V.1) Fantasmi dal passato I

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Tutto era cambiato, eppure in fondo non c'erano poi chissà che differenze.

Si era ritrovata in una stupenda villa sul mare, circondata da ogni comfort: tavolo da biliardo, camino elettrico, angolo bar che prendeva un quarto del salone. Un ambiente ben diverso dalla distesa di erba secca e rocce cui si era dovuta abituare, negli ultimi anni di vita. Resistette alla tentazione di sedersi su quelle lussuose poltrone in pelle, puntando invece alle scale che davano verso i piani alti; la Camera Bianca, lo sapeva, doveva trovarsi lì.

‹‹Sicura che sia una buona idea?››

Come sempre, quella voce miagolante giunse da chissà dove. Si guardò intorno, cercando di capire dove Iris la Gatta si fosse andata a nascondere.

‹‹Se l'ha deciso Azrāʿīl, allora è così che faremo›› sussurrò rivolta al nulla.

Si sentiva ancora un po' goffa a camminare su due gambe, ma presto quella sensazione sarebbe passata. Salì le scale poco alla volta, tenendosi al corrimano, e quando svoltò l'angolo per il piano superiore trattenne il respiro per la gioia. L'intero corridoio sembrava essere stato adibito a libreria: pareti lunghe dieci metri di scaffali, colmi di volumi d'ogni sorta, più di quanti avrebbe potuti leggerne in una vita intera.

Quella era la casa che aveva sempre desiderato, negli anni ingenui in cui era stata una ragazzina come tante. La sua fantasia, per quanto rattrappita dal lungo sonno, sembrava ancora capace di appagare i sensi.

Trovò la gatta nera in un angolo, ad osservare uno scaffale della libreria con la testa inclinata per la curiosità.

‹‹Mi sono sempre chiesta›› miagolò ‹‹che ve ne facciate voi umani di tutto questo.››

Maria la osservò seccata. Per quanto amasse Azrāʿīl, fare da custode ai suoi animali da compagnia le sembrava troppo.

‹‹I libri ci servono a condividere i nostri sogni›› sospirò.

La gatta smosse la coda in un gesto annoiato. Non capiva perché non assumesse le sue sembianze umane, che la rendevano senz'altro più interessante.

‹‹Ragioni come quella stupida ragazzina...››

Le sopracciglia di Maria si strinsero in un cipiglio.

‹‹Oh, parli della tua ospite?›› chiese con sincera curiosità. Una volta Azrāʿīl le aveva accennato all'essenza di quella creatura, ma tutti quei dualismi l'avevano confusa.

Per tutta risposta, la gatta si limitò a stiracchiarsi. Forse solo per mettere in bella vista gli artigli, come a ricordarle di non impicciarsi in certe cose.

Tutti, in quel mondo, avevano dei segreti. Anche lei, dopotutto, ne serbava diversi in un angolo del cuore.

‹‹Piuttosto, tu non dovresti essere qui›› sussurrò, riprendendo a camminare lungo la libreria.

Nella penombra che la circondava, vide una porta in fondo al corridoio. Continuò ad avanzare a piccoli passi incerti, e anche se non sentì alcun rumore alle sue spalle, era certa che la gatta la stesse seguendo.

Scosse la testa, cercando di concentrarsi sul motivo per cui era arrivata fin lì. "Lo devo a Theodor" rimuginò, per quanto poco convinta.

Sapeva benissimo perché quella creatura l'avesse seguita, spingendosi alle porte di uno dei luoghi più intimi e segreti della sua coscienza. Nemmeno Azrāʿīl vedeva di buon occhio la sua amicizia con l'Uomo di Ghiaccio; forse, nonostante tutto, lui temeva ancora che non avrebbe retto il doppio gioco, che si sarebbe tradita da sola. O peggio ancora, che l'affetto verso ciò che s'era lasciata dietro finisse per mandare all'aria un piano costruito per secoli.

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