Capitolo 31 ~ Werewolf's Blood

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Vi chiedo scusa per l'immenso lasso di tempo in cui non mi sono fatta sentire né ho aggiornato, mi sento in colpa verso di voi e verso Hunter, sto ancora correggendo ma vi dovevo degli aggiornamenti. Spero possiate perdonarmi, sono passati quattro lunghi mesi senza che io me ne rendessi conto.

Gli aggiornamenti ricominciano da ora, e non smetteranno come è successo in questo periodo.
Spero che il capitolo vi piaccia fatemelo sapere nei commenti.
Un abbraccio,
Chiara❤
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Guardai papà leggere un libro dalla copertina strana nel suo ufficio. Era così concentrato che non si era nemmeno accorto della mia presenza.
Quando finalmente alzò gli occhi e mi vide, un sorriso gentile spuntò sulla sua bocca.
- Ciao, principessa. Tutto bene? -
- Sì, tutto bene. Ti annoi, papà? -
- No, perché dovrei? -
- Stai leggendo, pensavo che fosse una cosa noiosa. -
- No, Lexie. A dire il vero, è molto interessante. -
- Di che cosa parla? -
- Lupi mannari. - Lo guardai estasiata.
- Da grande voglio diventare un lupo mannaro!- Papà scoppiò in una risata incontrollata, iniziavo ad offendermi: cosa c'era da ridere?
- Sono seria, papà. -
Quando si calmò e tornò finalmente serio, si alzò dalla sua poltrona e fece il giro della scrivania. Poi mi disse di avvicinarmi a lui, e così feci.
- Essere un licantropo non è così bello come sembra, piccolina. -Continuavo a ricordargli che non ero 'piccolina', ma lui se lo dimenticava sempre. Avevo già sei anni! E papà credeva ancora che io fossi una bambina.
- Come si diventa un lupo mannaro, papà? -
- Te lo dirò quando sarai grande abbastanza da capire le cose brutte che l'essere un licantropo puó portare. -
Lo guardai storta, - Ma io sono grande! -
- Non abbastanza, Lexie. - S'inginocchiò davanti a me, dandomi un bacio sulla fronte, poi su una guancia, sull'altra e continuò così fin quando non partì con il solletico.
Mentre io ridevo e mi dimenavo come una pazza, lui continuava a darmi baci dappertutto, anche sul collo, dove sapeva benissimo che mi dava più fastidio. Urlai ancora più forte, tendando di scollarmelo di dosso. Ad un certo punto sentii dei passi dietro di noi, e la porta si aprì.
- Cosa stanno facendo le mie due pesti? - La voce divertita della mamma arrivò cristallina alle mie orecchie.
- Niente! - Rispondemmo all'unisono.
- A volte mi domando chi di voi due abbia realmente sei anni. - Le feci una boccaccia, simile a quella che le stava facendo papà.
Poco dopo lui se ne andò in cucina per aiutare la mamma a preparare la cena, lasciando così il libro incustodito sulla scrivania. Che povero stupido era stato.
Aprii il libro e lessi il paragrafo che mi interessava, trovando tutte le risposte alle mie domande.

