VI.1) Un ospite nella testa I

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Un sorriso illuminò il brutto volto dell'uomo.

‹‹Ja, finalmente l'hai capito!››

Michele si sentì mancare il terreno sotto i piedi. Mille colori gli esplosero nelle pupille, e gli parve di galleggiare in un vuoto privo di gravità ed emozioni. Le ginocchia gli cedettero, e un attimo prima di crollare al suolo il forestiero lo afferrò per il bavero, con una presa forte e allo stesso tempo delicata.

‹‹Mi lasci stare!›› urlò il ragazzo con voce stridula, mentre cercava di riordinare i pensieri.

Tutto ciò era impossibile! Se quello era un sogno, come faceva a provare quelle sensazioni così reali? Come poteva sentire la forza nella presa dell'uomo, l'odore della sua acqua di Colonia, o quel senso di vergogna mista a déjà-vu quando i loro occhi si incrociavano? Si sforzò di rimanere razionale, ma ciò non portò altro che nuove domande.

Se quello non era un sogno, allora come era finito in quello stanzino buio, quando poco prima era avvinghiato con Veronique? Anzi, come aveva fatto a trovarsi abbracciato alla bella francesina, sussurrandole dolci parole all'orecchio, quando nella vita reale nemmeno si parlavano? Se non era un sogno quello...

‹‹Devo davvero smetterla con le canne›› fu l'unica cosa che riuscì a dire.

La risata compiaciuta del suo interlocutore lo fece distrarre da quel vortice di pensieri.

‹‹Oh, cosa non darei per provare ancora quella sensazione... La prima coscienza del sogno lucido è un'esperienza unica!››

Sogno lucido... Nella loro semplicità, quelle due parole lo spaventarono a morte. Michele non voleva ascoltarlo, eppure non sembrava esservi scelta; la voce dello straniero sembrava trapanare i muri del suo pensiero, sovrastando qualsivoglia altro input e catalizzando la sua attenzione verso di essa.

‹‹Forse è il caso che mi presenti: il mio nome è Theodor. Theodor Von Raumzeit, per la precisione!››

Per la seconda volta, la mano inguantata rimase sospesa tra loro, a stringere l'aria.

Michele rimase fermo, squadrando lo strano individuo da capo a piedi, ancora incerto se fosse reale o soltanto una creazione del suo cervello. Quale che fosse la verità, non si sarebbe certo fidato di lui.

‹‹Può spiegarmi dove ci troviamo... E soprattutto, che cosa ci fa nel mio sogno?››

Cercò di non pensare a quanto quella domanda suonasse bizzarra.

Theodor sospirò, abbassando la mano.

‹‹Se sono qui, stasera, è solo per mantenere una promessa... E per quanto riguarda questo posto, dovresti spiegarmelo tu, perché qui siamo nella tua testa!›› Si guardò più volte intorno, come se ci fosse qualcosa da vedere nel buio. ‹‹Äh, tu non hai molta fantasia, vero?››

Dall'espressione che il ragazzo gli rivolse, Theodor capì di avere ancora molto da lavorare sul suo tono ironico.

‹‹Quindi lei n-non è, insomma... Non è r-reale?›› borbottò Michele.

L'Uomo di Ghiaccio scosse subito la testa.

‹‹Ragazzo mio, io sono ben più reale di quel che immagini...››

Quel dubbio andava fugato il prima possibile. Il Miracolo aveva già avuto contatti con gli abitanti del regno onirico, ma tra lui, quella perfida ragazza e i demoni sotto il dominio di Azrāʿīl, c'era tutta la differenza del mondo...

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