CAPITOLO 12 - ALLA FONTANA

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I due giunsero fino a una stradina secondaria, che conduceva fino al centro. Iris ne era sicura, finalmente riusciva a orientarsi. Percorrerla, camminando sul suo ciglio, sarebbe stato il modo più facile e veloce per arrivare alla stazione, perché evitando i terreni dissestati e i pendii, avrebbero faticato di meno, ma avrebbero sicuramente rischiato di più.

Stavano avanzando da circa una quindicina di minuti, quando Iris udì un'auto che stava sopraggiungendo proprio nella loro direzione. Intravide le luci in lontananza, era certamente un pick up, vista la stazza. Forse con un po' di fortuna avrebbe potuto offrire a lei e al suo sconosciuto compagno un po' di vantaggio sui loro inseguitori.

<<Strappati una manica della camicia>> disse lei improvvisamente, l'uomo la guardò con un'espressione interrogativa, cercando di capire il motivo di quella singolare richiesta. <<E' per fargli perdere le nostre tracce>> spiegò lei.

L'uomo le porse velocemente un brandello di tessuto inzuppato di sangue. La ragazza lo costrinse a indietreggiare per nascondersi dietro il tronco di un albero con lei, poi appallottolò il logoro indumento e si acquattò nell'erba, pronta ad agire. Riuscì nel suo intento e gettò al volo il tessuto nel cassone del veicolo, mentre quello gli passava accanto. Sperava che quella mossa avrebbe depistato per un po' di tempo i licantropi che, per individuare l'uomo, si sarebbero sicuramente affidati al loro infallibile fiuto.

Sarebbe stato più difficile rilevare l'odore di Iris e forse non la stavano ancora cercando.

I due, non appena il veicolo scomparve all'orizzonte, ripresero la loro lenta e complicata marcia verso il centro cittadino, dove secondo la ragazza, essendo l'alba, non avrebbero trovato molti passanti che li avrebbero potuti notare.

<<La città è a meno di una mezz'ora da qui. Ce la fai a resistere ancora un po'?>> chiese lei. Lui annuì deciso con il capo.

Non parlava, ma sembrava comprendere la sua lingua.

L'uomo stava soffrendo tremendamente e ogni passo gli costava un grande sforzo fisico, ma teneva duro tentando di lamentarsi il meno possibile. Più volte però la ragazza, di fronte ai gemiti incontrollati dello sconosciuto, gli propose di fermarsi per riposare qualche istante, ma lui puntualmente rifiutò facendole cenno che era in grado di proseguire. Chiunque fosse era un combattente.

All'alba la città era ancora semi deserta. Iris decise di attraversare il parco, invece di costeggiarlo. Conosceva abbastanza bene quel luogo, sapeva dove avrebbero potuto appartarsi per prendere tempo e recuperare forze. Giunsero a una fontanella dove l'uomo avrebbe potuto ripulirsi il viso.

Nel suo piano di fuga Eiowa era da sempre stata la sua meta finale per due ragioni. Lì viveva Candice, di cui non aveva notizie da mesi, ma che l'avrebbe sicuramente accolta a braccia aperte e inoltre non aveva mai parlato alla zia di quel luogo e del trasferimento dell'amica. Una volta che il treno fosse partito, sarebbe stata irrintracciabile o almeno lo sperava.

Iris lasciò l'uomo, promettendogli di tornare e si avviò verso la stazione a testa bassa e passo veloce. Rifletteva sul da farsi, era una situazione assurda, ma non aveva altra scelta che portare con sé lo sconosciuto.

Ritornò una quindicina di minuti dopo alla fontanella con una felpa comprata alla minuscola boutique della stazione. Sembrava impossibile, ma doveva cercare di farlo passare inosservato e il suo abbigliamento era tutt'altro che ordinario. Sembrava un'uniforme militare nera o almeno ciò che ne restava.

Anche da lontano avrebbe dato nell'occhio. Eccolo li, l'uomo seduto per terra, con le mani sul viso. Faceva profondi respiri nel tentativo di resistere al dolore. Si accorse rapidamente della sua presenza, attirato dal rumore degli stivali sulla ghiaia e alzò il suo sguardo sofferente su di lei. Accennò un sorriso.

Iris notò che, nonostante si fosse ripulito, era ancora macchiato di sangue sopra un occhio, così prese un fazzoletto dallo zaino, lo inumidì leggermente e chinandosi su di lui si offrì di aiutarlo a ripulirsi. Lo zigomo sinistro era spaccato, così Iris compì il suo gesto con più delicatezza che poteva per non farlo soffrire ulteriormente. Lui rimase ancora una volta in silenzio, con gli occhi fissi su di lei. Impose le mani sul suo viso e guarì in pochi minuti le ferite più evidenti senza bisogno di sfiorarlo.

L'uomo non aveva mai pronunciato una parola, ma non ce n'era bisogno, perché lei leggeva chiaramente tutta la sua sincera riconoscenza nei suoi grandi occhi scuri.

Quello sguardo buio aveva sempre qualcosa di inspiegabilmente irresistibile e ancora una volta, come era già successo la notte precedente, calamitò immediatamente tutta la sua attenzione, distraendola dalle due cicatrici, che gli deturpavano orribilmente il lato destro del viso. Solo a tratti infatti, complice la tenue luce del giorno che si stava levando, Iris notò che la più piccola correva orizzontalmente sotto l'occhio abbassandogliene lievemente il contorno e l'altra, molto più spessa e allungata, attraversava diagonalmente l'intera guancia.

Chi ti ha fatto questo?

Un'informe massa di capelli corvini, con ciocche ancora sporche di sangue rappreso, incorniciava un volto dai tratti severi, in cui spiccavano delle folte sopracciglia nere, una mascella pronunciata e un naso importante. La durezza dei suoi lineamenti era decisamente in contrasto con il singolare bagliore emanato dei suoi occhi neri.

Dovrei forse avere paura? Irresponsabile.

L'unico suono percepibile in quel momento era quello prodotto dal respiro a tratti affannoso dell'uomo, ma la ragazza, troppo presa dal suo gesto e dal misterioso ipnotismo di quello sguardo cupo, non ci fece veramente caso. Era un momento sospeso nel tempo.

Iris lo aiutò finalmente a indossare la felpa, che sembrava doversi lacerare da un momento all'altro a causa della straordinaria ampiezza delle sue spalle. Lo sconosciuto si alzò in piedi, si tirò su il cappuccio e le fece cenno che era pronto.

CE LA FARANNO I NOSTRI EROI? :)

The night drowns in dawnWhere stories live. Discover now