III.3) Un castello in mezzo al mare III

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L'Uomo di Ghiaccio annuì con convinzione.

Aveva già preso la sua decisione, e ormai gli importava ben poco delle conseguenze; qualsiasi informazione gli sarebbe stata utile, nel viaggio che lo attendeva.

Le stelle sopra di lui presero a brillare in un ordine preciso, disegnando immagini che si dissolvevano subito dopo aver acquistato forma.

Vide una creatura enorme, con lunghe zanne e due occhi color del mare, e un bambino che piangeva nascosto sotto il suo ventre. Lo vide crescere fino a diventare un uomo, con la massa oscura dell'essere sopra di lui che si trasformava in decine di altre figure, uomini, donne e demoni che cercavano di tirarlo a sé.

Vide sé stesso, intento a lottare con le creature dell'incubo, e fu scioccato nel vedere anche Maria, in disparte, che fissava suo figlio mentre cresceva. Scorse l'immagine della Gatta, la creatura immortale che sempre gli era sfuggita, e infine vide l'immagine multiforme allargarsi, le figure umane trasformarsi in strade e palazzi, finché il futuro scritto nelle stelle gli mostrò una città che aveva conosciuto in un'altra vita.

‹‹Non sei contento, Theodor?››

La voce del vecchio imperatore sembrava provenire da un'altra dimensione.

‹‹Torneremo a Roma, dove la nostra storia è iniziata!››

La notte svanì sulle loro teste, e la magia onirica restituì alla Camera Bianca il suo solito aspetto. La luce che investì il volto di Theodor ne deturpò i lineamenti, stravolgendoli come aveva fatto la visione con i suoi pensieri.

‹‹Esigo spiegazioni, fratelli miei›› disse con un fil di voce. ‹‹Che ne è stato di Maria, e che cos'era quella creatura?››

I due si scambiarono un'altra occhiata fugace. L'aver dato priorità alla domanda sul destino di Maria, ai loro occhi, doveva apparire come un chiaro segno di debolezza.

‹‹Non ci arrivi da solo?›› lo canzonò il servo con voce stucchevole.

‹‹Se quel che dici è vero, se la madre del Miracolo ha lasciato le sue spoglie mortali, avremmo dovuto avvertire la sua presenza nella nostra dimensione, non trovi?››

Il cuore di Theodor saltò un battito.

‹‹Cosa vorreste dire?›› esclamò col cuore in gola.

Sui brutti volti dinanzi a lui si dipinsero sorrisi identici, e le due voci risuonarono all'unisono nel silenzio spettrale della Camera Bianca.

‹‹Quella creatura è la sua nuova casa. Le è stata concessa l'altra strada... Lei vivrà ancora, Theodor!››.

L'Uomo di Ghiaccio non riuscì a trattenere un urlo di gioia. Non gli importava d'esser giudicato, non gli importava nient'altro che sapere che Maria, da qualche parte nel mondo, sarebbe tornata in vita!

‹‹Oh, ma non sarai tu a doverla cercare!››

La voce dell'imperatore si fece strada tra i suoi pensieri.

‹‹Se lo vorrà, sarà lei a mostrarsi a te... Ma quel compito spetta al Miracolo, e tu non dovrai far altro che mantenere la tua promessa››.

Theodor, ancora euforico, si morse il labbro: avrebbe voluto fare altre domande sul destino di Maria, ma sapeva che era poco saggio sfidare la pazienza di quelle entità. L'imperatore aveva ragione: lui era lì per assolvere al suo dovere, non per tergiversare in sentimenti non consoni a uno del suo rango. Annuì con vigore, certo che la conoscenza gli sarebbe giunta a tempo debito.

‹‹Un'ultima domanda, fratelli miei... Cosa c'entra Iris la Gatta in tutto ciò?››

Aveva quasi timore della risposta, ma l'aver visto quella creatura sfuggente tra le stelle aveva confermato un dubbio che aveva covato per giorni. Stava per iniziare un viaggio che sarebbe durato anni, e per quanto volesse mantenere la promessa fatta a Maria, la parte più razionale della sua mente lo costringeva alla prudenza.

