PROLOGO - IRIS

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Iris aveva sempre avuto la sensazione di essere una trapezista, che volteggiava a mezz'aria senza rete di sicurezza. Era spaventoso e al contempo eccitante, perché non aveva mai diritto all'errore. Per fare le piroette a quell'altezza ci volevano coraggio e un pizzico di follia. Guardava in basso, vedeva il vuoto e pervasa da un misto di terrore ed euforia si lanciava godendosi appieno quel brivido, perché nonostante tutto era sempre la seconda a prevalere. Si diceva che forse era quello che provavano tutte le persone senza radici, quelle che potevano contare solo su sé stesse, quelle che non appartenevano a nessun luogo, per le quali ogni giorno era una nuova scoperta e il passato solo un grande punto interrogativo.

Amava i suoi avvitamenti e le sue capriole e poteva essere fiera di sé stessa, perché fino ai suoi dodici anni, tra alti e bassi, aveva considerato la sua vita un bello spettacolo. Le sue perenni peregrinazioni in giro per il Paese le avevano permesso, in un certo senso, di vivere mille vite. Non era nessuno e nei suoi giochi di bimba poteva divertirsi a essere chiunque volesse.

«Chi sono zia?» aveva chiesto un giorno la bambina, presa da una singolare angoscia. «Perché siamo sempre in viaggio?».

«Non sei nessuno, ecco chi sei» aveva risposto la donna, serrando le labbra.

Nessuno. Che strana risposta da dare a una bambina.

E volava Iris, piroettava con la fantasia, cercando il suo posto nel mondo, un appiglio, un luogo sicuro dove atterrare.

Tutto cambiò il giorno in cui si trasferì in una pittoresca cittadina costiera, dove scoprì l'oceano e la sua immensità. Fu come una rivelazione. Se dapprima ne aveva semplicemente subito il misterioso fascino attraverso le pagine dei libri delle decine di biblioteche comunali che aveva frequentato nel corso degli anni, in quel preciso momento, in piedi, davanti alla distesa marina ebbe coscienza di appartenere finalmente a qualcosa.

Sentiva l'odore dell'aria salmastra, udiva le onde infrangersi contro gli scogli. Aveva gli occhi fissi all'orizzonte, ma il suo sguardo andava ben oltre. Con la fantasia si poteva viaggiare, Iris lo sapeva bene. La zia la rimproverava spesso per la sua fervida immaginazione. Quella sua tendenza a sognare a occhi aperti era un problema, perché quello che accadeva nella sua testa apparteneva solo a lei e la donna non sopportava ciò che sfuggiva al suo controllo.

L'immagine dell'acrobata, che l'aveva accompagnata fino ad allora, si trasformò improvvisamente in quella di una nuotatrice, che galleggiava nell'acqua immobile e leggera, muovendo appena le braccia, immersa nel silenzio assoluto a fissare l'abisso. Visualizzava chiaramente nella sua testa il fondale marino e sentiva il bisogno fisico di spingersi nelle profondità, per scoprirne i segreti. La natura intorno a lei prendeva vita, la flora e la fauna marina scintillavano di mille colori e sotto di lei l'oscurità ricambiava il suo sguardo. Un tappeto infinito di lunghe alghe scure, che ondeggiavano, ipnotizzandola, un mondo sconosciuto pronto ad accoglierla.

Il buio non le avrebbe fatto paura, il suo passato non era altro che un enorme buco nero e ciò era stimolante, perché la spingeva ad andare oltre i limiti della sua fantasia.

Non sarai perduta per sempre, ci rivedremo e confido che quel giorno farai la scelta giusta.

Un sussurro lontano, che le arrivava dritto al cuore. Non era la prima volta che sentiva quelle parole, ma quella volta il messaggio era così chiaro da non poterlo ignorare. Era la voce dell'acqua, ne era convinta e le stava offrendo quel conforto di cui aveva bisogno.

Iris si immaginava prendere un ultimo grande respiro e scendere sempre più giù, incurante del fatto che forse non sarebbe più stata in grado di risalire. Tornare in superficie sembrava un'idea così illogica e spaventosa.

Per esperienza poteva affermare che, in assenza di rete di sicurezza, l'atterraggio di una trapezista era sempre rovinoso e capace di lasciare ferite profonde, spesso non rimarginabili, ma ciò in quel momento non valeva per lei.

Ora che si trovava nel suo elemento, era un tutt'uno con l'universo meraviglioso che si svelava poco a poco attorno a lei. L'ipotesi del fallimento non sembrava così terrificante, non provarci sarebbe stata una vera violenza.

Era finalmente in pace. Quel legame così viscerale era senza dubbio manifestazione di un profondo desiderio di libertà, ma a volte pareva quasi il ricordo sfocato di una vita passata.

Quel giorno aveva desiderato continuare la sua lenta discesa, metro dopo metro, ma fu bruscamente richiamata alla realtà dalle parole di zia Emma, che le intimava di sbrigarsi.

Eccola lì in superficie, in una realtà fatta di regole e obbligazioni, che come ogni adolescente Iris iniziava a mal tollerare.

The night drowns in dawnWhere stories live. Discover now