CAPITOLO 39 - SOFFIO DI VENTO

100 16 40
                                    

Nel primo pomeriggio Nemiah si presentò alla porta della capanna occupata da Iris. La ragazza era ancora arrabbiata per lo scambio animato che avevano avuto quella mattina e aveva disertato il pranzo nella sala comune. Quel malumore si accentuò quando si accorse che il suo pugnale d'argento era sparito. Non riusciva a pensare ad altro. Lo cercò ovunque, in mezzo alle coperte, sotto il letto e rivoltò addirittura ogni pelle del pavimento, per assicurarsi che non fosse scivolato da qualche parte. Sperava di sbagliarsi, ma sapeva benissimo chi era il responsabile di quella sparizione.

«Dov'è il mio pugnale?» chiese in tono aggressivo, spalancando la porta.

«Una ragazza non dovrebbe portare armi» rispose lui.

«Una ragazza può fare tutto ciò che vuole e non sarà certo un uomo a dirle cosa può o non può fare».

«Ehi ehi ehi, calma. Avevo solo paura che ti potessi fare del male».

Ammirava quella sua determinazione e non avrebbe in alcun modo voluto limitare la sua libertà, oltre lo stretto necessario, ma allo stesso tempo voleva assicurarsi che fosse al sicuro e girare con un'arma nel borsello avrebbe potuto attirare guai.

«Voglio il mio pugnale» disse lei, incrociando le braccia.

«Te lo darò, quando mi avrai promesso che sarai prudente» disse pacato. Lei lo guardò di traverso. «Te lo porto stasera, ora dobbiamo andare da Fidian prima che cali il sole, potrebbe... decidere di uscire la notte».

Quella frase le lasciò una strana sensazione addoso, le parve quasi che volesse mettere le mani avanti nel caso in cui quella visita non fosse andata a buon fine.

Iris non ebbe altra scelta che seguirlo, incamminandosi in silenzio verso l'uscita del campo base.

Era un pomeriggio estremamente mite, il fazzoletto di cielo visibile dal basso era di un azzurro così intenso da farle venire voglia di vedere quel mondo così vicino eppure così lontano. Vivere al campo era un'esperienza surreale, era un po' come essere al di fuori del tempo.

Incrociarono Serine lungo uno dei sentieri. La postura eretta, il passo sicuro. Indossava un abito più attillato e appariscente del solito, di color lilla, impreziosito da un cinturone dorato stretto in vita. Persino l'acconciatura era più voluminosa, realizzata con fiori dai colori sgargianti. Sembrava un pavone, determinato ad attirare ogni sguardo su di sé. Nemiah le fece un lieve cenno di saluto con la testa, mentre quella squadrava Iris e il suo abito di seconda mano dalla testa ai piedi, con aria disgustata come suo solito.

«Che eleganza» disse la Principessa, visibilmente stizzita, quando fu abbastanza lontano.

Nemiah stentò a trattenere un sorriso e non osò ribattere. Che Serine fosse parte di una leggenda o meno, lui trovava divertente quando l'amica manifestava quel pizzico di gelosia nei suoi confronti. Lo faceva sentire desiderato, ma decise di non alimentare ulteriormente quella singolare dinamica tirando dritto.

Sfilarono accanto alle guardie del passaggio, che non fecero alcuna domanda al loro leader.

«Posso?» chiese lui, mostrando alla giovane un vecchio pezzo di stoffa marrone. Quella annuì e il ragazzo la bendò, senza trovare alcuna resistenza. «Spero apprezzerai il fatto che io te l'abbia chiesto con gentilezza».

«Così non sarò costretta a vedere la tua brutta faccia» rispose acida.

Il licantropo rise leggermente e la prese per mano, per guidarla nei cunicoli sotterranei. La sua stretta era salda, ma gentile e lei lo assecondò per una ventina di minuti, rimanendo in silenzio e pensando senza sosta a cosa l'avrebbe attesa alla fine di quel percorso. L'istinto le suggeriva che qualcosa sarebbe andato storto.

The night drowns in dawnWhere stories live. Discover now