Capitolo 34

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Rylee

Passò un giorno da quando Blake mi spedì via, fuori da casa sua, dopo aver appreso da Nora ciò che mi ero lasciata sfuggire per provocarla.

Avrei voluto dirgli che non era stato intenzionale, anche se una parte di me era convinta che il suo inconscio lo sapesse, ma da lui avevo ricevuto solo un desertico silenzio. Non ottenni una singola parola nemmeno da sua sorella, rintanata in un mutismo che fungeva da scudo.

Ci pensai per un paio di minuti interminabili, durante i quali sfregai i palmi contro un canovaccio umido del Kenmore. Smettendo di distrarmi, lo riappoggiai sul bancone, accanto al lavello, e lo lasciai campeggiare solitario ridotto a un ammasso di pieghe irregolari. Ero pronta ad andarmene; la fine del mio turno mattutino era ormai giunta ed era il momento di fare a cambio con Lewis. Il mio sguardo era tuttavia perso nel vuoto, nel pulviscolo che aleggiava nel locale evidenziato dai raggi dorati del sole, concentrato su una vicenda che si stava ingigantendo troppo per essere gestita.

Non fui distratta nemmeno da un fruscio che venne emesso accanto a me, all'altezza del pavimento, perché nella mia testa una voce assordante mi stava ripetendo quanto io fossi incapace di agire in quella situazione.

Forse era stato un errore conoscere così bene i Mitchell e la loro vita privata, il loro passato che gli caricava le spalle come macigni. Nel pensarlo, purtroppo, venne a galla l'unica sensazione che solevo evitare: la nostalgia della spensieratezza che provavo in compagnia di Dom, quando una risata sincera era la somma espressione del suo amore per me.

«Rylee?» La voce di Lewis mi ridestò e mi voltai nella sua direzione, ritrovandolo a guardarmi preoccupato. Mi aveva vista immobile, pietrificata in un silenzio troppo riflessivo, e la sua reazione era quanto di più normale il mio migliore amico potesse palesare. Tra le dita stringeva il nodo di un sacco di rifiuti, che lasciò cadere sulle piastrelle bicromatiche della tavola calda in attesa che gli rispondessi. «Stai bene?» aggiunse, nell'istante in cui captò la mia lucidità riacquisita.

Mi affrettai ad annuire, indossando un sorriso tirato e alquanto falso, e abbassai lo sguardo sulle mie mani sfruttandole come distrazione. «Sono solo stanca», mi giustificai. «Ora vado a casa e mi riposo. Oggi niente allenamento». Tentai di ostentare un tono pimpante, nel conversare con lui, con lo scopo di non destare alcun sospetto. Lewis non voleva saperne niente di Blake, e raccontargli lo stato in cui era avrebbe solo accentuato la connotazione negativa dell'opinione che aveva di lui.

«Sei sicura?» mi incalzò.

«Lewis, stai tranquillo» ridacchiai. L'unico modo in cui potevo salvarmi era glissare sull'argomento, spostando lo scambio di battute su un altro binario. Alzai un dito a indicare il sacco della spazzatura che giaceva ai piedi del biondo. «Devo portarlo fuori?» gli domandai.

Lui non fece altro se non annuire. Fece un piccolo passo indietro, distanziandosi di qualche centimetro dall'oggetto della mia attenzione, e per qualche altro secondo mi studiò. Mi conosceva da quando era venuto al mondo, vista l'amicizia delle nostre famiglie, e, anche se il distacco fra noi era palpabile, non gli risultava arduo capire i miei stati d'animo, andando oltre le mie menzogne. Ma gli rivolsi un altro sorriso, e lui non indagò.

«Ci vediamo stasera, allora» mormorò incerto, quando agguantai il sacco scuro e lo alzai dal suolo. Nel frattempo, iniziai a camminare verso l'uscita del locale, accertandomi, con la mano libera, di avere il pacchetto di sigarette nella tasca della gonnellina nera.

«A stasera», lo congedai prima di varcare la soglia.

L'uscio mi sbatté alle spalle, chiudendosi, e io mi ritrovai a marciare sotto il sole cocente di fine luglio verso il retro del locale, nella zona recintata che accoglieva i cassonetti. Arrivata in quel punto, spalancai quello della raccolta differenziata e gettai il sacco al suo interno, per poi lasciare che il coperchio in plastica sbattesse contro la parte inferiore. Il tanfo che regnava in quell'area era irrespirabile, la puzza soffocante aumentata dal caldo e dall'umidità del Massachusetts, ma me ne liberai non appena mi allontanai.

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