Capitolo 18

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Blake

Uno sparo, due, tre.

Quella sera, i colpi che riecheggiavano nei pochi metri quadrati dello stand risultavano fastidiosi anche alle mie stesse orecchie. Mi sembrava di essere intrappolato in una bolla, con i suoni che mi giungevano ovattati e la vista appannata, incapace di distinguere ciò che mi accadeva intorno.

L'ossessione verso la storia di Nora mi stava massacrando. I suoi messaggi, le minacce velate... Ogni sua singola parola si stava insinuando nel mio cervello come un coltello affilato dalla lama sottile e tagliente, fino a farmi sanguinare e dolere. Era uno strazio, e il fatto che lei stesse rivendicando il nostro passato anche su Rylee era abbastanza per farmi uscire di testa. Lei era un'amica, mia e di Ava, e non meritava di essere coinvolta in un tale scempio.

Non aveva idea della perversione della mente di quella ragazza, e per proteggerla dall'elevato pericolo del dolore che mi aveva inflitto avrei taciuto su tutto, anche a costo di implodere.

Per evitare di concentrarmi troppo su quella vicenda, estrassi la bottiglia di birra dal suo nascondiglio, mentre Ava era impegnata a caricare le armi da fuoco per i ragazzi che volevano tentare la loro fortuna e la loro abilità. La necessità di bere per distrarmi aveva avuto la meglio e, preso da un'altra ondata di pensieri intrusivi, tracannai una sorsata del liquido amarognolo. La piccola quantità di alcol bruciò all'inizio della gola, ma il fastidio svanì all'istante. Anni prima ne avevo ingerito percentuali ben più elevate.

Non ero, però, un ottimo bugiardo, né ero in grado di passare inosservato. Mia sorella si voltò prima del previsto e i suoi occhi, invece di incollarsi ai miei, scivolarono sulla bottiglia umida che stringevo fra le dita. Che io sia maledetto, pensai tra me e me. Di tutte le persone che avrebbero dovuto vedermi mentre sorseggiavo una bevanda minimamente alcolica, Ava era l'ultima della lista.

«Blake...» Tutto ciò che uscì dalle sue labbra fu un sospiro. Mi guardava sconfitta, forse delusa, perché nel tentativo di salvarmi anni prima, lei aveva ricoperto il ruolo della madre che non avevo più, e aveva continuato a farlo sino allo stremo. Sapeva che il passo da una birra a un qualsiasi superalcolico era breve, quasi inesistente, e che io avrei potuto compierlo senza nemmeno accorgermene. Aveva paura.

Appoggiai la bottiglia tra il pilastro portante e la parete dei bersagli, infilandola nello spazio di pochi centimetri che li separava, e mi voltai un'altra volta verso mia sorella. Sostenere il suo sguardo era una tortura pari a quella delle settimane precedenti, ma non dissi niente, non una parola. La mia bocca era incapace di produrre anche il più vago dei suoni, le mie labbra tenute insieme da uno strato di colla immaginario.

Nel notare la mia espressione spenta, quasi fossi stato svuotato della mia linfa vitale, si avvicinò a me. Le sue dita si protesero verso il mio viso; i polpastrelli morbidi mi accarezzarono la guancia nel medesimo gesto che compiva mia madre, quando, da bambino, mi rimboccava le coperte con amore.

«Che ti prende...?» mi chiese, incerta. I suoi occhi mi studiavano con un'attenzione talmente intensa da farmi provare la paura di essere spiato, come se lei potesse guardarmi dentro. Quella, però, non era solo un'impressione: lei ci riusciva davvero. Era il legame indissolubile che univa noi gemelli.

«Sto bene, sorellina». Arcuando le labbra verso l'alto, sperai che quel nomignolo giocoso potesse calmarla. Per mia fortuna distese le rughe della fronte, così come le sopracciglia corrucciate, ma continuò ad analizzare ogni singolo dettaglio del mio sguardo in cerca di barlumi traditori. «È solo una birra, una cosa da niente» la rassicurai.

Un baluginio improvviso e inaspettato apparve nelle sue iridi screziate di verde. In quel momento, cogliendo senza sforzo le preoccupazioni che nutriva per me, pregai che il mondo mi cadesse addosso per distruggermi. Lei non meritava questi timori, non a causa mia. «Anni fa doveva essere solo una birra, poi solo un bicchiere di whisky, poi è diventata un'intera bottiglia... Blake, il tuo corpo non può reggerlo un'altra volta, lo sai».

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