CAPITOLO 17 - QUELLA NOTTE

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Diario di Zia Emma... Quindici anni prima

Quella sera nulla andò come previsto. La situazione precipitò rapidamente. La Tetra Armata passò attraverso il portale e fece irruzione a cavallo nella Reggia, distruggendo tutto ciò che incontrò sul suo cammino. Sentii atroci urla in lontananza e invece di fuggire ritornai di corsa sui miei passi, conscia di andare incontro a morte certa. Nulla avrebbe potuto fermarlo.

Nel parco reale la scena che si presentò ai mie occhi fu agghiacciante, la battagliai infuriava, i soldati di Ulktor senza pietà mozzavano al volo le teste di chi intralciava la loro cavalcata verso il Palazzo. Nell'aria si udiva il rumore metallico delle lame che si incrociavano, le urla di terrore e i gemiti di chi era stato colpito a morte. La Guardia Reale, presa alla sprovvista e schiacciata dalla superiorità numerica del nemico, cedeva terreno alla Tetra Armata. Sarebbe stato facile per i seguaci di Ulktor prendere il Castello.

Aveva sicuramente preso quella festa come l'ennesimo sgarbo.

Chiusi gli occhi, cercando di isolarmi da quella confusione, per invocare l'aiuto della notte per passare inosservata e attraversare discretamente il Parco. Una impalpabile nebbia fredda e oscura mi avvolse. Con un po' di fortuna avrebbe potuto funzionare, almeno a distanza non sarei stata individuabile.

Vidi il Principe Tadeker, in preda al terrore con la spada stretta in mano. Gli occhi grandi e sbarrati, il viso rosso di rabbia. Emersi improvvisamente dalla foschia, facendolo trasalire. Tremava, ma sembrava lucido. Non mi chiese spiegazioni, comprese che non ero un pericolo. Mi disse che la Regina era stata fatta prigioniera e che la Principessa Naya era nascosta dietro un cespuglio poco lontano dalla fontana dove l'avevo lasciata con la madre. Mi pregò di andarla a cercare e portarla in salvo. Glielo promisi e il Principe sull'orlo delle lacrime mi sorrise mestamente. Il suo era lo sguardo di chi aveva compreso quale destino gli fosse riservato. Era così giovane e coraggioso, quel sorriso rimarrà per sempre impresso nella mia memoria.

Imposi le mie mani sulle sue spalle, chiusi gli occhi e invocai ancora una volta l'aiuto delle forze della Natura per proteggerlo. La nebbia lo avvolse, sotto il suo sguardo stupito. Mi ringrazio con un filo di voce e mi augurò buona fortuna. Corse verso il Palazzo con la spada in mano e quella fu l'ultima volta che lo vidi.

Mi precipitai a cercare la Principessa, tentando di celare goffamente la mia presenza. Non potevo più contare su un altro incantesimo di protezione, ero a corto di energia e decisamente fuori allenamento.

Vidi finalmente la fontana e udii un cavaliere sopraggiungere a cavallo. Nascosta dietro un tronco d'albero assistetti a una scena molto particolare. Ero pietrificata. Un soldato della Tetra Armata aveva trovato il nascondiglio della piccola, aveva lasciato il suo stallone nero poco distante e si era avvicinato a lei. La bimba sembrava guardare con aria incuriosita quella imponente figura incappucciata che incombeva ormai su di lei. Tremai, ero arrivata troppo tardi. Il soldato si chinò su di lei per guardarla dritta negli occhi e portandosi un dito sulle labbra le intimò il silenzio. Poi le porse la mano guantata e la issò sul suo cavallo. Montò in sella e la coprì con il suo spesso mantello.

Uscii allo scoperto pronta a tentare un gesto disperato e richiamai maldestramente la sua attenzione. Incrociai il suo sguardo ed ebbi un fremito.

L'uomo smontò da cavallo con un agile balzo, fece qualche passo verso di me e mi porse le briglie.

<<Madre>> esordì, facendomi tremare le gambe. <<Portala al sicuro>>.

<<Hektrien>> sussurrai.

Nonostante il cappuccio e la divisa che gli copriva metà del viso riconobbi i suoi grandi occhi scuri. Lui si tolse il mantello e me lo poggiò sulle spalle, poi mi porse la sua spada.

<<Andrà tutto bene>> disse abbozzando un sorriso.

Avevo sempre voluto proteggerlo dal mondo, ma avevo fallito. Il mondo stava cadendo a pezzi.

Non c'era tempo da perdere, salii sul destriero e nascosi la spada e la Principessa Naya sotto il mantello. La piccola non oppose resistenza, non aveva paura. Partimmo al galoppo senza voltarci indietro. Lacrime calde mi rigavano il viso, l'avevo abbandonato un'altra volta al suo destino.

Fuggimmo nel bosco e arrivammo al mio villaggio.

Gli anziani si riunirono in Consiglio e discussero a lungo quella notte. Nonostante la delicatezza della situazione e il tempo che scarseggiava sembravano voler valutare con estrema attenzione ogni possibilità, per trovare la situazione più sicura e vantaggiosa per la bambina e per l'intera comunità.

Terminato il loro dibattito mi convocarono per comunicarmi la loro decisione. Avrebbero nascosto la Principessa Naya e aspettato il momento più adatto per svelare al mondo che quella notte un legittimo erede alla Corona era sopravvissuto alla strage, l'avrebbero poi messa sul trono e chiesto in cambio il riconoscimento. "La rivincita degli Shindy" aveva detto qualcuno in sala.

Ero consapevole che l'avvenire del mio popolo fosse strettamente legato alle sorti di quella bambina innocente, ma quando presi la decisione di andarmene con lei lo feci perché volevo bene a Naya, un esserino indifeso e bisognoso del mio aiuto. La sua identità e ciò che rappresentava agli occhi degli anziani del Consiglio non mi importava.

Quella notte la piccola, inconsapevole delle grandi speranze che la mia gente riversava in lei, si addormentò tra le mie braccia, mentre ci allontanavamo dal villaggio. La osservai e sperai che potesse mantenere quella serenità per il maggior tempo possibile. Non temevo per il suo futuro, per quello ci sarebbe stato tempo, ma avevo paura del momento in cui al suo risveglio mi avrebbe chiesto della sua famiglia. Io intanto stavo abbandonando ancora una volta il mio mondo, ma questa volta per la buona causa. Avevo la possibilità di riparare i miei errori del passato, lo avrei fatto a costo della vita.

Gli anziani non ascoltarono le mie suppliche e mi impedirono di portare con noi Nemiah, ecco un altro rimpianto che mi accompagnerà tutta la vita.

Osservai la volta celeste, qualche stella solitaria e coraggiosa ora brillava infondendomi coraggio. Chiusi gli occhi e implorai gli astri perché nessuno mai si sentisse solo in quelle tenebre e perchè annullassero la distanza che ci separava. Nonostante il dolore, eravamo ancora tutti in vita sotto lo stesso cielo e nessuna notte sarebbe stata eterna.

The night drowns in dawnDove le storie prendono vita. Scoprilo ora