CAPITOLO 16 - EIOWA

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Era stata una notte davvero lunga e movimentata e Iris, spossata anche dallo sforzo eseguito per curare il prigioniero, si era addormentata senza rendersene conto, trascinata in un vortice di immagini sfuocate e voci lontane.

Si svegliò di soprassalto dopo molte ore, il treno stava rallentando. Si sgranchì le spalle indolenzite con qualche leggero movimento e sbirciò fuori dal finestrino, scostando la tendina ancora tirata. Era ormai sera ed erano arrivati a destinazione. Eiowa finalmente.

Iris si era assopita con il diario stretto tra le mani e aveva visto in sogno alcune situazioni raccontate da zia Emma. La donna aveva descritto sua madre quasi come un essere sovrannaturale, senza soffermarsi sui dettagli fisici, eppure Iris ricordava, o almeno credeva di ricordare, grandi occhi celesti dalla forma allungata e lunghi capelli biondi color sabbia, mossi come le onde del mare durante una giornata di vento. Quando pensava a lei le pareva quasi di sentire una risata cristallina e piena di vita, un cavallone di energia che infrangendosi sugli scogli spazzava via la tristezza. Sua madre non era mai stata così reale come in quel momento. La giovane sfiorò il ciondolo con la punta delle dita. Ora sapeva che era appartenuto proprio a lei.

Euniria, il pregiudizio allontana. E' un'arma pericolosa. Vorrei insegnare ai miei figli a guardare con il cuore e non con gli occhi.

Iris decise che avrebbe fatto suo quell'insegnamento. Quelle non sarebbero rimaste solo parole.

Sua sorella, la Principessa Nekziria, rimaneva solo un'ombra dai contorni indefiniti, ma aveva l'impressione di ricordare il suo sorriso. Che tremenda ingiustizia aveva subito, chissà se si era resa conto che era stata proprio l'ossessione nei suoi confronti a scatenare l'ira del Tiranno.

Il treno giunse al binario. Lo sconosciuto dormiva ancora con la testa poggiata contro il finestrino e le braccia incrociate sul petto. Iris mise il diario nello zaino e si sporse su di lui, poggiando delicatamente una mano sulla sua spalla per svegliarlo. L'uomo con uno scatto fulmineo si voltò verso di lei, afferrandole il polso con forza e bloccandolo a mezz'aria. La ragazza si sentì intrappolata in quella morsa micidiale e da quegli occhi bui che la fissavano sbarrati. Erano due pozzi neri, senza luce. La ragazza, terrorizzata da quel gesto aggressivo e incomprensibile, comprese che con una leggera pressione lo sconosciuto avrebbe potuto spezzarle il polso.

<<Dobbiamo scendere>> disse lei turbata.

I lineamenti dell'uomo si rilassarono lentamente e mollò la presa. Iris si alzò, aveva il battito del cuore accelerato e una leggera sensazione di nausea. Voleva scendere e alla svelta, si era sentita in trappola. Non era più certa che fosse innocuo, quella eccessiva reazione la diceva lunga su che tipo di persona fosse. Era pericoloso.

Il suo compagno di viaggio la seguì a testa bassa sul binario. Iris non era riuscita a scoprire nulla sulla sua identità ed era arrivato il momento che le loro strade si separassero, una vocina in una parte della sua testa le suggeriva di allontanarsi da lui al più presto.

Lo sconosciuto la guardò intensamente e Iris fu travolta da un insieme di emozioni contrastanti. Dentro di lei un oceano in tempesta. Inspirò profondamente, nella speranza che quelle onde impetuose si placassero. Doveva mantenere la sua maschera di calma e nascondere la sua vulnerabilità. Zia Emma le aveva insegnato che le persone sarebbero state pronte ad approfittare di lei se avessero intravisto le sue debolezze. Quello sguardo aveva il potere di farla sentire fragile, pronta ad andare in pezzi.

Le tempeste vanno affrontate. Io di te non ho paura.

Iris vedeva una scintilla dietro quella espressione cupa e severa.

Non sapeva da dove venisse e cosa avesse vissuto, ma era certa che avesse conosciuto il dolore e non si fosse lasciato sconfiggere. Le cicatrici sul suo viso e il suo corpo martoriato erano segni di scontri e battaglie, di questo Iris non aveva alcun dubbio, ma erano soprattutto testimonianza di una forza che lo rendeva inarrestabile.

La giovane avrebbe voluto venire a capo del mistero che si nascondeva dietro a quegli occhi neri, ma non era nello stato d'animo adatto per affrontare quel rompicapo. Doveva lasciarlo.