‹‹Vuoi forse sapere se ella ti sarà nemica?›› chiese di rimando il servo vestito di stracci.

‹‹Questo non ci è dato saperlo: mutevole è il destino scritto tra le stelle, come la volontà di coloro che vacillano tra la vita e la morte. La Gatta serve sempre due padroni, e tutto ciò che ci è dato sapere è che lei avrà un ruolo in questa storia››.

Sulla Camera scese di nuovo il silenzio, e Theodor rimase solo con i suoi pensieri.

Dunque il suo destino era segnato. Avrebbe dovuto vivere nell'ombra del regno onirico, al solo scopo di proteggere il piccolo Michele dalle mostruosità che abitavano i suoi sogni.

Sentiva già il suo vecchio corpo che s'allontanava, e capì che non vi avrebbe più fatto ritorno: si sarebbe dissolto una volta presa la decisione, e di lui, come tante altre volte era successo, sarebbe rimasta solo l'anima immortale.

Lo attendevano anni di lotte nell'oscurità, una missione segreta che aveva il solo scopo di dare tempo a Michele e Maria: all'uno per crescere, all'altra per riacquistare coscienza della sua vita precedente.

E tutto ciò sapendo che il Miracolo, con ogni probabilità, era figlio di Azrāʿīl, il Re dei Dannati in persona...

"Maria, guarda un po' cosa mi fai fare!" pensò, certo che in qualche modo lei fosse ancora in grado di sentirlo.

Era stato il suo mentore, le aveva svelato i misteri del suo mondo, le meraviglie e i pericoli che si annidavano nei sogni, ma anche lei era riuscita ad insegnargli qualcosa: quando sono mossi dalla disperazione, gli esseri umani sono capaci di cose che in situazioni normali avrebbero considerato spregevoli.

Si sentiva esausto, e sul suo cuore s'erano posate le ceneri della malinconia; era passato dalla disperazione alla gioia più pura nell'arco di pochi minuti, e ora, consapevole del suo destino, sentiva montare la nostalgia per una vita che non s'era goduto. Eppure, nel vuoto che gli si era creato in petto, sentiva nascere una nuova forza, la fiamma tremula della speranza.

Si guardò intorno: la confraternita era dispersa, ma forse, al suo ritorno nel regno mortale, quegli scranni non sarebbero stati vuoti. Dopotutto il mondo stava cambiando, e per quante volte si fosse già reincarnato, sapeva che il destino delle vicende umane poteva cambiare in pochi anni.

‹‹E va bene›› disse infine, traendo un ultimo sospiro come per scrollarsi di dosso la paura dell'ignoto.

‹‹Sono pronto... Facciamolo!››

Quando la polizia riuscì a entrare in casa, il tema della Walkürenritt stava facendo tremare le pareti

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Quando la polizia riuscì a entrare in casa, il tema della Walkürenritt stava facendo tremare le pareti.

I due giovani appuntati dall'aria assonnata si precipitarono verso la camera da letto, entrambi con la mano sul cinturone. Il pensiero di avere a che fare con qualche pazzo maniaco, formulato non appena avevano ricevuto la chiamata dalla centrale, si era tramutato in certezza non appena avevano visto lo stato pietoso in cui versava l'appartamento.

‹‹Ok, signor Von Raumzeit, la festa è finita!›› urlò uno dei due appena entrò in camera, cercando di sovrastare quel baccano e sbagliando del tutto la pronuncia del cognome.

Ma con loro stupore, nessuno rispose all'ordine.

Il letto era vuoto, le finestre chiuse dall'interno. L'unico essere vivente che riuscirono a trovare, nell'appartamento devastato, fu un bastardino dall'aria confusa.

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