CAPITOLO 4 - RIVELAZIONI

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Quella sera zia Emma si decise, non dopo molte riflessioni, a raggiungere la nipote nella sua stanza al piano superiore, stringendo tra le mani un piccolo libro dalla copertina amaranto.

Era arrivato il momento tanto rimandato e temuto.

La donna, di indole apprensiva e diffidente, aveva permesso a degli estranei la libertà di girovagare indisturbati per casa e ciò stupì Iris. Persino Candice era sempre stata osservata con sospetto, nonostante gli anni di amicizia che le legavano. Solo una volta, dopo una lunga insistenza, le era stato concesso di entrare in casa per svolgere una ricerca scolastica. Quella volta però la ragazza non aveva potuto fare un singolo passo senza essere controllata a vista dalla donna, che così si era vista affibbiato il soprannome "la squinternata", senza che Iris potesse darle torto. La zia era sempre stata una persona ansiosa nei suoi confronti, ma ultimamente la situazione era diventata insostenibile.

«Vorrei parlarti» esordì la donna sull'uscio.

«Evita di dire qualunque cosa se non sei disposta a dirmi tutta la verità»  disse la ragazza in tono brusco, bloccandole il passaggio con un braccio.

Quella sussultò, sorpresa dalla reazione aggressiva della nipote, che mai prima di allora avrebbe osato risponderle maleducatamente. Il loro rapporto era teso da molto tempo, ma Iris non aveva mai scelto lo scontro. Ogni qual volta si presentava una tensione, lei la aggirava agilmente chiudendosi nella sua stanza.

Indossava sempre la maschera della tranquillità per nascondere le sue tempeste interiori e ci riusciva bene. Non era facile convivere con quel caos, ma aveva imparato a gestirlo e quando si trovava da sola si accordava dei piccoli momenti solo per lei, dove seduta a gambe incrociate sul suo letto, chiudeva gli occhi e si lasciava travolgere da quel turbinio di emozioni che altrimenti avrebbero finito col soffocarla.

Iris amava sua zia nonostante tutto e si aggrappava ai ricordi felici e ai preziosi insegnamenti che le aveva dato.

«Sono qui per questo» disse l'altra in tono dimesso.

Iris si fece da parte e la fece entrare nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Raggiunse la nipote a testa bassa, sedendosi sul letto, accanto a lei. Ne seguì un lunghissimo silenzio.

Era da tanto tempo che la donna non era entrata lì dentro, si guardò attorno, forse nel tentativo di prendere tempo. La camera non era ciò che ci sarebbe aspettati da una giovane della sua età, le pareti erano bianche e spoglie, nessun poster o foto con gli amici che potesse renderla accogliente, ma non era anonima. Ogni angolo raccontava tanto di Iris. Vi erano un'infinità di piccoli oggetti sulle mensole e sui ripiani dell'altissima vecchia biblioteca di legno, ognuno di loro richiamava il mare. C'erano conchiglie e sassi di ogni forma e dimensione, ruvidi o levigati dall'acqua salata, disposti in pile traballanti, in file ordinate o cerchi concentrici e poi tanti vasi o boccali trasparenti ricolmi di sabbia fine, dove ogni tanto, con gli occhi chiusi, la ragazza infilava la mano, lasciandola scorrere tra le dita. Si immaginava lontano, in quel rifugio segreto che esisteva solo nei suoi sogni. Sul suo comodino c'era una lampada che emanava una luce soffusa, molto particolare, con un liquido blu denso, che saliva e scendeva ritmicamente, creando forme sinuose sempre diverse.

La zia sembrava stranita, la sua bocca si piegò in una smorfia. Ecco qualcosa di cui non era a conoscenza, chissà se Iris aveva altri segreti.

«Ciò che sto per raccontarti all'inizio potrebbe sembrarti assurdo» esordì all'improvviso, abbassando gli occhi e carezzando la coperta nervosamente.

«Più assurdo della scena a cui abbiamo appena assistito durante la cena?»ribatté la giovane.

La donna fece una lunga pausa.

The night drowns in dawnWhere stories live. Discover now