I.2) Una nuova vita II

676 112 273
                                    

La camera di Maria emanava un forte odore di ammoniaca. Se non avesse saputo che poche ore prima vi era avvenuto un parto, Theodor avrebbe pensato di essere entrato in una stanza d'ospedale.

La ragazza era adagiata nel letto, stesa tra una moltitudine di cuscini, e teneva tra le braccia un fagotto grande quanto una pagnotta. Gli occhi celesti con cui lo fissava erano più scuri dei suoi, ma non per questo meno penetranti.

Per un istante, Theodor si ritrovò a pensare a uno dei suoi libri preferiti, Cent'anni di solitudine. La ragazza che aveva di fronte era la personificazione di Remedios la Bella, come se l'era sempre immaginata: una creaturina perfetta, dal fascino ultraterreno, che in un colpo di vento avrebbe potuto sollevarsi da terra e tornare nel paradiso da cui era caduta.

Maria sostenne il suo sguardo con fermezza. Aveva trascorso tutta la vita in un paesino in cui bisognava contare cani e galline per arrivare a mille anime, ed era ben abituata agli ammiratori; eppure, negli occhi di Theodor, non c'era nemmeno l'ombra di un qualche desiderio carnale.

‹Beh, devo dire che ti immaginavo diverso.››

Il forestiero abbozzò una smorfia. Dopotutto, anche per lei era la prima volta in cui vedeva la sua forma corporea.

‹‹Äh, non posso dire lo stesso di te.››

Fece due passi in avanti, mentre spostava gli occhi su quello che era il reale motivo della sua visita. Lei parve capire all'istante, perché scostò con delicatezza la coperta dal viso del neonato, che dormiva con la guancia premuta sul suo seno.

Di fronte a quell'immagine, il cuore di Theodor ebbe un sussulto. Tutti gli anni di ricerche che si portava sulle spalle, tutte le domande che s'era posto per l'intera esistenza gli sembrarono un'inezia, dinanzi al Miracolo che si trovava sotto i suoi occhi!

‹‹Lo chiamerò Michele, come suo padre.››

Le parole di Maria lo lasciarono interdetto. ‹‹Was? Suo... Suo padre?››

‹‹Non quello biologico, ovvio! Parlo di Michele Polese, mio marito... Anche se credo che lo rimarrà per poco.››

C'era una nota malinconica nella sua voce, come un'impercettibile vibrazione, che uno meno attento di lui avrebbe faticato a captare.

‹‹Non devi nulla a quell'uomo!››

‹Lo so, ma spero che ciò lo aiuti a capire. E magari, un giorno, a perdonare.››

Il tedesco si morse un labbro. Quella ragazza aveva ancora così tanto da imparare!

‹‹Non cercare il perdono di chi non è in grado di capire›› sentenziò.

Maria parve fare un grande sforzo per non alzare la voce.

‹‹Theodor, a volte penso che tu abbia dimenticato come funziona la mente umana! Mettiti nei suoi panni, se ci riesci: non avresti cacciato di casa tua moglie?››

La superbia non faceva parte del suo limitato spettro emotivo, eppure Theodor gonfiò il petto con aria di sfida. ‹‹Io sarei stato onorato di crescere il Miracolo come un figlio mio!››

‹‹Si vabbè, è arrivato San Giuseppe!››

Negli occhi della giovane madre guizzò un lampo.

‹‹Parliamo dell'unico erede del sindaco, l'uomo più ricco di Lagopece: uno che ha già pronto un seggio nel Consiglio Regionale, e che non vedeva l'ora di sfoggiare la giovane mogliettina e il figlio appena nato alla prossima cena di partito. Uno scandalo del genere, per un uomo del genere, non è cosa da poco!››

Le sue guance erano bagnate di lacrime che solo in quel momento lui riuscì a giustificare. Theodor abbassò di nuovo lo sguardo, incapace di trovare le parole giuste; il piccolo Michele dormiva ancora, ignaro di quei discorsi bisbigliati.

Scheisse, imprecò a denti stretti, mentre veniva sopraffatto dai pensieri.

Era abituato a non lasciar nulla al caso, a prevedere ogni cosa fino al minimo dettaglio. Ma l'immagine di quel bimbo dalla pelle nera, che dormiva tra le braccia della madre senza la minima consapevolezza di cosa la sua nascita avesse scatenato, lo lasciò stupefatto come non gli accadeva da tempo.

Il peso della situazione si abbatté su di lui: dopo quel giorno sarebbe cambiato tutto, e ormai non c'era più modo di frenare il corso degli eventi. Per la prima volta dopo anni, Theodor von Reumzeit sentì calde lacrime bagnargli le guance, una reazione del tutto umana che aveva finito per dimenticare.

Si volse appena in tempo per evitare che Maria lo vedesse, o almeno così sperava.

La giovane madre si ritirò nel silenzio. Le urla che aveva sentito per tutto il pomeriggio, gli insulti, le ingiurie di suo marito e di suo padre l'avevano svuotata della gioia che la nascita di suo figlio avrebbe dovuto portarle. Per quanto forte fosse la sua volontà, rimaneva una ragazza madre di neppure vent'anni, senza alcun tipo di iniziazione al mondo onirico e con una conoscenza molto vaga di ciò che le stava succedendo.

Si era ritrovata immischiata in vicende troppo grandi per lei, questa era l'unica cosa che sapeva.

Figlio di un SognoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora