CAPITOLO 46 - PUNTO DI NON RITORNO

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Iris corse alla botola. Era aperta e la scala già calata. Si mise a quattro zampe e sporse la testa, era buio completo, ma non aveva altra scelta che scendere. La scala di corda oscillava pericolosamente a ogni suo movimento, togliendole il respiro. Era sempre stata maldestra e non faceva altro che pensare a quei pioli consumati dal tempo e ai metri che la separavano da terra. Quella discesa le ricordò la sera in cui si era calata dalla finestra di casa per scappare, era passato così tanto tempo. Forse aveva perso un poco della sua imprudenza, questa volta aveva davvero paura, le sue gambe tremavano e non poteva ignorare il vuoto che la circondava.

Giunse finalmente a terra, ma il sollievo durò ben poco, perché lo vide immediatamente.

Giocherellava con una sfera incandescente che sembrava fluttuare nel palmo della sua mano, sotto il suo completo controllo, sfiorandogli la pelle, senza nemmeno scottarlo. La luce emanata da quelle fiamme creava ombre che gli deformavano il volto, facendolo somigliare a uno spettro.

Nemiah era lì, l'aveva trovata.

Indossava dei calzoni scuri e una lunga casacca turchese, che gli arrivava fino a metà coscia, stretta in vita da un cinturone marrone, da cui pendevano due pugnali e un'accetta. Aveva i capelli sciolti sulle spalle e l'aria minacciosa. Era minuto rispetto al fratello maggiore, ma sembrava imponente grazie al suo carisma e alla sua postura fieramente eretta.

«Sono felice che tu non sia stato giustiziato, perché così avrò il piacere di ucciderti con le mie mani» terminò in tono rabbioso.

La palla di fuoco svanì nel nulla e lui allargò le braccia, gonfiando il petto con aria di sfida, poi batté un pugno all'altezza del cuore. Pareva che giocasse a fare il duro, ma era davvero pronto a tutto per ritrovare la ragazza.

L'altro scrollò il capo per quel gesto così infantile, senza una reale intenzione di offenderlo, ma l'alfa si sentì provocato.

«Hektrien» disse Iris, rivelando la sua presenza.

Il soldato si voltò e incrociò il suo sguardo preoccupato. Era in piedi sotto l'albero, incapace di fare un passo verso di loro. L'espressione dell'uomo era calma, ma severa. Lei sarebbe partita con il licantropo, alla ricerca di quella pietra, qualunque cosa lui avesse fatto o detto, soprattutto dopo la discussione della notte precedente, tanto valeva farla breve e non cedere alle provocazioni del fratello.

«Vieni qui, vigliacco. Non ti colpirò mai alle spalle. E' questo che vuoi vero?» lo incalzò l'altro, diventando sempre più rosso in volto. Le vene del collo gli si gonfiarono e le narici si dilatarono. «Voltati».

L'uomo inspirò profondamente e si voltò di nuovo verso il fratello minore.

«Le hai fatto il lavaggio del cervello. Cosa le hai raccontato? Come comunicate voi due? Il contatto fisico ci vuole vero?» domandò in tono arrogante, avvicinandosi pericolosamente. «Vieni qui, toccami e parla con me» disse prendendolo per il collo con una mano e iniziando a stringere. «Avanti! Parla!».

Il soldato non reagì. Era impassibile, nonostante la pressione che aumentava. La sua forza risiedeva nella sua mente, avrebbe potuto distruggerlo, se solo avesse voluto.

«Basta» urlò la giovane.

Nemiah la guardò e ringhiò, alzando il labbro superiore e mostrando i denti, poi frustrato mollò la presa sul fratello. Era fuori di sé, avrebbe trovato un altro modo per sfogare tutta la sua rabbia repressa. Lo spintonò, colpendolo al petto con due mani, ma l'altro non si scompose. Ci sarebbe voluto ben altro per farlo vacillare. Quando l'accenno di un sorriso si dipinse sulle labbra di Hektrien, il fratello sferrò un pugno diretto al suo viso, che questo parò prontamente con un braccio teso.

The night drowns in dawnWhere stories live. Discover now