********

Il sapore ferroso del sangue contro il mio palato mi riportò al presente e mi provocò un conato di vomito a cui non potei mostrare indifferenza. Passai un minuto buono con la bocca piena di emoglobina, poi non resistetti più. Iniziai a dimenarmi sotto la sua presa, fin quando non tolse la mano, lasciandomi andare. Cercai subito l'aria che non ero riuscita a trovare poco prima, inspirando grandi boccate mentre un liquido caldo colava in piccoli rivoli dagli angoli della mia bocca. Sputai più volte per terra, nel tentativo di togliermi quel sapore orrendo dalla lingua.
- Il tuo sangue fa schifo. -
- È sicuramente meglio della morte. -
- Io non ne sarei così sicuro... - Lui sbuffò sonoramente, ma non disse niente. Mi mise un braccio dietro alla schiena e uno sotto le ginocchia, sollevandomi da terra come se fossi una piuma.
- Tra poco starai meglio. - Mormorò, ricominciando a camminare lungo il corridoio. Mentre si muoveva, io inarcai più volte la schiena, sollevando le braccia e le gambe. Immediatamente Gabriel mi strinse di più a lui, cercando di evitare che cadessi.
- Mi fai male. - Mi contorsi ancora, lamentandomi della sua stretta troppo ferrea. Continuai così anche se, in realtà, alcune volte i miei erano solo capricci formulati per infastidirlo. Ogni tanto roteava gli occhi in segno di frustrazione, ma si rifiutava di darmela vinta. Ogni volta che incontriamo una guardia, Gabriel faceva dietrofront e ci nascondeva nell'ombra di alcune colonne che sostenevano il soffitto dei tunnel. Quel luogo era peggio della tana dei vampiro, e ce ne voleva.
Prima che me ne rendessi conto, lui stava salendo una scala stretta e scricchiolante, giungendo poi ad una porta blindata.
- Aggrappati a me. - Sussurrò, io eseguii, circondando il suo collo con le mie braccia. Così facendo, liberai la sua mano che mi sosteneva la schiena, permettendogli di allungarla per aprire la serratura. In quella posizione, sentivo il suo cuore battere veloce contro le mie costole. "È l'adrenalina di poco fa." Mi dissi, non c'era altra spiegazione.
Una luce calda invase il mio campo visivo, costringendomi a stringere le palpebre per qualche secondo. Mi guardai attorno, eravamo in una casa apparentemente disabitata, le finestre erano spalancate e le tende svolazzavano leggere a contatto con il vento che entrava nell'abitazione. Producevano fruscii appena udibili contro il pavimento. Gabriel si diresse verso la porta d'ingresso, tenendomi ancora stretta a sé, come se fossi di vetro.
Quando finalmente vedemmo i raggi del sole, lui allentò la presa su di me, fino ad appoggiarmi sull'erba verde all'ombra di un albero. Restai seduta lì qualche istante, prima di tentare di alzarmi. Le mie gambe tremavano come non era mai successo prima, ma ritrovai l'equilibrio dopo qualche secondo. Avevo bisogno di un caffè, sembrava avessi un chiodo che mi rimbalzava dentro al cranio, il dolore paragonabile a quello di un doposbornia.
- Come faremo ad andarcene da qui? - Mi prese un colpo quando all'improvviso sentii la voce di Gabriel, dopo tutto quel silenzio.
- La mia moto non dev'essere lontana. - Mormorai, l'avevo lasciata lontano dal branco, praticamente al limitare del bosco, quindi c'era un bel po' da camminare. - Dobbiamo raggiungerla. -
- Non se ne parla. - Esordì lui. - I nostri ricercatori sono sempre in giro a perlustrare il territorio, non possono non averla trovata. L'avranno sicuramente portata in un altro posto e disabilitata. -
- Quindi, cosa vuoi fare? -
- Avrei un'idea, ma promettimi che chiuderai gli occhi. -
- Come? Perché? - Feci un passo indietro, indecisa.
Lui sorrise. - Vedrai. Solo... non ti muovere. - Mormorò. Come potevo non muovermi? Eseguii comunque, anche se un po' esitante. Tenni gli occhi chiusi, ma le palpebre fremevano ancora. Delle ossa si ruppero, manteniamo gli occhi sigillati nonostante fossi tentata di spalancarli all'istante. Sentii poi qualcosa fra le gambe, strisciava in avanti piano piano, quando si fermò lo percepii muoversi verso l'alto ad una velocità impressionante.
In un istante mi ritrovai sollevata dal terreno, una reazione istintiva fu quella di voler vedere cosa stava succedendo, così all'improvviso gli alberi si fecero più bassi, il terreno più lontano e il mondo un po' più grande.
Ero sul dorso di un lupo.
Un lupo morbidissimo, le mie mani affondavano di diversi centimetri nel suo pelo grigio. Non avevo mai provato un'esperienza simile.
- Oddio. - Fu l'unica cosa che fuoriuscì dalla mia bocca mentre mi aggrappavo alla sua collottola, nel tentativo di recuperare l'equilibrio.
Non persi tempo e lo spronai subito alla corsa, dovevamo tornare a casa al più presto, per mio padre, per Chris.
Lungi da me farlo aspettare.

HunterWhere stories live. Discover now