CAPITOLO 9 - LA PREDA

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Iris vagava da una ventina di minuti nel piccolo boschetto che si estendeva sotto casa, senza avere nemmeno una confusa idea della direzione da prendere per venire a capo del mistero riguardante l'improvviso allontanamento del branco.

Nonostante si trovasse sola nella boscaglia in piena notte, non aveva alcuna paura del buio, perché quando era piccola giocava con la zia una variante un po' particolare di nascondino.

Il gioco cominciava al tramonto e Iris doveva rimanere ben nascosta in un angolo della casa o del giardino fino alle prime luci dell'alba o fino a quando la zia non le avesse dato il permesso di uscire dal suo nascondiglio pronunciando una precisa parola d'ordine, concordata in precedenza e che ogni volta cambiava. Molte delle sue notti di bimba erano state costellate di suoni misteriosi, sagome indefinite e dalla paura che un essere spaventoso fosse appostato nell'ombra pronto a balzarle addosso.

«Non temere le tenebre e ciò che non puoi vedere con gli occhi»  le ripeteva la zia.

«Allora perché devo rimanere nascosta in silenzio?»  chiedeva lei.

«Ci sono altri modi di vedere e farsi trovare pronti, aspetta, osserva e senti» rispondeva l'altra.

Quando aveva paura ripeteva quella frase senza sosta, senza comprenderla veramente. Il cuore le martellava nel petto e stringeva i pugni fino a piantarsi le unghie nei palmi.

Ti troverò in capo al mondo.

Il suo angelo custode era lì con lei, nel buio della notte, ne era certa. Con gli occhi chiusi e le mani strette a pugno le pareva quasi che qualcuno ricambiasse quella stretta e allora una lieve sensazione di calma la avvolgeva.

Dove vai tu, vado io.

Non avrebbe mai più temuto le tenebre.

Iniziò incomprensibilmente ad amare quel gioco, perché solo nel buio sentiva quella misteriosa presenza accanto a lei. Era affascinata dalle tenebre. L'oscurità le faceva provare un'eccitazione inspiegabile e avvolta dal silenzio della notte si sentiva al sicuro, un po' come quando si immaginava di trovarsi davanti all'abisso.

Una volta cresciuta aveva smesso di giocare e il suo angelo custode era sparito. Spesso però sentiva ancora il bisogno di chiudere le imposte della sua camera e distendersi a letto nell'oscurità e quella sensazione di pace tornava ad avvolgerla.

Quella notte all'improvviso udì dei passi avvicinarsi rapidi verso di lei e così si acquattò istintivamente dietro un cespuglio. Dopo pochi secondi all'orizzonte apparve un'imponente ombra scura che, appoggiandosi agli alberi lungo il suo cammino, procedeva incerta verso il suo nascondiglio. Presa dal panico si rese conto che chiunque fosse stato l'avrebbe scoperta, a meno che non fosse rimasta ferma nella sua posizione. Non si trattava di uno dei membri del branco. Ciò la terrorizzò ed il suo cuore accelerò il battito in modo fastidioso. Un misto di angoscia ed adrenalina le percorse il corpo da capo a piedi.

Chiuse istintivamente gli occhi, proprio come le accadeva da bimba durante lo strano gioco notturno della zia, quando ingenuamente si convinceva che così facendo il mostro non l'avrebbe trovata. Non durò a lungo, non era più una bambina.

Vinta dalla curiosità spalancò gli occhi, spostò una parte del fogliame che la celava per poter osservare meglio la misteriosa figura.

Si trattava sicuramente di un uomo vista la stazza ed era nascosto dietro un grande albero proprio a qualche metro da lei. Stava presumibilmente controllando di aver seminato il suo inseguitore, ma non si udiva alcun rumore che potesse presagire una tale eventualità. Quando si accasciò a terra privo di forze con la schiena poggiata contro il tronco, la ragazza tirò un sospiro di sollievo. Se fosse rimasta immobile e in silenzio non avrebbe corso alcun pericolo, perché lo sconosciuto non sembrava intenzionato a muoversi.

The night drowns in dawnDove le storie prendono vita. Scoprilo ora