della cacca.»
«No! Basta!» Gridò l'interessato dall'altro lato di Gabriel, mentre questo si faceva serio in volto, come se stessimo parlando di una questione di vita o di morte.
«Giuralo.»
Alzai gli occhi al cielo. «Lo giuro.»
Sorridendo come un bambino, corse dietro un albero e subito dopo ne uscì un lupo dal pelo così morbido da sembrare seta. Si avvicinò a me senzaesitare. Avevo lo sguardo di un predatore puntato addosso, il bello è che io loero tanto quanto lui. 
 Quando fui comoda sul suo dorso diedi il via libera per rimetterci in marcia, saranno state le tre del mattino e avevamo ancora ore di viaggio prima di arrivare nel territorio del famigerato branco. Mi abbassai quindi col busto fino a toccare la pelliccia di Gabriel con la testa, avrei fatto volentieri un pisolino.

Quello che ci aspettava laggiù non sarebbe stato piacevole, questo era certo.

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Salve a tutti!
Come promesso, il capitolo 35 è stato pubblicato ;)
Fatemi sapere cosa ne pensate nei commenti!
Un abbraccio,
Chiara❤️

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