VIII.2) Io non ho fratelli II

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Non aveva mai imparato a nuotare, eppure, nel momento in cui s'era rifugiato nei sogni, gli era sembrata la cosa più sensata da fare.

La sua mente non aveva esitato, nel dar forma a quel bisogno di solitudine:  intorno a lui non c'era altro che il mare sconfinato, una tavola increspata solo dalle sue violente bracciate. Quel pizzicore salato sulla lingua, con ogni probabilità, era il sapore delle sue lacrime; non aveva mai compreso da dove derivassero quelle sensazioni, nel mondo onirico, ma la cosa non aveva importanza in quel momento.

Sapeva solo di dover avanzare, una bracciata dopo l'altra, anche se non vedeva alcuna meta di fronte a sé; tutto, pur di mettere quanta più distanza possibile da ciò che si trovava alle sue spalle.

"Esci dalla mia vita!" scongiurò, sperando che la sua mente obbedisse, che il bagliore bluastro di quegli occhi la smettesse di tormentare i suoi sogni.

Trattenne il respiro, anche se sapeva non ve ne fosse bisogno, e con uno slancio di reni si immerse di parecchi metri. Tutto divenne ovattato, il buio delle profondità marine avvolse ogni cosa, ma quel riflesso bluastro alle sue spalle continuò a pulsare minaccioso.

Sapeva cosa sarebbe successo se si fosse voltato, e non aveva ancora voglia di affrontare lo sguardo di quell'essere.

‹‹Cosa vuoi da me?›› L'eco della sua voce si amplificò tutt'intorno, perdendosi nelle profondità marine.

A quella domanda aveva provato a rispondere da solo, sin da quando l'elefante era comparso. S'era fatto diverse idee, aveva vagliato tutti i possibili simbolismi che quel dannato animale poteva rappresentare, ma ogni volta giungeva alla stessa risposta: in qualche modo, lì sotto, si nascondeva il segreto sulla morte della mamma.

Ma lei era morta da un pezzo, punto! Pensare ai pochi anni trascorsi con lei non gli avrebbe giovato a nulla; preferiva mantenerne un ricordo idealizzato, piuttosto che affrontare la verità. Il suo passato era così triste, non gli aveva portato null'altro che dolore... Perché voltarsi indietro, e procurarsi soltanto nuove ferite nell'anima? Più pensava a certe cose, più quel senso di frustrazione ribolliva dentro di lui.

‹‹Perché mamma... Perché non riesco a liberarmi di te?››

Ormai intorno a lui non c'era altro che il buio, e il richiamo di quel bagliore bluastro che pulsava alle sue spalle. Scoprì che non aveva nemmeno più bisogno di trattenere il respiro; forse, non ce n'era nemmeno mai stata la necessità. Si ritrovò a galleggiare nel vuoto, e capì che stava per cadere nella trappola.

Lo aveva imparato a sue spese: per quanto provasse a resistere, per quante menzogne raccontasse a sé stesso, era impossibile  per lui non voltarsi verso gli occhi di sua madre. In quei pochi istanti in cui i loro occhi si incrociavano, provava un senso di quiete che nient'altro era mai riuscito a donargli. Forse, rifletté, era proprio per quello che il suo subconscio continuava a condurlo lì.

Emise un lungo sospiro di rassegnazione e levò la testa, verso l'elefante bianco sospeso nel vuoto alle sue spalle.

Una scarica elettrica parve attraversarlo da capo a piedi, facendogli ritornare tutte le forze. Sentì il terreno cedere sotto i suoi piedi, e l'intero mondo che lo circondava fu divorato dall'oscurità, esclusi quei due puntini celesti impressi nella sua retina.

Vi si era abituato in quelle notti, ma questa volta sentiva che c'era qualcosa di diverso. Non nel sogno, ma dentro di lui, un sentimento nuovo che aveva sostituito lo sconforto e la rassegnazione. Serrò i pugni lungo i fianchi, mentre percepiva quella nuova energia fluire lungo il suo corpo.

Figlio di un SognoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora