XIV.1) Perso nell'incubo I

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Riaprì gli occhi con tutta la lentezza del mondo, certo di trovarsi all'inferno.

Intorno a lui, però, non c'era altro che il buio più totale. L'unica sensazione che avvertì fu il contatto del viso con qualcosa di fresco e soffice.

"Dunque questa è la morte?" si ritrovò a pensare.

Molto lontano di fronte a lui, il Sole fece capolino sulla linea dell'orizzonte: dapprima d'un tenue bluastro, la luce sfumò su tonalità rosate ed arancioni, finché l'alba rischiarò quella che sembrava una sconfinata distesa d'erba.

Dopo quanto successo nel Giardino degli Incontri, non s'era certo immaginato di finire in un posto del genere. Sorpreso, Michele si guardò attorno: alla sua destra vide una figura rannicchiata al suolo, e quando i raggi del Sole giunsero ad illuminarla, si rese conto che si trattava di una possente leonessa adulta.

Si alzò di scatto, in preda al panico, e cercò di fare il minor rumore possibile; per fortuna la bestia pareva immersa nel sonno, e lui ne approfittò per sgattaiolare via.

Che strano, per qualche ragione non riusciva a mantenere una posizione eretta: avanzava su quattro arti muscolosi, molto più veloce di quanto avrebbe potuto con le sue gambe, e decise di sfruttare la cosa per mettere quanta più distanza possibile tra lui e la leonessa.

Dopo aver corso per qualche minuto si rese conto di essere affamato:  la gola era secca e lo stomaco gorgogliava, per cui si mise ad annusare l'aria in cerca di una possibile fonte di cibo. Un profumo succulento gli giunse alle narici, odore di carne fresca presso un corso d'acqua che, se ne ricordò solo allora, lui conosceva molto bene.

Nascosto nell'erba alta, avanzò quatto quatto in quella direzione, continuando a fiutare famelico. In una piccola radura in prossimità del ruscello vide quella che sarebbe stata la sua colazione: un'innocua capretta legata ad un albero, forse dimenticata lì da uno dei pastori del villaggio, che brucava ignara del pericolo. Una preda fin troppo facile per uno come lui.

Michele si avvicinò di soppiatto, finché non fu a pochi metri dal povero animale; balzò fuori dall'erba con un ruggito spaventoso, e si avventò rapido e letale sulla malcapitata bestiola.

Un cappio d'acciaio emerse dal nulla, stringendosi attorno al suo collo. Si dimenò per liberarsi, ma più si dibatteva più la corda sembrava conficcarglisi nelle carni.

Tre uomini emersero con circospezione da dietro una roccia: imbracciavano pesanti fucili a canne mozze, ed erano ricoperti da capo a piedi di fango secco, così che lui non aveva avuto modo di fiutarne la presenza.

‹‹Però, gran bella bestia!››

‹‹Già, che fortuna sfacciata!››

I bracconieri si fermarono a qualche metro da Michele, tenendosi a una distanza di sicurezza.

‹‹Che ne facciamo di questo, Doc? Lo mandiamo allo zoo?››

Il primo che aveva parlato fissò su Michele un'espressione indecifrabile, lisciandosi i baffoni a manubrio con pigri movimenti dell'indice. Dopo qualche secondo abbassò il braccio, estrasse due cartucce dal cinturone e le caricò nel fucile, sempre con quel fare sornione.

‹‹Sarebbe uno spreco, se una bestia del genere passasse il resto dei suoi giorni a farsi tirare noccioline dai mocciosi...››

Un ghigno perverso percorse quel volto coperto di fango. ‹‹No, questo va dritto nella collezione... Butch, scendi al campo a prendere la macchina, voglio una foto ricordo!››

Figlio di un SognoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora