Giorno di compleanno

41 4 3
                                    

CAPITOLO 40

In gioia l'addio, in gioia l'incontro, cuore caldo e sorriso sul volto.


TRIXIE'S POV

È passata un'altra settimana e questa è una di quelle rare mattine, se non l'unica da quando passo le notti a dormire in sua compagnia, che mi sveglio prima di lui.
Il sole non è ancora sorto, ma fuori c'è quella tipica scarsa luminosità che precede la sua levata.
Dietro di me Dylan respira pesantemente, segno che non si sveglierà a momenti... e neanche voglio svegliarlo per quanto il suo sonno arrivi sempre sul tardi.
So che veglia su di me, perché tante volte mi sono svegliata nel cuore della notte trovandolo sempre vigile e pronto a chiedermi se avessi bisogno di qualcosa, e so che è stato così anche questa notte, per cui lasciarlo dormire è il minimo che possa fare.
Una volta tanto vorrei alzarmi e preparare la colazione al posto suo; oggi sarebbe stata la giornata ideale visto che la mia sveglia biologica ha cambiato orario, ma a non essere ideale è altro: è il mio corpo che non vuole rispondere al comando e vuole continuare a bearsi nella culla del suo abbraccio.
Richiudo quindi gli occhi aspettando che il sole sorga nella sua totalità, spazzando via definitivamente la mezz'ombra che caratterizza l'ora dell'albore.

Tempo dopo, quando non sono più la sola a essere sveglia, riapro gli occhi accorgendomi che la stessa fioca luce di un'ora prima è ancora presente.
Non è una giornata soleggiata, ma una giornata caratterizzata dalla presenza di nuvole di pioggia che rendono l'atmosfera grigia e triste, come il mio umore.
Eh, sì! Questa è una giornata no! Una di quelle giornate che vorresti finissero subito o se possibile cancellare direttamente dal calendario.
Fortuna che ho Dylan al mio fianco... l'unico vero raggio di sole che si fa spazio tra la nebula bigia di questa mattina nembosa.
Piano mi volto lasciandomi alle spalle la vista della finestra cosparsa da gocce di pioggia e mi delizio di un'altra vista.

Ora che siamo viso contro viso, non perde l'occasione per spostarmi i capelli di lato e farmi una carezza su di uno zigomo che mi scalda il cuore. È sempre così! E il suo tenero sorriso accompagnato dal solito buongiorno mi fa dimenticare l'uggiosa mattinata e la triste pioggia che batte contro i vetri.
«Buon compleanno principessa.»
«Non è un buon compleanno... proprio per niente.» Rispondo con un sussurro mesto.
«Siamo di cattivo umore questa mattina?»
«È il cattivo tempo a mettermi il cattivo umore.»
«Dimmi cosa posso fare per renderlo migliore.»
Io lo so cosa potrebbe fare per rendere la giornata migliore di così, ma anche se glielo facessi presente, la sua risposta sarebbe uguale a quella degli altri giorni, ma ci provo lo stesso sperando che capisca la mia allusione.
«Devo proprio dirtelo?»
«Trixie... non voglio farti di nuovo male.»
«Come potresti?»
La mia allusione forse l'ha capita, poiché non risponde alla mia domanda, ma agisce... e quello che ne segue, della sua azione, mi fa già immaginare il poter toccare ancora una volta il paradiso.
Sposta il lenzuolo con il sottile copriletto che ci ha avvolti durante la notte e si mette seduto. Delicatamente passa la sua mano sul collo sfiorando la mia pelle fin giù al solco dei seni... basta questo a farmi perdere il respiro e farmi accelerare i battiti nella trepidante attesa che vada oltre. Comincia ad armeggiare con i bottoncini della camicetta in cotone che uso come pigiama e piano, con una lentezza che lascia sempre più in sospeso il mio respiro, la lascia scivolare lungo le spalle.
Arriva solo a metà della discesa, e poi in un attimo sbarro gli occhi quando la sua voce mi trapassa i timpani e capisco che tutto il rituale non era il preludio per ciò che avevo immaginato.
L'allusione l'ha capita! Quello che non ha capito, invece, è che non è lui a farmi del male, e di conseguenza s'inizia la solita solfa che da un po' di tempo a questa parte, fa da padrona ai nostri dialoghi.
«Ti farò del male anche se non voglio.»

Mi metto seduta scattando, dimenticando pure quanto fosse faticoso farlo un istante prima, e con lo stesso scatto, afferro il bavero della camicia riportandolo al suo posto per ricoprire le spalle nude, nascondendo, così, quello che Dylan stava sfiorando.
Ma serve a poco, non serve coprirle, né tantomeno tentare di far finta che non ci siano, perché Dylan è subito pronto a ricordarmelo.
«Non posso neanche toccarti che...»
«Dylan!» Lo interrompo a voce alta per fargli capire che la mia esclamazione è un rimprovero per lui.
Ritorna lentamente ad abbassare la camicia, tanto quanto basta per scoprire gli edemi violacei che si sono aggiunti a quelli già presenti sull'addome. Li guarda in maniera quasi ossessiva mentre li sfiora, e intanto si colpevolizza pure, per quella presa fatta in maniera forse un po' troppo stretta per la mia pelle ora così fragile.
«Smettila di guardarlo. Non è stata colpa tua.» Continuo.
«E di chi allora?»
«Stavo cadendo! Mi hai solo afferrato per non farmi cadere!»
«E ti ho lasciato cinque dita come ricordo!»
«Sono cose che capitano.»
«Sono cose che non dovrebbero capitare.»
«Oh, ma santa pazienza! Vuoi smetterla di darti la colpa per tutto? È stato un incidente.»
«Che non è stato neanche l'unico! Devo ricordarti anche quello che hai sull'anca? Capiterà ancora... e poi ancora.»
«E con questo?»
«Proprio non capisci?»
«Devo capire cosa?»
E ora il suo sguardo mi fa più paura della morte stessa.
Perché mi mette questa angoscia che scava nel profondo fino a lacerarmi?
Non si prospetta niente di buono. Oltre a quello poi, il suo silenzio mi trafigge l'anima, il suo tocco sui lividi ha lo stesso effetto, e il loro mix è un concentrato di lame taglienti che inesorabilmente feriscono più delle lame stesse.

Le nuove streghe di Salem Where stories live. Discover now