XII.1) Il Re dei Dannati I

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‹‹Cosa diamine pensi di fare?›› domandò trafelata.

Lo aveva evitato per giorni, e non fu sorpresa di trovarlo lì, a inseguirla sino al fondo dei suoi incubi.

‹‹Vattene, questo luogo è pericoloso!››

‹‹Lo so, sono stato io a insegnartelo.››

Più delle parole, fu il tono della sua voce a farla rabbrividire.

‹‹Ma a quanto pare, non sono stato un buon maestro.››

Da quando lo conosceva, non l'aveva mai sentito così sconfortato.

‹‹Theodor, io...››

Le parole faticavano a valicare il confine delle labbra. Ma lui aveva intuito il suo segreto, e fingere l'avrebbe resa solo un'ingrata.

‹‹Spero che un giorno riuscirai a perdonarmi›› fu l'unica cosa che riuscì a dire.

In quell'istante di esitazione, si ritrovò persa nello sguardo di lui, e fu come se lo vedesse per la prima volta dopo secoli. Il suo volto sembrava rinsecchito, divorato dalle tarme del tradimento, e in quegli occhi glaciali tremolava un dolore che non necessitava di spiegazioni.

"Perché non me l'hai detto?"

La voce del suo vecchio mentore le rimbombò nella testa, allo stesso modo in cui usava rimproverarla da ragazza.

"Perché non mi hai detto che Michele è figlio di Azrāʿīl?"

Il peso di tutta quella situazione gravava sul suo cuore. Se avesse compreso prima le regole perverse di quel gioco, non vi avrebbe mai partecipato, anche a costo di rimanere quella sciocca piena di sogni che era stata nella vita precedente. Pensò al suo nuovo corpo, assopito sulla soffice erba della savana, che attendeva paziente il suo ritorno; l'elefantessa era stato un dono di Azrāʿīl, l'unico che davvero riusciva a capirla, il solo, vero amore della sua vita... Ma prima doveva valicare le tenebre, nel regno del suo sposo, e Theodor la stava rallentando.

"Lo avresti capito da solo, se non fossi stato così cieco!"

Si rese conto d'esser stata troppo crudele, ma non per questo abbassò lo sguardo.

Lui conosceva la posta in gioco, e per quanto rispetto provasse per lui, non era affare suo se s'era lasciato sedurre in quel modo... Questi erano i suoi pensieri, il palliativo che il cervello le fornì per frenare i dolorosi morsi della coscienza.

Sapeva bene che lui, in quel momento, poteva leggere nella sua mente, allo stesso modo in cui lei, nel riflesso gelido dei suoi occhi, avvertiva la coscienza di Theodor dilaniarsi per le sue parole.

Fece per voltarsi, ma l'Uomo di Ghiaccio la afferrò per un braccio.

‹‹D-Dove credi di andare?››

Tentò di divincolarsi, ma la presa era troppo salda. Fu tentata di usare i suoi poteri per tramortirlo, ma realizzò che inimicarselo non avrebbe giovato alla sua causa.

‹‹Lasciami andare, Theodor›› ordinò con voce piatta. ‹‹Non è saggio far indispettire il Re dei Dannati...››

Le dita sul suo braccio si strinsero per un istante in una morsa, prima che lui ritirasse la mano. Non era uno sciocco, lo sapeva, e in cuor suo lo ringraziò per non averla costretta a usare le maniere forti.

‹‹Ti seguirò fin lì, se necessario.››

Non suonava come una minaccia, eppure Maria fu turbata da quelle parole. Nonostante tutto ciò che aveva visto, nonostante il modo in cui lei lo aveva trattato, lui teneva ancora così tanto a lei; la stupida ragazzina che era stata, nella sua vita precedente, si sarebbe forse commossa per quel suo pegno di fedeltà.

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