CAPITOLO 2 - OSPITI

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Iris, trafelata e con le guance rosse, esitò qualche istante davanti all'ingresso del villino. Inspirò profondamente e tentò di sistemare rapidamente con una mano la criniera disordinata. La zia l'aveva vista, era troppo tardi per raccogliere i suoi lunghi e appariscenti capelli rossi in una decorosa coda di cavallo.

Si decise finalmente ad aprire la porta.

Come aveva immaginato la sfuriata della zia la investì appena messo piede oltre la soglia di casa.

«Dove sei stata?» domandò la donna visibilmente alterata. «Lo sai che ora è? Ti rendi conto della pena che mi causi ogni volta che ti comporti da incosciente? Ero terrorizzata all'idea che potesse esserti successo qualcosa. Quante volte te l'ho detto che devi avvertirmi se sei in ritardo? E poi perché hai spento il cellulare? Ho provato a chiamarti almeno una decina di volte».

La ragazza provò più volte ad aprire bocca per giustificare il suo ritardo, ma la donna, continuando a inveire energicamente contro di lei, glielo impedì. Avrebbe voluto avere la possibilità di spiegarle quanto fosse importante per lei salutare Candice e in fondo si illudeva che la zia avrebbe capito, ma sembrava impossibile arginare quel fiume in piena di parole. Le reazioni esagerate della donna non erano una novità, nonostante professasse l'ideale della compostezza, ma quella situazione ai suoi occhi cominciava ad assumere i tratti dell'assurdo, perché si trattava di un piccolo ritardo e lei non era più una ragazzina.

Sembrava che Iris riuscisse sempre a farla innervosire. Era frustrante cercare di dimostrare di essere all'altezza delle sue aspettative e non essere mai abbastanza

«Non hai idea di come mi fai sentire ogni volta che agisci in questo modo» continuò la donna sul punto di piangere.

«Irresponsabile».

Perché sei così rigida e ingiusta?

Avrebbe voluto dire molte cose, ma sapeva che non sarebbe servito a nulla.

La rabbia della zia stava inspiegabilmente lasciando il posto al dolore. La giovane non l'aveva mai vista in quello stato, con gli occhi gonfi di lacrime e la voce tremante. Avrebbe voluto abbracciarla e dirle che andava tutto bene, che era lì e non era successo nulla, ma temeva che quel gesto sarebbe stato frainteso e causa di un altro rimprovero.

Solo gli sciocchi offrono l'arma delle proprie emozioni al prossimo.

Quante volte Iris aveva sentito quella frase.

Bambina sensibile e testarda quale era stata, non volendo essere considerata una sciocca, aveva fatto di tutto per cercare la sua approvazione ed era giunta alla conclusione che assecondarla era il modo migliore per arrivare al suo scopo e magari ottenere un sorriso o una carezza.

Un giorno la zia le aveva chiesto se avesse ben chiara la ragione, per la quale fosse importante contenere la propria emotività e lei aveva dato la risposta sbagliata.

«Le emozioni sono troppo preziose per darle in pasto a chiunque» aveva risposto ingenuamente Iris.

«No, no bambina» aveva ribattuto quella innervosita. «Tu senti tutto, senti troppo. Un giorno ti caccerai nei guai se non inizi a mettere delle barriere. Proteggiti da te stessa».

Tanti anni erano passati e Iris sembrava essere rimasta un'irresponsabile e una sciocca ai suoi occhi. In fondo aveva vent'anni e a quell'età non si poteva controllare il mare in tempesta. La sua natura avrebbe sempre avuto l'ultima parola, ma avrebbe tentato di domare quelle onde in presenza della zia. 

Quella voce piagnucolosa, che le stava ribadendo per l'ennesima volta l'importanza di rincasare prima del calar del sole, divenne improvvisamente solo un mormorio lontano. Iris percepì un lieve movimento proveniente dalla stanza adiacente, si voltò istintivamente e si accorse che non erano sole in casa.

Il salotto di zia Emma era un santuario eclettico che tanto le somigliava e profumava sempre di fiori freschi. Dietro la sua apparenza severa ed elegante, si celava il suo lato stravagante che si rifletteva in piccoli dettagli decorativi, pesanti drappi alle pareti con fini ricami floreali, mensole e mobili di stile classico carichi di cristalli colorati che all'alba creavano giochi di luce straordinari, incensi e candele profumate. Ogni dettaglio sembrava avere una storia da raccontare e suscitava emozioni contrastanti. Era un luogo suggestivo che catturava, ma infondeva anche un poco di soggezione.

Otto uomini dall'aspetto bizzarro le stavano osservando in silenzio e apparentemente divertiti da quella spiacevole scenetta di vita famigliare, eccetto uno di loro che restava in disparte, in piedi accanto alla libreria, con le braccia incrociate sul petto.

Lo sconosciuto la scrutava attentamente e senza pudore alcuno. La sua mascella serrata e la sua espressione enigmatica la misero immediatamente a disagio. Doveva essere poco più che un ragazzo, forse solo un poco più grande di lei, ma incuteva soggezione.

Alto e smilzo, spiccava in mezzo agli altri per la sua disordinata zazzera biondo caramello e per i suoi penetranti occhi azzurri fissi su di lei. Nel suo viso, incorniciato da una cascata di riccioli ribelli che gli arrivavano fin sotto le spalle, risaltavano un nasino perfetto e delle labbra sottili, contornate da una barbetta appena accennata. Nonostante i suoi indiscutibili tratti angelici, la sua assoluta immobilità donava al suo volto l'aspetto di un'altera maschera scolpita nella fredda e dura pietra. La guardava con una tale intensità da sembrare volerle fare del male, come se nel più profondo di lui covasse qualcosa di pericoloso.

Il corpo di Iris reagì istintivamente, una strana adrenalina, mai provata prima, si impossessò di lei. Sentiva di dover lasciare quella stanza e subito, ma allo stesso tempo sentiva di essere inchiodata al suolo. Rizzò la schiena, quando quel fremito la attraversò dalla testa ai piedi come un'onda elettrica. Era tesa come la corda di un arco. Tutti i suoi sensi erano in allerta, come se il pericolo fosse imminente.

Il cuore le si strinse nel petto, il respiro le si mozzò e le parve di affogare nel mare azzurro dei suoi occhi. Il ragazzo alzò leggermente il mento, come se fosse in attesa di una sua reazione, ma lei era incapace di fare o dire qualunque cosa. Per un breve istante lesse delusione nel suo viso e si sentì inspiegabilmente colpevole di qualcosa di grave.

«Ora vai su a darti una sistemata veloce e poi scendi a cena» disse la zia nervosa interrompendo la sua ramanzina. «Abbiamo ospiti».

Che diamine sta succedendo?

«Legati i capelli per l'amor del cielo. Non sono permesse stravaganze sotto questo tetto» aggiunse la donna.

QUESTO OSPITE MISTERIOSO POTREBBE DARCI SODDISFAZIONI... COSA NE PENSATE? :)

The night drowns in dawnحيث تعيش القصص. اكتشف الآن