Primo giorno di ferie

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CAPITOLO 12

Quando il vento dall'Est comincia a soffiare, ci son novità e feste da fare.


DYLAN'S POV

È lunedì. È il mio primo giorno di ferie. Ed è il giorno in cui mi allontanerò da Boston per andare in quella che è denominata "la città delle streghe".
Salto giù dal letto scattando come una molla non appena i miei occhi si aprono al giorno che ha inizio. Sicuramente il mio risveglio anticipato, e senza l'aiuto della sveglia, è stato dettato dall'impazienza di prepararmi per il breve tragitto da fare.
Mi sento euforico, carico di energia e piacevolmente ottimista. Nella piccola città di Salem, sono convinto che troverò chi sto cercando, e il solo pensiero di Trixie mi fa vibrare ogni cellula del corpo... e in special modo vibra pure il cardellino che, dentro i boxer, sembra voglia spiccare il volo.

"Cazzo! Forse Sean ha ragione. Non batto chiodo da più di due mesi, e ormai basta poco per farmi esplodere"

Scaccio momentaneamente il pensiero di Trixie, per non peggiorare la situazione sotto la cintura, e vado spedito in cucina per preparare un caffè da gustare fuori al balcone e ammirare la veduta del Faneuil Hall, che comincia a rischiararsi con le prime luci dell'alba. Fumo anche la mia prima sigaretta dopo il caffè, e quando non c'è più niente da bruciare, spengo il mozzicone nel posacenere a colonna disposto all'angolo; questa volta mi sono ricordato di usarlo.

La prima mattina continua con una doccia rigenerante e la scelta degli indumenti che non sono neanche una vera scelta, ma i primi che trovo nell'armadio. Guardo l'ora, ma è ancora presto per andare a Salem, sono appena le sette e di questo passo, senza trovare qualcosa da fare, il tempo trascorrerà in slow motion.
Decido allora di passare le prossime ore a scrivere. Vuoto assoluto fino a quando non scrivo di lei. Nel secondo caso le dita si muovono frenetiche sopra la tastiera, e il suono del ticchettio delle dita che premono sui tasti riempie la stanza, come l'immagine di Trixie riempie i miei pensieri.

Mi fermo solo un momento per rileggere quanto fissato sullo schermo, constatando che in poco più di due ore, col pensiero rivolto a lei, ho scritto l'equivalente di due mesi senza di lei. Ora non ho nessun dubbio che sia la mia musa ispiratrice e che in sua assenza il mio libro non avrà mai uno sviluppo e una fine.
Chiudo il portatile mettendo fine al mio scritto e guardo nuovamente l'orario. Sono quasi le nove e un quarto; è sempre ancora troppo presto, ma sono impaziente tanto quanto un bambino smanioso di scartare i regali la mattina di Natale.

Non resisto più. Al volo prendo le chiavi per poi catapultarmi giù per le scale e infilarmi nella mia auto parcheggiata sotto casa. Metto in moto e parto senza aspettare oltre. Non ho bisogno di consultare cartine stradali o navigatori, conosco bene il posto e so come arrivarci senza difficoltà.

Appena passata la Witch House mi fermo a trecento metri parcheggiando proprio di fronte all'attività commerciale che mi interessa. È ancora chiuso, ma non avevo dubbi, sono in netto anticipo di quasi un'ora alla sua apertura, ma non mi pesa aspettare. Vuol dire che rimarrò qui tranquillo ad attendere che il cartello davanti la vetrina cambi posizione e ritorni ad avere la scritta "open" al posto del "closed".
Mi volto con lo sguardo verso il negozio vagando con i pensieri. Quante volte ci sono passato davanti senza fermarmi? Se solo avessi saputo che al suo interno si nascondeva un'incantevole creatura, non avrei preso neanche in considerazione di chattare con una mezza psicopatica, non avrei perso tempo dietro la sua gonna e forse il mio futuro sarebbe stato diverso da quello che è adesso.

Per ingannare il tempo accendo l'ennesima sigaretta e scendo dall'auto per non cuocermi come in un forno crematorio. Mi accorgo subito dopo che di fronte la strada si è liberato un posto in un parcheggio pubblico giusto sotto un albero rigoglioso di foglie. Rientro in auto per andare a occupare quel posteggio, poiché l'ombra è indispensabile se non voglio trasformare l'abitacolo in un ammasso rovente con cui mi sarei ustionato non appena le mani avessero toccato il volante e il culo il sedile.
Riscendo dall'auto, e appoggiato al cofano, nel resto del tempo che manca, aspetto guardando l'edificio in mattoni rossi sotto il quale spicca la vetrina con tanti oggetti strani e particolari. A quella poi si avvicina una signora, penso sulla sessantina o anche qualcosa di più. La osservo mentre con le mani a coppa ai lati del viso, sbircia al suo interno. Sarei tentato di andare da lei e dirle che l'apertura è alle undici e non alle dieci, quando la porta inaspettatamente si apre e rimango con la sigaretta sospesa a mezz'aria non appena vedo il suo volto sorridente.

Le nuove streghe di Salem Where stories live. Discover now