Muriel

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CAPITOLO 37

E dove l’acqua si va ad increspare, getta una pietra e la verità traspare.

TRIXIE'S POV

È passata una settimana da quando ho avuto il mio primo malore. A quelli ne sono seguiti altri, con l'aggiunta anche di nausea e talvolta anche vomito. Nell'ultima settimana ho perso anche peso, non molto, ma quel poco è bastato a farlo notare anche in maniera visiva. Due giorni fa, Dylan non voleva neanche più aspettare il ricovero per il Day Hospital ma portarmi direttamente al pronto soccorso. Ovviamente mi sono rifiutata; due giorni in meno non avrebbero fatto la differenza.

E ora sono qui in macchina a percorrere il tragitto che mi avrebbe portata dritto al General Hospital di Boston.
Scendo dall'auto non proprio entusiasta, ma almeno gli avrei tolto ogni dubbio su una mia eventuale malattia genetica o non genetica.
Iniziamo con la prassi! Ci dirigiamo insieme alla reception per consegnare tutti i miei documenti, compilare un questionario e mettere qualche firma sparsa qua e là per i consensi. Ad attendermi qui, c'è anche James, il padre di Dylan, che molto gentilmente si fa carico di tutte le altre formalità per poi scortarmi verso la mia camera... camera per modo di dire; sembra la stanza di un albergo, quindi mi viene naturale alleggerire la tensione.
«Wow, sono venuta a fare una vacanza di relax.»
«È una singola solitamente riservata per... diciamo persone più in vista.» Mi risponde James.
«Che bello! Sono una Vip.»
«Non ho capito se stai facendo dell'ironia.» Mi riprende Dylan.
«Perché? Non riesci a vedere la mia felicità?»
Indico pure tutto intorno con un cerchio la mia faccia allegra... che di allegro in verità ha solo un sorriso inquietante e di circostanza uguale a quello del Cheshire Cat.
«Vi lascio soli... intanto Trixie, puoi anche cominciare a cambiarti. Fra mezz'ora passerà l'infermiera per un primo prelievo.» M'informa James
«Primo prelievo?»
«È quello che servirà per accertare un eventuale stato di gravidanza... se risulterà essere positivo non potrai fare molti tipi di esami diagnostici e strumentali.»
«Oh, ma non sono incinta.»
«Non sarebbe da escludere. Dylan mi ha detto degli svenimenti e delle nausee mattutine.»
«Dylan parla un po' troppo.»
«Ad ogni modo è comunque da prassi fare questo tipo di analisi. Ora stai tranquilla e rilassati.» «Ok, grazie. Lo farò»

Si dilegua dalla stanza e rimaniamo solo io e Dylan, che in questo momento, appoggiato con i gomiti alla spalliera del letto, mentre io preparo l'occorrente che mi servirà per questo Day hospital, è fisso a guardare il mio ventre... e so pure a cosa sta pensando! Per quello non ci vuole neanche il mio talento per capirlo.
«Non fare castelli in aria. Non sono incinta!»
«Pensaci! Non è che poi siamo stati tanto cauti in quel senso.»
«Come la prenderesti?»
«Come dovrei prenderla secondo te? Ne sarei felice e prenderei le mie responsabilità di padre... perché sono il padre, vero?» «Scemo!»
È bellissimo quando mi sorride in quel modo malandrino... e sapere come reagirebbe a una notizia del genere, è altrettanto bello.

Mezz'ora dopo sono vestita di tutto punto, con la mia bella camicia da notte grigio perla a pois neri e i miei bei calzini rigorosamente bianchi ai piedi, e sto seduta tranquillamente sul letto, in attesa che l'infermiera finisca di prelevare dal mio braccio la fialetta che servirà ai vampiri... perché è così che chiamo tutti gli analisti in generale. Sono dei succhiasangue!
Un'altra mezz'ora più tardi un altro infermiere entra con una sedia a rotelle... dico! Ma non sto mica messa così male!
Ma per loro è di prassi pure questo. Per accompagnare i degenti nei vari reparti si divertono a scarrozzarli in giro con una sedia anche quando possono camminare sulle loro gambe.
Questa sarà solo una semplice visita generale... almeno così mi spiega l'infermiere che mi accompagna nella sala asettica e triste dove mi attende un medico generico che mi fa una serie infinita di domande generiche. Che tipo di malessere accuso, esami fatti in precedenza, altri casi in famiglia, tutte cose di questo genere, e quando finalmente il terzo grado si conclude, si ritorna indietro verso la mia camera.
Ritrovo il padre di Dylan in corridoio, che proprio in quell'istante stava venendo da me con una cartellina tra le mani che molto probabilmente contiene il responso delle prime analisi. Entriamo in camera e raggiungo Dylan che pazientemente mi aspetta e mi aspetterà per tutto il giorno.
«Allora Trixie, il risultato delle analisi è negativo... a questo punto avrei preferito il contrario. La perdita di coscienza non è un buon sintomo, per cui sono sicuro che il medico che si occuperà di te procederà subito con una TAC.»
Annuisco, e nel mentre, guardo Dylan che è palesemente deluso dal risultato.
Mi stringe pure la mano mentre mi siedo sul letto per attendere che arrivi di nuovo l'infermiere che mi scarrozzerà da una parte all'altra dell'ospedale.
Non appena siamo di nuovo soli, mi appoggio con la testa sulla sua spalla e un sospiro fuoriesce senza controllo dalla mia bocca, poi mi spiazza... beh, in realtà l'avevo capito ma sentirglielo dire fa tutto un altro effetto.
«Non mi sarebbe dispiaciuto avere un'altra streghetta in giro per casa.» Mi dice.
«Sei rimasto deluso?»
«La verità? Ci speravo.»
«Perché proprio streghetta? Non hai mai pensato a un maschietto?»
«In realtà non l'ho preso neanche in considerazione un maschietto... ho notato che le tue avi, tranne qualche eccezione, hanno partorito tutte femmine, quindi l'ho dato per scontato.»
«Non fa una piega.»

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