CAPITOLO 21 - IL VOLO

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Diario di Euniria... Quindici anni prima...

Molti caddero in modo coraggioso quella notte. La Regina Nerey era stata catturata nel Parco delle fontane, proprio dove l'avevo vista l'ultima volta. Era stata trascinata nella sala del trono dai soldati della Tetra Armata, poi gettata brutalmente ai piedi di Re Deonis, sotto gli occhi terrorizzati dei suoi figli.

La sala risplendeva grazie alle migliaia di candele, fiaccole e lanterne, disposte in ogni angolo e l'atmosfera era incantata, grazie al gioco di luci e ombre che danzavano sulle pareti. Un enorme tavolo di legno era stato imbandito a festa e i presenti avevano iniziato a sorseggiare vino, aspettando l'inizio della festa. La Principessa Nekziria era ancora nelle sue stanze a prepararsi.

Le risate che avevano riempito la sala fino a quel momento si arrestarono di colpo. I nobili, provenienti da quasi ogni Contea, indossavano abiti sfarzosi e tra i presenti vi era anche una piccola rappresentanza del popolo, voluta espressamente dalla Regina Nerey. Nessuno, nobile o popolano, osò muoversi o fiatare davanti a quella scena. Il Tiranno voleva che fossero testimoni  silenziosi del suo trionfo. La storia si ripeteva, ma questa volta non avrebbe fallito.

Fece il suo plateale ingresso proprio in quel momento. Lunghi e disordinati capelli corvini, incolta barba nera, viso ovale dall'incarnato di luna e dai lineamenti grossolani, che rendevano ancora più equivoca e marcata la sua espressione beffarda. Era Ulktor, Signore di Herken, Regno di Tenebra e cercava vendetta.

Era scortato dai suoi Lucyon, ibridi nati dall'incrocio tra licantropi raminghi e Cyzo, creature mostruose di dimensioni simili a quelle di un toro, che non esistevano da questa parte del mondo conosciuto. Erano le fedeli e spietate guardie del corpo dell'Oscuro, ben addestrate e in grado di svolgere alla perfezione il loro compito. Nere dal pelo corto e ispido, agili come un lupo, possenti e aggressive come un toro.

Re Deonis non si fece intimidire e avanzò verso quell'ospite inatteso con sguardo grave. Indossava una lunga tunica rosso scuro, i cui orli erano arricchiti da ricami dorati e pietre preziose di ogni colore. La sua figura era imponente e gentile e la sua barba lunga e argentata gli conferiva un aspetto di vecchio sapiente. La sue età rimaneva un mistero, perché i suoi occhi blu erano ancora vivaci e il suo passo deciso. Ogni presente lo scrutò con ammirazione e rispetto, sentendosi al sicuro in sua presenza. Egli era conosciuto per la sua capacità di governare con senno e compassione ed era sempre sembrato la persona giusta per tenere testa a Ulktor e assicurare l'armonia tra popoli. Anni prima, dopo una grave e sanguinaria insurrezione, l'unione tra lo stesso e la Principessa Nekziria era stato messa sul tavolo delle negoziazioni, ma ben presto il Re Deonis, resosi conto della malvagità del Sovrano del Regno di Tenebra, aveva rifiutato categoricamente quella possibilità. Era convinto di poter assicurare la pace con altri mezzi. La lotta tra Regni era secolare, alimentata da gelosie e tradimenti e si reggeva su un delicato equilibrio, ma non avrebbe sacrificato sua figlia.

«Cerco la mia promessa sposa» disse Ulktor arrestandosi davanti alla Famiglia Reale.

«Un Sovrano degno di tale titolo dimostrerebbe rispetto verso una donna» tuonò il Re con voce sicura.

Il despota gli rivolse un ghigno divertito. La Regina Nerey si alzò in piedi con grazia e raggiunse il fianco del suo consorte. Testa alta e sguardo fiero, così venne descritta.

«Non ci sarà mai spazio qui per la paura» disse lei.

«La vera forza di questo Regno risiede nella saggezza, non nella spada» sentenziò il Re.«Dibattiamone tra pari, troviamo una soluzione pacifica ai nostri dissidi».

La sua voce risuonò tra le colonne di marmo della sala e un brusio si alzò tra i presenti. Forse il Re del Regno di Luce aveva troppa fiducia nel potere della diplomazia o sottovalutava il nemico. Non credo sapesse cosa era appena successo all'esterno del Castello, quanti corpi giacessero senza vita. Non colse il pericolo imminente.

«Pari» disse Ulktor scoppiando in una fragorosa risata. «Ora mi consideri degno del tuo lignaggio?».

Il Sovrano de Regno di Luce rimase impassibile. Il Tiranno si voltò verso gli invitati ed estrasse dal fodero la sua grande lama nera.

«Così muore il saggio Re» tuonò.

Il tempo delle chiacchiere era finito, non perse tempo e si gettò con rabbia sul suo avversario, ma prima di riuscire a trafiggerlo, la Regina si interpose tra i due, nel tentativo di salvare la vita al suo sposo. Fu trapassata da parte a parte e morì eroicamente, senza emettere alcun suono, tra lo sgomento generale, occhi negli occhi con il suo amato. Il Re non vide arrivare il colpo diretto a lui, perché stava stringendo un'ultima volta tra le braccia la sua sposa morente. La lama gli si conficcò nel cuore e un urlo gli sfuggì dalle labbra. La stessa sorte toccò alla Principessa Elyczia e alla Principessa Adelya, che si rifiutarono di inchinarsi davanti a lui, poi fu il turno del giovane Principe Keder.

«Non ci sarà mai spazio qui per la paura» disse fieramente il bambino con il viso rigato di lacrime.

Fu una vera e propria esecuzione, non fu mostrata alcuna pietà. I pochi presenti che tentarono di ribellarsi a tanto orrore furono massacrati dai soldati della Tetra Armata, gli altri rimasero ammutoliti e immobili, complici di tanta atrocità, a osservare il pavimento di marmo bianco tingersi di rosso. Quella scena li avrebbe perseguitati per sempre.

Il Principe Tadeker, erede al Trono, morì in battaglia, da vero guerriero, conducendo il suo esercito.

Il ricordo più vivido che ho della Principessa Nekziria è il suo sorriso. Si racconta che sorrise anche al Tiranno sulla Torre del Castello, dicendogli che non l'avrebbe mai avuta. Lei era una donna vera, sempre elegante e impeccabile, fiera e coraggiosa, non una Principessa delle favole. Uno spirito libero come lei non si sarebbe mai piegato al suo volere. Lo guardò sfidandolo, poi iniziò a indietreggiare lentamente, ma senza abbassare gli occhi. Sollevò leggermente la candida veste, scoprendo un poco le sottili caviglie, si sedette con grazia sul parapetto del torrione, spostò le gambe verso l'esterno. Guardò un'ultima volta il suo Regno, che si estendeva a perdita d'occhio, sotto quel cielo così inspiegabilmente cupo, poi si lasciò scivolare verso il suo destino che aveva scelto.

I testimoni la videro cadere per decine di metri, senza emettere alcun suono, con lunghi capelli biondi e l'abito leggero mosso dalla brezza notturna. Allargò le braccia come un uccello che spiegava le ali pronto a spiccare il volo. Aveva vissuto libera e sarebbe morta libera.

Il suono sordo dell'impatto con il suolo ruppe l'incanto, ma quel gesto disperato divenne ben presto un esempio di lotta per la libertà. Perì quella notte, ma resuscitò immediatamente come simbolo di coraggio e ribellione.

The night drowns in dawnWhere stories live. Discover now