Altre verità

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CAPITOLO 46

CANTO DI SATURNALIA Noi sappiamo che ogni cosa ha un inizio e una Madre. Noi sappiamo che ogni cosa ha una fine e una Madre. Non c'è vita senza morte, non c'è morte senza vita. Se chiedi il perché della vita e se chiedi il perché della morte ti verrà risposto: "Noi tramontiamo perché le onde del mare possano volare, e un giorno, al tramonto, esse voleranno grazie a noi".


TRIXIE'S POV

Le temperature si sono decisamente abbassate, non è più tempo di andare in giro con una maglietta sottile, come però non è ancora tempo di andare in giro con un pesante cappotto, ma per la seconda opzione Dylan non è tanto d'accordo. Fosse per lui mi vorrebbe con un giubbotto imbottito, con tanto di sciarpa e cappello.
A nulla sono valse le mie proteste. Volente o nolente mi costringe a fermarmi sull'uscio prima di mettere piede fuori tirando su la zip del piumino, a detta sua troppo leggero, fino alla sua massima chiusura, coprendo così per bene la gola esposta all'aria non proprio calda, ma neanche tanto fredda.
«Non pensi di stare esagerando?» Gli dico.
«Ti ammali con poco e ci manca solo che prendi un altro colpo d'aria.»
«Invece di pensare ai miei "colpi d'aria" perché non pensi alle tue "prese d'aria"?»
«Le mie prese d'aria non causano una bronchite.»
«Le tue prese d'aria ti fanno oscillare il pendolo a destra e a manca! Ma è maniera?»
«Obiezioni per questo?»
«Certo che sì! Che bisogno c'è di mettere in mostra l'albero maestro?»
«E chi lo vede?»
«Chiunque quando metterai i piedi fuori.»
«Gelosa?»
«Di chiunque!»
«Questa è da segnare. Ho una strega gelosa come fidanzata. Dovrei aver paura?»
«Attento a te o ti trasformo in un rospo.»
«Ok, ok, mi arrendo. Vado a mettere le mutande per contenere l'albero maestro, come l'hai chiamato tu, contenta?»
«Puoi ben dirlo!»
La sua risata spontanea e genuina mi rincuora. È bello poter ridere di queste cose con l'illusione che tutto sia normale... proprio noi, che di normale in questo momento non abbiamo niente, ci ritroviamo a discutere di cose futili e prive d'importanza, poiché le cose importanti sono ben altre, anche se momentaneamente messe in un angolo per vivere attimi di leggerezza.

E questa spensieratezza dura per tutto il viaggio verso Shrewsbury; la nostra meta. Nell'abitacolo dell'auto sono in completo relax, tra una dolce compagnia che non smette un secondo di sputare per distogliermi da eventuali pensieri e la musica di sottofondo che continuo a cambiare di stazione in stazione.
Ogni tanto guardo fuori dal finestrino ammirando il paesaggio che non è più adornato da alberi dalla chioma verde lussureggiante, ma da alberi spogli, dai cui tronchi, si diramano le strutture legnose dei rami che si intricano in alto verso il cielo, innalzandosi come imponenti sculture scheletriche.
Torno a essere malinconica. Il triste autunno, dove la natura comincia a morire, e il freddo inverno che ne marca il letargo, mi fanno questo effetto... ma so anche che, è nel suo cerchio che tutto si rigenera e torna a nuova vita, e per un attimo penso che vorrei essere come gli alberi... magari potessi morire d'inverno per poi rinascere a primavera!
Sono pensieri malinconici come la natura che mi circonda, ma che subito si inabissano come fa il sole all'orizzonte, quando Dylan mi distrae dal mio vagare con la mente. Gli sorrido grata; l'ho capito che tutto questo parlare è solo per non farmi fossilizzare in riflessioni su un futuro incerto.

Arriviamo a Shrewsbury, e lo stesso lago, che tre mesi fa era di un azzurro intenso e poi diventato di un magico nero con un manto di stelle sulla sua superficie, oggi è di un grigio plumbeo come il cielo che lo sovrasta con le sue nuvole grigie, così come è grigio e spento il giardino con le sue sdraio momentaneamente inutilizzate e l'ombrellone chiuso che non ha più bisogno di riparare da un sole rovente.
Saliamo i pochi gradini di legno per arrivare al portico e alla porta non chiusa, e che ci permette quindi di non essere ostacolati nel passaggio da fuori a dentro casa e che dà direttamente alla cucina.
È tutto silenzioso, e in questo silenzio Dylan chiama a gran voce la madre che è chissà dove in qualche parte della casa.
«Mamma?»
«Sono qui!»
Ci voltiamo indietro proprio da dove siamo entrati. Muriel è alle nostre spalle con dei guanti da giardino alle mani e un grembiule cerato che subito sfila e mette via su di un ripiano all'esterno del portico prima di entrare in casa.
«Ero fuori sul retro a piantare dei bulbi di iris. Ho sentito la macchina arrivare e mi sono affacciata giusto in tempo per vedervi entrare.»
«Bulbi di iris?» Le chiede Dylan.
«Sì, questo è il periodo ideale.» Risponde Muriel.
«Ma non è lo stesso bulbo che...?»
La seconda domanda è a me che è rivolta, e io come risposta annuisco capendo benissimo che si riferisce al fiore piantato sulla tomba di mia madre, e in lui, dall'altra parte, trovo lo stesso segno mimico per rispondere al mio assenso. Annuisce ora che sa il significato di quel fiore e sa il motivo della sua semina, e di conseguenza anche il perché sua madre li stesse piantando.

Le nuove streghe di Salem Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora