CAPITOLO 1 - L'ADDIO

833 61 102
                                    

Otto anni dopo...

Era una calda giornata di fine giugno come tante, almeno in apparenza. Era il giorno del solstizio d'estate e a casa di Iris si celebrava da sempre raccogliendo fiori e accendendo candele profumate.

"Ringraziamo per il dono della luce". Zia Emma e le sue stramberie.

Quel pomeriggio afoso si sarebbe probabilmente concluso con un piccolo rituale per invocare pace e prosperità, il tutto davanti a un bel tramonto dalle sfumature rosa e arancioni, a cui Iris avrebbe come sempre assistito affacciata alla sua finestra.

Si era spesso chiesta cosa si provasse ad assistere a un tramonto sul mare, ammirare acqua e cielo fondersi progressivamente insieme in una palla incandescente. Se spalancava la finestra e si concentrava, le pareva quasi di sentire la fresca brezza marina sulla pelle e di poter udire il dolce suono della risacca sulla spiaggia. Sarebbe rimasto un sogno come tanti, un segreto prezioso da proteggere a ogni costo.

Vigevano molte regole singolari in casa, ma la più importante, quella che non andava mai e poi mai infranta, era farsi trovare fuori al calar del sole.

Quella sera però non era in camera sua.

Era ancora una volta persa nelle sue fantasie, in piedi sulla banchina della stazione, in attesa che Candice si affacciasse al finestrino. Era altrove, distante da tutto.

Lasciarsi alle spalle la sua quotidianità e farsi trasportare verso l'ignoto, come trascinata dalla corrente, ecco cosa sognava.

Fu il fischio improvviso di un treno a riportarla alla realtà. Guardò il grande orologio di fianco al tabellone luminoso degli orari e tamburellò la mano sul ruvido tessuto del suo jeans. Erano quasi le venti e quindici, il tempo sembrava scorrere molto più velocemente del solito. Stava facendo più tardi del previsto ed era certa che zia Emma non gliela avrebbe fatta passare liscia.

Avrebbe dovuto precipitarsi subito a casa, ne era consapevole. Più passavano i minuti più aumentavano le probabilità che una delle sue semplici prediche si trasformasse in una vera e propria ramanzina, a cui sarebbe senza dubbio seguita una punizione, ai suoi occhi assurda visto che aveva superato da qualche anno la maggiore età.

La giovane aveva spento il cellulare per evitare chiamate e messaggi e nonostante le sue apprensioni era risoluta a rimanere insieme a Candice fino a quando il suo treno fosse partito, cosciente del fatto che non l'avrebbe più vista per lungo tempo. Temeva che il loro fosse un addio.

Le due amiche si erano già ripetutamente salutate, ma come spesso accadeva quando erano insieme ogni pretesto era buono per continuare a chiacchierare. Un'ultima volta l'esuberante francese dal taglio corto e asimmetrico e le labbra rosso fuoco aveva tentato di convincere Iris a salire su quel treno con lei. La giovane era in partenza per la piccola cittadina di Eiowa dove avrebbe seguito un corso estivo d'arte in vista dell'esame di ammissione alla prestigiosa "Rover Academy of Arts" che si sarebbe svolto a inizio autunno.

Avrebbe voluto trascinarla con lei in quella nuova avventura.

«Iris, vieni con me. Che ci stai a fare con quella squinternata?» domandò lei, comparendo finalmente al finestrino del vagone.

Aveva il suo solito sorrisetto beffardo stampato sul volto. Iris, fingendosi scocciata, sbuffò e levò i suoi grandi occhi verdi al cielo e venne distratta da un'enorme nuvola bianca in cui riconobbe la soffice ed eterea sagoma di una ballerina che danzava leggiadra sulla punta dei piedi.

«Davvero non capisco come puoi preferire rimanere qui a vivere sotto la sua campana di vetro, piuttosto che venire via con me e iniziare a goderti la vita vera».

La vita vera, una vita come tante, senza regole assurde e perenne senso di colpa. Quella frase la riportò con i piedi per terra. Quella proposta era allettante, ma oggettivamente irrealizzabile. Le due ragazze avevano fatto quel discorso decine di volte, soprattutto negli ultimi tempi, man mano che la partenza di Candice si avvicinava.

La zia era tutto ciò che le rimaneva di quella famiglia di cui non aveva ricordo. Abbandonarla significava tradirla e spezzare l'unico legame che aveva con il passato, rinunciare alla tenera illusione che un giorno si decidesse a rivelarle qualcosa, senza nascondersi dietro a scuse e silenzi.

