Capitolo 1

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Rylee – Worcester, Massachusetts, 1986

«Okay, adesso un Axel».

La voce chiara e acuta della mia amica Ava risuonò tra le pareti dello Skylite, creando un'eco contro il soffitto basso. Erano settimane che cercava di insegnarmi il suo disco di gara sotto mia esplicita richiesta, dato che, occasionalmente, lo Skylite le offriva qualche spicciolo in più per ricoprire il ruolo di allenatrice. Glielo chiesi, inoltre, perché ammiravo la sua tecnica e la sua precisione, i suoi salti puliti.

Io ero il suo completo opposto. Ero abbastanza portata per il pattinaggio ma, ogni qualvolta che scendevo in pista, tutto ciò che percepivo chiudendo gli occhi per brevi istanti erano le mani di Dom sui miei fianchi, che mi guidavano in ogni movimento. Poi ritornavo alla realtà e mi accorgevo che lui non era lì.

La concentrazione veniva a mancare e, anche mentre caricavo i salti per eseguirli nel migliore dei modi, mi sentivo cedere sotto il peso di ciò che nascondevo.

Infatti, caddi a terra per un atterraggio mal compiuto. Il tonfo che emisi fece sospirare Ava dal bordo pista, che accorse preoccupata.

«Cazzo!» sbraitai, colpendo il pavimento liscio con le mani. Sembravo una bambina capricciosa.

«Stai bene?» chiese la mia amica, abbassandosi alla mia altezza.

Annuii.

«Dài, Lee, alzati» mi incoraggiò con un sorriso. Arricciò il naso e mise in mostra le sue lentiggini, in contrasto con la pelle diafana. «Ci riproverai».

Tornai in piedi senza proferire parola alcuna. Era una ventina di giorni che provavo a eseguire quel salto, e nemmeno quella volta ebbi l'occasione di riuscirci con successo. Mi pulii le mani sulla stoffa dei miei leggings e raggiunsi il bordo pista in pochi secondi.

«Magari devi solo aspettare i tuoi ventiquattro anni», rise Ava. «È questione di ore, ormai».

La guardai sedersi su una panca di legno a pochi metri da me. Sciolse il fiocco che teneva uniti i lacci dei suoi pattini e se li sfilò, accantonandoli al suo fianco.

Il giorno dopo sarebbe stato il mio compleanno. Il primo a Worcester, perché decisi di trasferirmi lì all'inizio dell'anno. Vivere a Brownsville si stava rivelando troppo pesante da reggere sulle mie spalle, soprattutto dopo il processo e l'arresto di quel criminale.

La piccola cittadina dispersa nel Massachusetts fu il primo luogo a venirmi in mente. Lì conoscevo Lewis, il mio migliore amico sin dall'infanzia con il quale ormai vivevo, e fortunatamente vantavo di una personalità estroversa che non mi limitava alle amicizie secolari.

Ecco perché avvicinarmi ad Ava non fu difficile.

Mi sedetti accanto a lei sulla panca e mi chinai in avanti per togliere i pattini. I capelli lunghi mi carezzarono il viso, la frangetta mi ostruì in parte la vista.

«Andiamo al Rumors, domani sera?» domandai alla ragazza.

Il Rumors era una delle discoteche più centrali e frequentate di Worcester. Non avevo organizzato nessuna festa per il mio compleanno, ma l'idea di passarlo a ballare fino a notte fonda mi allettava più del pensiero di una misera festicciola.

Annuì. «Ho già pensato a una piccola sorpresa per te».

«Ava» la ammonii ridacchiando. «Non devi».

«Oh, sì» obiettò. «È il tuo primo compleanno qui o sbaglio?»

Alzai le mani in segno di resa. «Non ti sbagli» risi. «Posso invitare anche Lewis?»

«Certo» sorrise.

Ero solita a vedere Lewis ogni singola sera. Lavoravamo insieme al Kenmore Diner, una tavola calda che si reggeva in piedi per miracolo, di proprietà della sua famiglia e frequentata perlopiù da lavoratori dopo una lunga giornata. Fare la cameriera, per me, era ormai un'abitudine, avendo lavorato in un fast food quando ancora vivevo nella periferia di New York.

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