CAPITOLO 11 - IL PRIGIONIERO

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Iris, nonostante si sentisse in colpa per il gesto compiuto verso Fidian, senza indugiare ulteriormente, entrò nella stanza accanto. Impiegò qualche istante ad abituarsi all'oscurità e solo dopo aver strizzato gli occhi un paio di volte finalmente individuò nel buio la sagoma dell'uomo. Nell'aria c'era puzzo di sangue, un odore ferroso e dolciastro.

Il prigioniero era raggomitolato a terra in un angolo con il capo rivolto verso il muro e il fatto che non si fosse mosso quando lei aveva spalancato la porta le fece pensare che si fosse assopito o che potesse aver perso i sensi. La peggiore delle ipotesi non voleva assolutamente prenderla in considerazione.

<<Ehi>> disse lei in un sussurro per richiamare la sua attenzione.

L'uomo non si mosse di un millimetro e allora l'agghiacciante pensiero di essere arrivata troppo tardi attraversò la mente della ragazza.

<<Ehi>> ripeté con più veemenza chinandosi su di lui e scuotendolo leggermente.

L'uomo a quel punto voltò leggermente il capo verso di lei e la ragazza tirò un sospiro di sollievo. Gli tolse il cappuccio delicatamente e nonostante la penombra si rese conto che l'uomo era una maschera di sangue. Il viso che aveva visto nel bosco era quasi irriconoscibile, era già tumefatto. I licantropi lo avevano pestato pesantemente.

Iris gli levò il bavaglio che gli era stato messo sulla bocca e con il pugnale che aveva nascosto nei pantaloni gli liberò le mani dalle strette funi, che gli avevano già lacerato i polsi.

Ripose con attenzione l'arma dietro la schiena e gli porse una mano. Lo sconosciuto, senza chiedere alcuna spiegazione, la afferrò saldamente e si sollevò con parecchie difficoltà. Iris traballò e fu impressionata vedendolo per la prima volta ritto dinnanzi a sé, si rese conto di quanto fosse effettivamente imponente e massiccia la sua figura. Non sarebbe stato facile sorreggerlo fino all'uscita della costruzione. Così fu, infatti l'uomo, reggendosi in piedi a stento, avanzò appoggiando quasi tutto il suo gravoso peso addosso a lei, rischiando di farli capitolare entrambi.

I due attraversarono la stanza dove Fidian giaceva ancora a terra. Il prigioniero si bloccò di fronte a quella scena incredibile, osservò il ragazzo e poi rivolse uno sguardo sinceramente impressionato alla sua salvatrice. Iris abbozzò una smorfia dispiaciuta, che per un attimo sembrò divertire l'uomo.

Uscirono all'aperto e fecero un breve percorso insieme fino al limitare della boscaglia, dove la ragazza, rendendosi conto aver già sottratto troppo tempo prezioso al suo progetto di fuga, decise che fosse giunto il momento che le loro strade di separassero.

<<Ti devo lasciare qui. Non sei il solo in fuga>> disse lei sinceramente dispiaciuta. L'uomo la trattenne per una mano, la sua presa era decisa, forse troppo, poi la lasciò. <<Questo è tuo. Buona fortuna>> disse lei porgendogli il suo pugnale.

La ragazza recuperò lo zaino nascosto tra il fogliame di un cespuglio e si allontano di corsa. Comportandosi in quel modo avrebbe perso la sua occasione per scoprire l'identità del prigioniero e il motivo che lo legava alla sua assurda vicenda personale, ma quell'uomo, così conciato, sarebbe stato d'intralcio nel suo cammino verso la libertà. Cercò di ripercorrere i suoi passi nella giusta direzione, ma non poteva fare a meno di pensare che la ferita dello sconosciuto si fosse riaperta, così si voltò indietro un'ultima volta.

Lo vide, aveva percorso solo qualche passo e si teneva una mano sul taglio e così, travolta da un enorme senso di colpa, si bloccò. Forse avrebbe potuto almeno guarire le sue ferite. Quando un istante dopo lo vide alzare gli occhi al cielo e barcollare, comprese che se lo avesse lasciato solo in quello stato sarebbe stato rapidamente individuato dal branco e finito entro breve tempo. Tutto quello che aveva fatto fino a quel momento sarebbe stato completamente inutile.

Tornò indietro.

Sotto quel cielo stellato il prigioniero la guardò e il tempo inspiegabilmente parve arrestarsi. Iris ebbe ancora una volta la sensazione di conoscere quello sguardo, ma era altrettanto certa che se mai in passato avesse già incrociato quel paio d'occhi neri non avrebbe in alcun modo potuto scordarli. Non sapeva se fosse solo una sensazione o ci fosse qualcosa di vero. Si domandava se fosse possibile cogliere in un attimo la vera essenza di qualcuno, stabilire una qualche sorta di connessione che andasse al di là delle parole. Aveva spesso sentito dire che gli occhi erano lo specchio dell'anima e ora quell'espressione prendeva tutto il suo senso davanti a lui. Che ne fosse affascinata o la sua fosse solo pietà nei suoi confronti, in ogni caso non riusciva ad averne paura. Non vi era ostilità in quel viso martoriato, ma una scintilla misteriosa che l'attirava a sé e che faceva battere forte il suo cuore.

Si immersero l'uno nello sguardo dell'altra e fu un po' come avanzare lentamente, ma senza indugio nelle profondità dell'oceano, scendendo sempre più giù, metro dopo metro. Iris si sentiva inspiegabilmente avvolta e al sicuro. In quel luogo di pace profonda poteva essere semplicemente sé stessa, senza paura del giudizio.

<<Vieni. Appoggiati a me>> disse la ragazza.

Lui guardò ancora la volta celeste costellata di stelle e rimase incantato come se fosse la prima volta che assisteva a un tale spettacolo. Poi abbassò lo sguardo su di lei e dischiuse le labbra come per dire qualcosa, ma rimase in silenzio e insieme avanzarono verso il bosco, lasciandosi avvolgere dall'oscurità della notte.

E VOI COSA AVRESTE FATTO?

The night drowns in dawnWhere stories live. Discover now