Nonostante fosse ancora scossa, sentì di dover fare ancora qualcosa per lui. Frugò nella tasca dei suoi jeans e gli mise dei soldi nel palmo della mano. L'uomo strinse il pugno e rimase in silenzio.

<<Stai lontano dai guai>> gli disse.

Iris si allontanò rapidamente. Voleva liberarsi di quel peso al petto e ad ogni passo si sentiva più leggera.

Lo sconosciuto rimase in piedi a guardarla sparire nel sottopassaggio della stazione. I loro cammini si sarebbero incrociati ancora, era necessario.

Era ormai sera e Iris non aveva l'indirizzo di casa di Candice. Il paese era piccolo e la ragazza ricordò che, poco prima di partire, l'amica le aveva raccontato di aver trovato una sistemazione appena fuori le mura del piccolo borgo fortificato. Avrebbe dovuto chiedere indicazioni per cercare di orientarsi.

Notò una signora anziana, vestita con una sgargiante abito azzurro e giallo, che in piedi sull'uscio di casa scrutava con attenzione i passanti con i suoi piccoli occhietti indagatori. Aveva proprio l'aria di una pettegola di quartiere ed era altamente probabile che sapesse tutto di tutti. Si rivelò conoscere molto bene Candice. La giovane non passava certamente inosservata grazie al suo look particolare. La signora la chiamava "la francese" e alternando momenti di lucidità a momenti di confusione, dopo un estenuante quarto d'ora di chiacchiere, le indicò esattamente dove abitasse. Iris non sapeva cosa avrebbe detto, come avrebbe giustificato la sua presenza e la sua sparizione per mesi.

Il portone della vecchia palazzina era aperto, la serratura sembrava essere stata scassinata. Le pareti dell'ingresso erano scrostate e piene di crepe. L'androne puzzava di sigaretta e l'illuminazione era davvero scadente. Non era di certo un luogo accogliente.

Candice, è questa la vita vera?

Non era il caso di fare la difficile. Iris salì le scale senza indugiare e iniziò a controllare il nome sui campanelli di ogni appartamento, porta dopo porta. Era nervosa, ma sapeva che poteva contare su Candice.

<<Ehi>> disse all'improvviso una voce.

Iris si voltò e si ritrovò davanti un ragazzo pallido e allampanato, dagli occhi piccoli e infossati. Le indirizzò un sorriso che la disgustò. Era appena uscito da uno degli appartamenti.

<<Posso aiutarti?>> disse con parlata strascicata.

Era chiaramente ubriaco.

<<No, grazie>> rispose lei abbozzando un sorriso imbarazzato.

Iris accelerò il passo e salì un'altra rampa di scale. Finalmente trovò l'alloggio del'amica, non restava che sperare che fosse in casa, perchè temeva che l'uomo potesse seguirla. La porta si spalancò, la fortuna era dalla sua parte. Iris non avrebbe trascorso la nottata sul suo zerbino.

Candice strillò sorpresa poco prima saltarle al collo e di strizzarla in uno dei suoi vigorosi abbracci. La invitò a entrare prendendola per mano.

Il suo appartamento non aveva nulla a che fare con il decadimento della palazzina, era colorato e accogliente. L'entrata, tappezzata da tele dalle tinte futuristiche, pareva una galleria d'arte moderna e Iris fu travolta dal profumo dolce dell'incenso. Era un mondo a parte.

<<La mia tana>> disse entusiasta.

Le due ragazze si ritrovarono immediatamente davanti ad una enorme coppetta di gelato crema e pistacchio e Candice la incitò a svuotare immediatamente il sacco. Voleva sapere tutto e subito, tipico suo. Iris si limitò a raccontarle di essere scappata di casa su un colpo di testa dopo aver litigato con la zia, evitando i dettagli scomodi. L'amica parve credere ad ogni parola.

<<Ti sei calata dalla finestra?>> chiese lei stupefatta. <<Sei una delinquente>> aggiunse ammirata dandole una gomitata.

Era come se si fossero lasciate solo il giorno prima, trascorsero la serata sul divano a gambe incrociate a ridere e scherzare come due bambine, ricordando episodi divertenti e imbarazzanti dei tempi della scuola.

Ciò che contava era il presente e quel momento sarebbe rimasto a lungo impresso nella sua mente. Era il suo nuovo inizio.

Iris vivi senza fretta.

No, lei voleva stringere il tempo nella sua mano, quel tempo che fino ad allora come l'acqua del mare aveva lasciato scivolare via. La vita era troppo breve per essere sprecata, avrebbe colto ogni opportunità e apprezzato ogni momento semplice come quello.

The night drowns in dawnWhere stories live. Discover now