Capitolo 7

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Rylee

«Grazie, piccola R». Il signor Rogers arrise con dolcezza quando gli servii il solito cheeseburger fumante. Ricambiai quel gesto e sparii un'altra volta dietro il bancone.

Era una serata come le altre, al Kenmore. Lewis cucinava le portate ordinate dai pochi clienti presenti e io le consegnavo ai tavoli. Niente di nuovo, niente di estremamente faticoso.

Il tintinnio del campanello alle mie spalle era raro, a segnalare la scarsa quantità di persone che varcavano la soglia per gustarsi un pasto caldo benché scadente. Accadde anche in quel momento, così mi voltai, avvicinandomi mentre ero intenta ad asciugare un boccale lavato poco prima.

Il mio campo visivo fu occupato dalle figure di Ava e Blake che, chiacchierando fra loro, mi salutarono con un gesto della mano e scelsero un tavolo fra i tanti disponibili. Recuperai due menu dai bordi rovinati e li raggiunsi, dedicando loro un sorriso come se non vedessi la mia amica da troppo tempo.

Ava portava i capelli sciolti, che si adagiavano sulle sue spalle con leggerezza. La mandibola appena definita era nascosta dalle ciocche anteriori, che le contornavano il viso esaltando la perfezione dei suoi lineamenti. Le lentiggini erano visibili a malapena, evidenziate dall'abbronzatura lieve di inizio estate e, quando chiudeva gli occhi, le ciglia le sfioravano le guance. Di fronte a lei, Blake era la sua copia in versione maschile. La mascella disegnava le linee dritte del suo volto, con i capelli più lunghi rispetto alla media dei ragazzi. Sulle sue gote, le lentiggini non erano poi così numerose, ma il colorito era il medesimo della sorella. Due gocce d'acqua.

«Non mi avevi detto che saresti venuta» commentai, lasciando i menu sul tavolo.

«Blake voleva uscire e staccare un po' la spina, quindi eccoci qui» sorrise.

Suo fratello alzò le mani dichiarandosi colpevole, ma non staccò lo sguardo dalla lista dei piatti proposti. «Mi prendo tutta la responsabilità», rise.

Mi chinai in avanti e feci aderire i palmi alla superficie del tavolo. Guardai fuori alla finestra e notai che il cielo stava iniziando a tingersi delle sfumature del tramonto. «Dovreste venire più spesso, mi terreste compagnia», ridacchiai.

«Rylee, c'è un altro cliente!» mi urlò Lewis dalla cucina.

Distratta dalla presenza dei miei amici, non avevo nemmeno sentito il campanello. Seduta al tavolo più vicino all'ingresso, infatti, si era accomodata una ragazza sola, che guardava il calar del sole attraverso il vetro spesso e non faceva trapelare emozioni. I capelli scuri e ricci erano nascosti nel cappuccio di una felpa bianca e all'apparenza pesante, tanto da farmi interrogare su come fosse possibile indossarla a giugno inoltrato.

Allontanatami da Ava e Blake, mi sporsi verso l'interno del bancone per recuperare un altro menu, poi mi diressi nella sua direzione. Quando entrai nel suo campo visivo e porsi i miei saluti, lei non li ricambiò; mi guardò rivelando le sue ciglia perfette e con una mano accantonò il menu. Le sue labbra erano contornate da un rosso scuro e spento, che si sposava perfettamente con la sua carnagione ambrata.

«Una porzione di patatine fritte va benissimo», mi comunicò. Aveva un tono deciso, ma non freddo. «Senza sale» specificò.

Annuii senza porre ulteriori domande e mi avviai verso la cucina. Annotai la comanda sul primo foglietto capitatomi sotto tiro e lo appesi accanto agli altri ordini, richiamando l'attenzione di Lewis.

«Patatine fritte senza sale, capo».

«Chi diavolo vuole una porzione di patatine insipide?» mi chiese confuso. Il suo sguardo saettò dalla friggitrice a me.

Feci spallucce. «Una ragazza che non ho mai visto prima».

«Senza sale siano», rise. «Ava e Blake hanno ordinato qualcosa?»

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