L'amica si scostò con due dita il ribelle ciuffo blu elettrico che scendeva come sempre a coprirle l'occhio sinistro, poi sbuffò con aria fintamente risentita. Proprio in quel momento, dopo il segnale sonoro, le porte automatiche del treno si chiusero e quello iniziò a muoversi, sancendo definitivamente il momento del loro congedo. Iris abbozzò un sorriso. Era abituata agli addii, ma quella volta era diverso. Quello aveva più l'aria di un abbandono, perché per una volta non era lei a partire.

Teneva davvero a Candice. Si erano abbracciate strette strette al binario poco prima, promettendosi che la loro amicizia sarebbe sopravvissuta alla distanza. La sua abilità a nascondere le emozioni non era servita a molto, aveva gli occhi lucidi e le labbra serrate. Zia Emma non sarebbe stata fiera di lei, non avrebbe mai approvato un tale comportamento.

«Se dovessi cambiare idea sai dove trovarmi. À bientôt ma belle» disse strizzandole l'occhio.

«Buon viaggio» disse l'altra in un sussurro, agitando lentamente la mano in segno di saluto.

Il treno uscì sferragliando dalla stazione e ben presto scomparve. La sua unica amica se n'era andata sul serio, i loro cammini avevano preso direzioni diverse. Nonostante tutto, il suo malessere non era causato unicamente dalla separazione, ma dal fatto che avrebbe voluto fare lo stesso. Andarsene e vedere ancora un po' di mondo e soprattutto l'oceano, che nei suoi sogni continuava a chiamarla a sé.

Rimase qualche istante immobile a fissare l'orizzonte, sognando di vivere un'avventura.

Lo spirito irrequieto e selvaggio di Iris trovò sfogo nella folle corsa per arrivare a casa prima che il sole tramontasse, momento della giornata oltre al quale la zia iniziava a dare letteralmente i numeri. La ragazza non aveva fatto parola con lei della partenza di Candice, certa del fatto che questa avrebbe trovato la maniera di impedirle di salutarla.

Una ventina di minuti dopo aver lasciato la stazione, Iris stava risalendo di corsa il vialetto di ghiaia bianca davanti a casa, sentendola scricchiolare sotto le sue scarpe. Era un villino rustico a due piani, con il tetto di tegole rosse e i muri in pietra grigia, ricoperti di edera e rampicanti. Un'oasi immersa nel verde che lei non riusciva a considerare casa. Non c'era calore tra quei muri, era solo un guscio vuoto senza anima. La magia e le risate dell'infanzia erano svanite da tempo.

Non si poteva di certo dire che zia Emma fosse mai stata calorosa con lei, almeno non nel senso classico del termine. Mai un bacio, mai un abbraccio, a stento la sfiorava, ma le dimostrava il suo affetto con gesti concreti. Le voleva bene, Iris ne era sicura. Ogni mattina le faceva trovare dei gustosi biscotti fatti in casa sulla tavola della cucina, accanto a una tazza fumante di cioccolata calda, le ripeteva senza sosta di coprirsi bene per non prendere freddo e spesso la sorprendeva fabbricandole dei gioiellini, che la facevano sentire unica. Il suo era un amore di altri tempi, discreto e silenzioso.

Intravide alla finestra del salotto la slanciata sagoma della donna, fasciata in uno dei suoi meravigliosi ed eccentrici vestiti. Impossibile da quella distanza coglierne l'espressione del viso, corrucciata sicuramente.

A dispetto della sua età e di qualche acciacco, possedeva un portamento sempre impeccabile e un'energia incontenibile, che la facevano sembrare più giovane di quanto fosse in realtà. Aveva sempre qualcosa da fare. Si svegliava presto ogni mattina e si prendeva cura delle piante del suo giardino sul retro, con pazienza e dedizione, quasi come se fossero tesori preziosi. Aveva trasformato quei pochi metri quadrati dietro casa in un angolo di paradiso. Disegnava e cuciva da sola i suoi vestiti, con la sua vecchia macchina da cucire, tutti pezzi semplici dalle linee pulite, ma sempre unici ed eleganti, impreziositi da qualche ricamo o da qualche cinturone stravagante ricoperto di perline.

La tenda oscillò leggermente e la magra figura scomparve dalla sua visuale. La giovane, conoscendo le sue abitudini, era certa che la donna fosse rimasta lì in piedi a lungo a guardare fuori con aria inquieta, aspettando il suo ritorno.

NEL PROSSIMO CAPITOLO SARANNO PRESENTATI NUOVI PERSONAGGI... <3

The night drowns in dawnWhere stories live. Discover now